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Nudismo a Lido di Dante: "Solo nelle spiagge riservate, lo dice la Cassazione"

È bene ricordare che la libertà di taluno nel praticare la propria filosofia di vita non è in discussione, purché non contrasti con quella dell’altro.

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di RavennaToday

La libertà di taluno nel praticare la propria filosofia di vita non è in discussione, purché non contrasti con quella dell'altro. L'intervento di Fidenzio Laghi, storico naturista, evidenzia, in alcuni passi, l'ennesima riprova di voler far passare un messaggio che si discosta ampiamente dagli indirizzi giurisprudenziali, specificamente su una spiaggia ove vi è promiscuità tra chi indossa il costume e chi no. Cercherò di essere sintetico.

A dissipare i primi dubbi, su questa controversa materia tra le varie scuole di pensiero, è stata la Corte di Cassazione che, proprio con la sentenza 3570/2000 citata da Laghi, ha iniziato a tracciare le linee di demarcazione tra l'osceno e gli atti contrari alla pubblica decenza. Difatti, i giudici riconoscono che se il "nudo integrale" non è accompagnato da atteggiamenti erotici o altre condotte censurabili non è configurabile l'oscenità. Riconoscono anche che non costituisce atto contrario alla pubblica decenza l'esposizione della nudità integrale di un naturista "in una spiaggia riservata ai nudisti o da essi solitamente frequentata". È quello che spesso viene sbandierato dai nudisti, che potrebbe aver costituito, probabilmente, materia per l'archiviazione da parte del Gip dei primi procedimenti.

Mai, tuttavia, si dice che gli stessi giudici, a seguire, hanno anche affermato: "mentre invece suscita certamente disagio, fastidio, riprovazione chi fa mostra di sé, ivi compresi gli organi genitali, anche in una spiaggia frequentata da persone normalmente abbigliate". È proprio il caso della spiaggia di Lido di Dante. Ma i giudici si spingono oltre e precisano: "In particolare, l'esibizione su una spiaggia non appartata degli organi genitali, secondo questa Corte, costituisce, sicuramente, un atto lesivo dell'attuale comune sentimento di riserbo e costumatezza. Come mai non si è tenuto conto dell'intero dispositivo della sentenza, ma solo di ciò che interessava leggere? Forse perché non si vuole?

Quest'ultimo concetto la Suprema Corte lo ha ulteriormente ben espresso, eliminando ogni residuo dubbio di lana caprina, e dettate le linee di indirizzo che, comunque, costituiscono giurisprudenza della quale tutti ne dovrebbero tener conto. Lo ha fatto, prima con la sentenza 31407/2006 e ribadito, da ultimo, con la recente sentenza 28990/2012. In sostanza, i giudici si soffermano proprio sugli aspetti dell'art. 726 quando questi provoca turbamento nella comunità, a nulla rilevando la circostanza o il luogo, con questo indirizzo: "Ne d'altra parte può sostenersi che la nudità integrale, a causa dell'evolversi del comune sentimento, non è più idonea a provocare turbamento nella comunità attuale, giacché essa può essere tollerata solo nella particolare situazione di campi nudisti, riservata a soggetti consenzienti, ma non in luoghi pubblici o aperti o esposti al pubblico, dov'è percepibile da tutti, anche da bambini e da adulti non consenzienti".

A questo punto non c'è che augurarsi l'intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Solo così sarebbe possibile arrivare a scrivere la parola fine, in un modo o nell'altro, su una materia controversa e soggetta ad interpretazioni a seconda del giudice chiamato a decidere. Mentre la soluzione alle aspettative dei nudisti è quella più volte detta, cioè insediare un campo nudisti su un tratto di costa, al di fuori della Riserva naturale dello Stato.

Pasquale Minichini

Capogruppo consiglio territoriale di Lista per Ravenna

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