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Elezioni politiche, intervista a Eleonora Proni (Pd): "Se vincesse la destra saremmo tutti più poveri e più soli"

52 anni, originaria di Bagnacavallo - città nella quale riveste il ruolo di sindaco dal 2014 - Proni è candidata per il Partito Democratico al collegio plurinominale del Senato

C'è anche Eleonora Proni tra le candidate del Partito Democratico ravennate alle prossime elezioni politiche del 25 settembre. La sindaca di Bagnacavallo correrà per il collegio plurinominale del Senato. 52 anni, originaria di Bagnacavallo, Proni è laureata in Storia contemporanea e proprio in questa disciplina si sono concentrate le sue prime esperienze lavorative a Bologna, in ambito universitario, dove ha collaborato alla realizzazione di progetti di ricerca e partecipato alla redazione e pubblicazione di saggi storici.

È stata consigliera comunale a Bagnacavallo e poi assessora, nei primi anni con deleghe alle politiche finanziarie, al bilancio, alle politiche giovanili e sportive e successivamente ai lavori pubblici e alla gestione del territorio. In ambito provinciale, come assessora si è occupata di politiche sociali e sanitarie, politiche educative e programmazione scolastica, volontariato, associazionismo, pari opportunità e politiche giovanili. A maggio del 2014 è diventata sindaca di Bagnacavallo. Il 26 maggio 2019 è stata riconfermata per il secondo mandato e nel dicembre 2019 è stata nominata presidente dell’Unione dei Comuni della Bassa Romagna.

In vista delle elezioni, abbiamo fatto qualche domanda alla candidata.

Com'è nata questa candidatura?

Mi è stata proposta come volontà del mio partito di vedere rappresentati in Parlamento esponenti del territorio con una conoscenza e un’esperienza concreta del quotidiano e una visione complessiva relativa alle problematiche della cittadinanza. È un attestato di stima di cui sono grata e che mi spinge a impegnarmi al massimo delle mie capacità, indipendentemente dalla possibilità o meno di essere eletta. Sono inoltre molto felice che si tratti, per tutto il territorio, di tre candidature al femminile. Donne che conosco e stimo.

Quali sono i temi di cui dovrà occuparsi in via prioritaria il nuovo Governo?

C’è l’urgenza delle famiglie e delle imprese di fronte alla crisi energetica e all’inflazione, la coda della pandemia e la guerra. Tutte queste cose vanno affrontate, ma insieme bisogna avviare le riforme di sistema che sono indispensabili, dalla transizione ecologica al lavoro precario, dalle opportunità per i giovani alla scuola.

Lei ha detto che "l'Europa è il vero discrimine tra la destra populista e la sinistra responsabile". Cosa intende esattamente?

Penso agli assetti politici e al sistema di alleanze europei. All’atteggiamento ambiguo e contraddittorio rispetto alla possibilità di fissare un tetto al prezzo del gas. All’aggressione russa all’Ucraina e alle sanzioni. Ai temi ambientali, all’immigrazione, al posizionamento sul Pnrr, all’emergenza pandemica. E solo per citare i temi più rilevanti. La nostra è un’idea di Europa unita e solidale, aperta e moderna, che guarda al presente e al futuro basandosi su valori positivi.

In tema di ambiente ed energia ha detto che "la sfida è fissare obiettivi climatici realistici ma ambiziosi". In che modo?

Il cambiamento climatico è un dato di fatto. Sappiamo che dobbiamo limitare fortemente le emissioni e costruire un territorio sempre più resiliente. Tuttavia occorre arrivarci senza penalizzare le attività produttive ed economiche del paese, tutelando allo stesso tempo il potere d’acquisto delle famiglie. Un esempio concreto è il rigassificatore che sarà installato a Ravenna per gestire l’attuale fase di emergenza e potenziare l’autonomia degli approvvigionamenti. Progetto a cui sarà però affiancato il più grande parco eolico del Paese. Una scelta quindi di responsabilità, concretezza e visione.

Rontini, Proni, Barattoni e Bakkali-2

Se fosse eletta, quale sarebbe la prima cosa che farebbe?

Abbiamo parlato di ambiente che è sicuramente la priorità. La difesa della capacità di spesa delle famiglie rappresenta innegabilmente un’altra urgenza. Se dovessi scegliere un’altra necessità, deriverebbe dalla mia esperienza di sindaca: una maggiore considerazione dei territori, perché è a questo livello che si affrontano concretamente le sfide del nostro tempo, quali precarietà, pari opportunità, integrazione, tutela dell’ambiente e investimenti energetici, l’istruzione e la cultura quali strumenti principali di autonomia per le persone.

Quali sono invece le cose che la preoccupano di più nell'ipotesi di una vittoria del centrodestra?

L’incompetenza, la superficialità, la mancanza di rispetto per gli avversari e per le minoranze e soprattutto la mancanza di sguardo lungo. Vedo una destra che sui temi chiave, dalla politica economica a quella dell’energia e dell’ambiente, dai rapporti internazionali alle politiche sociali, dai diritti individuali alle politiche migratorie porta tragicamente indietro le lancette della storia. Vedo una propaganda che fa leva soltanto sulle paure avanzando proposte che sono semplicemente finte e demagogiche e per la gran parte finanziate con il debito pubblico, ma senza guardare agli effetti di medio e lungo periodo. Se vincesse la destra ci condannerebbe a perdere il treno dello sviluppo, del progresso e dell’innovazione. Saremmo tutti più poveri e più soli.

Come mai secondo lei anche collegi storicamente "rossi" sono diventati "blu" nei sondaggi?

Perché è mancato il tempo e soprattutto la volontà di alcune forze progressiste di coordinarsi nella creazione di un programma e di una coalizione. Si è trattato di una scelta scellerata motivata dal desiderio di contarsi e di proporsi come ago della bilancia per il post elezioni. Per motivi tattici e di parte si rischia di consegnare il paese alla destra più retriva che l’Italia abbia conosciuto dal dopoguerra. Quella del voto non è una teoria, ma è questione di sostanza. Mi sento di aggiungere però un’altra considerazione politica: non siamo riusciti sempre a trasmettere che il nostro sostegno al governo in questi anni era dovuto esclusivamente a un forte senso di responsabilità e di difesa dell’interesse generale del Paese, anche quando sarebbe stato più conveniente dal punto di vista del consenso stare all’opposizione. Cosa che invece a livello territoriale siamo riusciti a dimostrare. Il ruolo dell’amministratore è ancora visto come un baluardo di impegno civico e non soltanto “politico”.

Chi butta giù dalla torre: la Meloni o Salvini?

In democrazia non si buttano dalla torre gli avversari politici. Ciò non toglie che la loro inaffidabilità politica, dimostrata nel tempo, li rende a mio avviso poco credibili e difficilmente in grado di esprimere un governo che possa essere all’altezza della complessità di questo momento. Il tema non è tanto il fascismo, ma la capacità politica.

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