Il cardinal Zuppi nuovo presidente della Cei, Spadoni (LpRa): "Bene la sua nomina, ma non chiamiamolo progressista"
La nomina del cardinale Matteo Zuppi alla presidenza della Conferenza dei vescovi, è una notizia che ha suscitato molto entusiasmo e condivisione fra i cittadini, proprio per le qualità della persona e per le numerose doti soggettive possedute dal porporato. Già la difficile sostituzione dell’emerito arcivescovo di Bologna Giacomo Biffi ha rappresentato per il prete di Trastevere un banco di prova che ha affrontato con serenità ed umiltà rendendosi subito popolare fra la gente anche per la sua affabilità e il suo sorriso. Trovo, tuttavia, sconveniente ed inopportuno classificare il neo presidente con l’aggettivo di “progressista” che si sta sprecando un po’ su tutte le fonti di informazione. A me personalmente importa poco se si tratta di un progressista, di un conservatore o di un moderato, perché la sua nuova funzione deve essere quella di rendere più aperta la Chiesa, ritrovare i tanti credenti che non affollano più i luoghi di culto, emanare direttive conformi e coerenti con le sacre scritture, ponderare le interpretazioni e le dichiarazioni sulla dottrina specie quelle che attengono i valori e i principi non negoziabili.
Evitare, soprattutto, dichiarazioni estemporanee che spesso disorientano i credenti e non solo. E qui non posso non ricordare le battaglie e le prese di posizione a volte aspre nel lungo mandato del card. Camillo Ruini che ha operato sempre con grande fermezza e coerenza senza “etichette” particolari. I cattolici ma anche i laici oggi come ieri hanno bisogno di chiarezza, di coerenza e di esempio. Il resto è fufa. Felicitazioni e auguri, dunque, al neo presidente, al don Matteo noto per la sua semplicità e schivo di quei formalismi ormai superati, a cui chiediamo in particolare fermezza sulle linee che rappresentano le fondamenta portanti su cui si regge da duemila anni la Chiesa.
Gianfranco Spadoni