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Impianto di stoccaggio CO2, Ravenna in Comune: "Ora quei 150 milioni di euro vadano alle rinnovabili"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di RavennaToday

Gianni Bessi, consigliere regionale per il PD ravennate, si è sempre dichiarato favorevole alla realizzazione del deposito di CO2 che ENI vorrebbe piazzare davanti a Marina di Ravenna. Non aveva perciò perso l’occasione, ai primi di novembre, per lodare Draghi per aver detto “al Cop26 di Glasgow che le rinnovabili hanno limiti e che si deve investire nelle tecnologie di cattura del carbonio”. Coerentemente con quanto anticipato, nella manovra di Draghi sono effettivamente spuntati 150 milioni di euro proprio a favore di quella enorme discarica di CO2 che Eni vorrebbe accollarci.

Già, però, salta fuori che anche la UE ogni tanto è coerente. La UE aveva segnalato infatti a suo tempo l’incompatibilità di questo progetto con le finalità del PNRR e aveva perciò costretto il Governo a tirarci una riga sopra. Si sapeva che ENI ci avrebbe provato di nuovo. Ed ecco così la manina che ha ripristinato i finanziamenti nella proposta di legge di bilancio italiana. La UE, però, insiste e ha bocciato nuovamente il piano del cane a sei zampe che era tra i candidati al primo bando del Fondo Europeo per l’Innovazione. Niente finanziamenti europei per l’impianto al largo di Ravenna.
 
Anche Ravenna in Comune è coerente: ci siamo sempre dichiarati contrari alla discarica di CO2 di ENI e così ci aspettiamo ora che quei 150 milioni di euro della manovra vadano tutti alle rinnovabili. E si costringa a fare altrettanto ENI, che lo Stato Italiano controlla, con i 2 miliardi e passa complessivi che la realizzazione della discarica ravennate comporterebbe. Investimenti da portare comunque a Ravenna. Per farne la capitale delle rinnovabili, però.

Bessi concludeva le sue lodi al premier sostenendo come "il progetto sia strategico e abbia le carte in regola per diventare un biglietto da visita ambientale che potremmo poi replicare a livello mondiale". Sosteneva pure che la direzione, ove intrapresa, sarebbe stata "la stessa che aveva ipotizzato l’Ue". Questa volta, però, il classico tormentone "ce lo chiede l’Europa" non gli ha concesso appigli.

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