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Condannati per aver coperto svastiche con fiori e cuori: "L'antifascismo non si processa"

Avevano ricoperto svastiche e simboli inneggianti al nazismo con fiori e cuori. E per questo sono stati condannati. Una condanna che ha suscitato l'indignazione da parte di molti

Avevano ricoperto svastiche e simboli inneggianti al nazismo con fiori e cuori. E per questo sono stati condannati. E' quanto è successo a Ravenna, dove il Gip del Tribunale ha condannato tre attivisti della Rete Antifascista - Raffaella Veridiani, Michael Da Ros e Stefano Pelloni - per imbrattamento aggravato relativo a un episodio del 2018, quando i tre realizzarono alcuni disegni con le bombolette spray sulle pareti di una scuola materna per coprire delle svastiche.

La condanna ha suscitato l'indignazione da parte di molti, tra i quali i Proletari comunisti di Ravenna: "Il Tribunale della borghesia e le forze dell'ordine di questa città non è certo la prima volta che si distinguono nella persecuzione di attività antifasciste che escono dai confini di un antifascismo sterile, elettoralistico, autoreferenziale. Della svastica sul sacrario di Camerlona, dell'oltraggio neofascista a Ponte degli Allocchi di qualche mese fa, per citare solo gli ultimi esempi, uniti all'autorizzazione questurina della commemorazione dell'assassino fascista Muti, con tanto di scorta poliziesca che, di fatto, legittima l'apologia di fascismo, al contrario, non hanno dato luogo ad alcuna azione repressiva. L'assurdo provvedimento repressivo del Tribunale di Ravenna si inserisce in un clima generale che a livello nazionale punta a reprimere l'antifascismo militante, così come le lotte sociali e politiche anticapitaliste, antirazziste e antimperialiste, la solidarietà con le rivolte carcerarie. Se si comprende la portata dell'attacco repressivo non basta la difesa legale nelle aule dei Tribunali, ma bisogna riorganizzare le forze dell'antifascismo militante, coinvolgere studenti e lavoratori, portare la denuncia e l'appello alla mobilitazione nei quartieri. Facciamo appello per organizzare al più presto una mobilitazione cittadina. Prepariamo un'assemblea cittadina e un presidio nel luogo dove è stata fatta la giusta e necessaria pulizia dei simboli nazisti e davanti al Tribunale dei benpensanti borghesi. Il fascismo non è un'opinione, è un crimine. L'antifascismo non si processa".

Della stessa idea il Fronte militante per la ricostruzione del Partito Comunista: "Denunciamo il ruolo delle istituzioni borghesi che tutelano i fascisti concedendogli spazi e lasciandoli sfilare e commemorare gerarchi assassini, rimanendo impuniti, mentre scagliano tutta la repressione verso chi porta avanti i valori dell'antifascismo e difende la resistenza. Esprimiamo solidarietà ai compagni antifascisti processati. L'antifascismo non si processa, i veri criminali sono i fascisti e chi li protegge".

Ancarani (FI): "Il Giudice ha fatto il suo mestiere"

Di diversa opinione Alberto Ancarani, vicecommissario regionale e capogruppo di Forza Italia in consiglio a Ravenna: "Un Giudice del Tribunale di Ravenna ha fatto il suo mestiere, cioè giustizia. Certo, non per una vicenda su cui non dormire la notte, ma su un fatto che la legge punisce come reato e sul quale dunque chi è incaricato di farla rispettare non può voltarsi dall’altra parte. Ha stabilito, questo Gup, che se deturpi con bombolette spray un bene pubblico o privato commetti un reato qualunque sia la tua pseudo modalità artistica per deturparlo. E se anche altri lo hanno deturpato prima di te, tu non sei esente da responsabilità se modifichi il tipo di imbrattamento. Fin qui il tema tecnico-giuridico e il commento conseguente che ne può scaturire. Dopodichè, però, c’è il tema politico, su cui il Giudice non ha alcuna responsabilità, e che anzi va ringraziato per non esserne stato scalfito. Ovvero la presunzione di impunità che alberga in chi, in nome del cosiddetto “antifascismo” al cui “partito morale” chi scrive aderisce convintamente, commette reati usando le stesse modalità “fasciste”. In queste ore si leggono allucinanti dichiarazioni: l’Anpi ne è l’esempio più scandaloso, nelle quali la tesi è “non si condanna l’antifascismo!”. E perché mai se l’antifascismo si comporta come i fascisti non dovrebbe essere condannato? Coloro che si definiscono “garanti della Costituzione nata dalla Resistenza” ritengono evidentemente che uno stato di diritto debba punire le persone non in base a ciò che la legge punisce come reato secondo il principio di legalità, ma in base a quale tessera di partito (o di “associazione”…) tengono in tasca e non hanno neppure il pudore di tenere queste affermazioni nel chiuso delle loro stanze, ma le rendono note sperando che noi non si colga il punto. Ovvero che costoro si professano sì antifascisti, ma non riescono ad essere antitotalitari. Ce l’hanno nel dna. Come autore del question time che sollevò la questione in consiglio comunale, desidero dunque ringraziare il comandante della Polizia locale Giacomini e il vicesindaco Fusignani per aver dato seguito alla comunicazione della notizia di reato. Nonostante il vicesindaco governi la città con gli eredi del Pci, gli va riconosciuta almeno la laica capacità di non aver guardato in faccia a nessuno".

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