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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica

Elezioni politiche, intervista a Matteo Rossini (Italia Sovrana e Popolare): "No a guerra e Green Pass e fuori dalla Ue"

Profondamente contrario alle politiche dell'Unione Europea, il candidato ravennate di Italia Sovrana e Popolare critica anche il rigassificatore: "Non può essere una soluzione"

Abolizione del Green Pass, ripudio della guerra e uscita dall'Unione Europea. Questi sono alcuni punti messi in evidenza da Matteo Rossini che alle elezioni politiche del 25 settembre sarà candidato nella lista di Italia Sovrana e Popolare per il collegio uninominale della Camera di Ravenna. 51 anni, laureato in Scienze Biologiche, di professione tecnico della prevenzione per l'Arpae Emilia Romagna, Rossini è fin dal 2016 militante di Riconquistare l'Italia ed è stato candidato sindaco per il partito alle elezioni amministrative di Ravenna del 2021.

In vista delle elezioni, abbiamo fatto qualche domanda al candidato.

Com'è nata questa candidatura?

La mia candidatura è nata dall'esperienza di questi ultimi anni all'interno di Riconquistare l'Italia. Ho già partecipato a due tornate amministrative, le regionali delle Marche del 2020 e le amministrative di Ravenna del 2021. Riconquistare l'Italia fa parte dell'alleanza sorta attorno a Italia Sovrana e Popolare e mi è stata chiesta la disponibilità a candidarmi per questo nuovo soggetto politico. Io non potevo non aderire, anche perché sono convinto della necessità di tornare ad applicare la Costituzione repubblicana del 1948. Va posta attenzione a tutti quei temi che sono stati oggetto dei trattati dell'Unione Europea a discapito delle necessità del nostro Paese. 

Quali sono i temi di cui dovrà occuparsi in via prioritaria il nuovo Governo?

Il nostro Governo deve occuparsi della questione della pace. L'Italia ha nella sua Costituzione l'articolo 11 che sancisce il ripudio della guerra. Dobbiamo sfruttare le nostre capacità di dialogo e diplomazia per evitare conflitti fra altri Paesi senza schierarci. Tuttavia noi con l'adesione alla Nato siamo di fatto obbligati a schierarci. Stiamo inviando armi a un Paese, una cosa inaccettabile, ed emanando sanzioni a un altro Paese. Il discorso tocca poi anche le materie prime che vengono valutate dai mercati finanziari e attraverso questo meccanismo si fa il gioco degli speculatori. La guerra la deve pagare chi l'ha voluta e chi vuole speculare. Forse è la prima volta che una guerra ha ripercussioni anche in Paesi lontani, come l'Occidente europeo.

Riallacciandoci a questo tema, nelle scorse settimane come Italia Sovrana e Popolare avete affermato che "l'Unione Europea non rappresenta i popoli europei, ma la grande finanza e le grandi multinazionali". Qual è la strada che il nostro Paese deve intraprendere rispetto alle sfide contemporanee?

La sfida è quella di riportare l'Occidente in mano alle democrazie costituzionali. L'Unione Europea è una creazione delle oligarchie plutocratiche, non è l'Europa dei popoli. Ci hanno raccontato delle balle, l'Ue non è uno Stato, non è un popolo, non è altro che un'area di libero scambio in cui circolano liberamente capitali, senza tassazioni. La sfida è ripristinare la democrazia. Noi siamo per un recesso unilaterale dalla Ue per creare un'Europa dei popoli, così come era stato fino alla seconda metà del Novecento. Questo inciderà anche sui prezzi delle materie prime e dell'energia. Il tutto continuando a collaborare con altri paesi e mantenendo rapporti commerciali.

Tema caro energia, rigassificatori, ripresa delle estrazioni e rinnovabili: qual è la sua posizione da ravennate?

Il rigassificatore non può essere una soluzione a Ravenna e in Italia. E' un palliativo e la nostra posizione è contraria. Se esiste un problema energetico allora serve una soluzione. Occorre un piano strategico nazionale per l'energia. Un Governo degno di questo nome lo deve avere, noi invece stiamo navigando a vista sulla base di indicazioni sovranazionali. Noi abbiamo lasciato il mercato dell'energia in mano al libero mercato. Ora vediamo gli effetti di questa scelta della Ue calata dall'alto. Il libero mercato si autoregola, è vero, ma per chi l'ha creato. Le ripercussioni non valgono solo per l'Italia, ma sono le stesse per tutti i popoli europei. Quando si lascia un settore strategico, come l'energia, al libero mercato, questo fa profitti per gli azionisti e non il benessere dei popoli. Un piano energetico nazionale non è più prorogabile.

Recentemente lei ha partecipato al presidio davanti alla sede ravennate di Marcegaglia sul tema “Dignità e Lavoro". Come bisogna intervenire sulle politiche del lavoro?

Il lavoro rappresenta per Italia Sovrana e Popolare un punto fondamentale dell'azione di governo. L'articolo 1 della Costituzione ce lo dice, il lavoro va tutelato. Non parlo solo dell'articolo 18, che va ripristinato, ma penso a tutte le riforme che hanno stravolto il mondo del lavoro. Serve un'azione politica tesa alla piena occupazione. I sussidi per chi non ha lavoro è giusto che ci siano ma devono essere di carattere temporaneo. Noi vogliamo ricostruire l'Iri (Istituto per la Ricostruzione Industriale, ndr), non solo lavoro per i cittadini, ma anche per creare un indotto a livello privato per piccoli artigiani e professionisti. Il lavoro poi deve essere equamente retribuito, per questo proponiamo un salario minimo mensile di 1200 euro: la dignità dell'essere umano deve stare al centro dell'azione politica. Proponiamo anche 1000 euro mensili come assegno di disabilità, per garantire un'esistenza dignitosa anche ai cittadini in difficoltà. Un discorso che poi si riflette sulle aziende, che devono essere messe in condizione di operare sul nostro territorio senza essere gravate da tasse, costi energetici e quindi non essere costrette a delocalizzare all'estero, creando uno sviluppo economico per tutto l'indotto. Impresa in Italia e lavoro in Italia.

Se fosse eletto quale sarebbe la prima cosa che farebbe?

La prima cosa che farei, se fossi eletto, sarebbe abrogare tutte le misure introdotte in questi due anni e mezzo di pandemia, a partire dal Green Pass, un vergognosissimo lasciapassare introdotto per poter accedere in spazi come i luoghi di lavoro e le strutture sanitarie (dove ancora è in vigore), oltre che in palestre biblioteche, ecc. Una misura non degna di uno Stato democratico. Poi abrogherei l'utilizzo obbligatorio delle mascherine. Un provvedimento che non ha aiutato a fermare la pandemia, è stato un palliativo. Solo la cura degli ammalati ha portato risultati, tutte le altre misure sono state inutili. Andrebbe poi abrogato anche l'obbligo imposto ai lavoratori sanitari al trattamento terapeutico (vaccinazione, ndr), per poter accedere al proprio luogo di lavoro. Uno Stato democratico non deve cedere a ricatti che nulla hanno fatto per contrastare la pandemia, ma che tanto hanno fatto, invece, come imposizione verso i cittadini. E una cosa che non si deve più verificare.

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