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Nuova Darsena, Ancisi (LpR): "Nasce già morta"

Giovedì prossimo giungerà finalmente all'approvazione, in consiglio comunale, dopo un'estenuante e scorretta ruminazione, il famoso Piano Operativo Comune (POC) della Nuova Darsena.

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di RavennaToday

Giovedì prossimo giungerà finalmente all'approvazione, in consiglio comunale, dopo un'estenuante e scorretta ruminazione, il famoso Piano Operativo Comune (POC) della Nuova Darsena. Sarebbe stata, nelle intenzioni, l'asso nella manica di Ravenna per vincere il titolo di Capitale europea della cultura 2019.

È però una fortuna che il tempo sia largamente scaduto, perché avremmo spacciato, a livello continentale, una vera e propria patacca urbanistica. I POC hanno per legge durata di cinque anni. Ma da qui a tutto il 2019 potranno sorgere ex novo ai lati del canale Candiano solo nuove/vecchie colate di cemento, a favore soprattutto dei soliti noti. L'elenco è già fatto: un grande centro commerciale più appartamenti della CMC (ma dovrà prima trasferire, non si sa dove, il malefico bitumificio); l'ennesimo grande supermercato della CONAD, con annessa torre residenziale, al posto del Sigarone, monumento di archeologia industriale che si è deciso, illegittimamente, di ridurre a carcassa; il grattacielo Iter da quaranta metri in sinistra canale, anch'esso residenziale, sulla cui legalità la Procura ha in corso, dietro mio esposto, un'indagine penale; due comparti da trasformare in case. Nuovi centri commerciali, condomini e villette a go-go. Ciò di cui Ravenna non ha nessun bisogno, e anzi rischia di mettere viepiù in ginocchio le attività commerciali - piccole, medie o grandi - prive del marchio cooperativo e di abbattere il mercato dell'edilizia. Si vorrebbe così concentrare nella Darsena il 30 per cento della nuova capacità edificatoria di tutto il territorio comunale. Scelta da dormitorio delle periferie sovietiche, altro che quartiere modello di una città del mondo libero. E le innovazioni più celebrate, il Parco delle Arti in destra canale e il Parco dell'archeologia industriale in sinistra, restano così sulla carta, soppiantate dai progetti cementizi danarosi di cui sopra.

I pilastri di questo POC poggiano sulla sabbia. La ricucitura col centro storico, oggetto di una montagna di studi, protocolli, proposte e concorsi sulla ristrutturazione o scavalco o trasferimento della stazione ferroviaria, partorisce la proposta-topolino di allungare l'attuale sottopassaggio/immondezzaio fino alla testata del Canale. La valorizzazione del canale quale esclusivo elemento di attrazione e di vitalità del nuovo quartiere si scontra con l'impossibile accesso/navigabilità, dal ponte (im)mobile in giù, della nautica commerciale e turistica: tanto più a causa del prospettato tombamento, a scopo di sfruttamento edificatorio, del suo tratto terminale, che ne restringerebbe il bacino di evoluzione, ostacolandola o impedendola. La mancata bonifica del canale rischia, in assenza di un'adeguata preventiva risistemazione del sistema fognario, di accentuare la già evidente insalubrità del suo intorno, condannandolo all'insostenibilità ambientale. Si demanda all'Autorità portuale uno studio su come fare almeno uno straccio di bonifica. Se e quando non si sa, certo non prima che il POC scada. Prima si costruisce e poi si studia.

Le modifiche apportate al piano in sede di approvazione sono, sull'aspetto decisivo della fattibilità del piano, addirittura peggiorative. Salta la previsione di autosufficienza dei finanziamenti necessari a realizzarlo. I 34 milioni di euro a carico dei costruttori privati sono stati ridotti a 28,5, contando per la differenza su fondi europei, statali o regionali di cui nemmeno si intuisce l'ombra. Ma sono quelli destinati a finanziare la bonifica, le fognature, i parchi, la viabilità, i parcheggi, ecc., cioè gli interventi fondamentali e irrinunciabili.

Gli sconti sul pagamento degli oneri a carico dei privati andranno a maggiore beneficio dei soliti noti di cui sopra, preferibilmente cooperativi, che hanno soldi in abbondanza per ogni genere di speculazione. Gli altri, che pagano in proprio se sbagliano gli investimenti, si guarderanno dall'imbarcarsi in un'avventura economica candidata all'affondamento.

I tecnici del Comune hanno lavorato intensamente e con grande professionalità. Per oltre tre anni i cittadini hanno profuso ardore e passione ne "La Darsena che vorrei", per animarne la prospettiva di un quartiere moderno, ecosostenibile e suggestivo. Impegni delusi dalla cattiva politica, che fa nascere morta la Nuova Darsena.

Alvaro Ancisi, Lista per Ravenna

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