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Provincia unica e capoluogo: "A Forlì e Cesena prestigiatori della politica"

"Il documento approvato dal consiglio provinciale di Forlì-Cesena che ipotizza le due città capoluogo del nuovo ente unico di Romagna è una mazzata alla credibilità delle istituzioni. Una provocazione che non serve"

“Il documento approvato dal consiglio provinciale di Forlì-Cesena che ipotizza le due città capoluogo del nuovo ente unico di Romagna è una mazzata alla credibilità delle istituzioni e una provocazione che non aiuta il confronto serio e franco”, afferma il vicesindaco di Ravenna, Giannantonio Mingozzi. “Concordo con Casadio e Vitali - dice Mingozzi -: o ci mettiamo a lavorare con serietà su contenuti, funzioni, servizi e presidi territoriali della nuova provincia, secondo quanto previsto dalla legge, rispettando le eccellenze e senza mortificare nessuno, oppure il tutto si tradurrà in una guerra tra bande, dove a rimetterci saremo tutti, favorendo scelte imposte ad altri livelli, dal Parlamento alla Regione".

"Mi domando come possa il consiglio provinciale di Forlì–Cesena, di fronte a due città ben distinte - aggiunge Mingozzi -, sommare i residenti e con un gioco di prestigio offrire un capoluogo da 215mila abitanti. Ma dove siamo? Mi meraviglio che capigruppo, assessori e segretari di partito facciano finta di crederci, in nome della tutela del territorio e di una forza contrattuale che pensano di rinvigorire. Siamo ai limiti del ridicolo e su questa strada il terreno comune si brucia, più che coltivarlo con pazienza e intelligenza”.

SPADONI - "La partita sulla riduzione delle province è nata male, ma soprattutto rischia di approdare nel peggiore dei modi - esordisce Gianfranco Spadoni, consigliere provinciale dell'Udc -. Sul fatto locale, nessuno dei tre  enti romagnoli considera che le cose sono cambiate e la questione principale non risiede solo nella scelta del capoluogo, ma sta piuttosto nel dare corpo a un  ente discontinuo dal passato, che avrà di risorse  più limitate e con funzioni chiare  ed esclusive rispetto agli altri enti".

"Vi sono molteplici temi da affrontare soprattutto riferiti alle competenze oltre a quelle già fissate dalla legge, alle fonti di finanziamento degli enti,  e all’esigenza di assicurare  una forte integrazione fra le tre province per snellire le procedure, realizzare minori sprechi ed evitare sterili sovrapposizioni, oltre a dare un impulso all’economia del territorio di area vasta - continua Spadoni -. Ci si chiede , dunque, come sarà possibile integrare le tre province già strumentalmente litigiose tra di loro solo per un piatto di lenticchie!? Se questi sono davvero i presupposti per rilanciare un nuovo ente più snello e meno burocratico, più vicino alle imprese e alla gente, il destino è già compromesso negativamente, e tanto valeva conferire alcun una parte di deleghe alle regioni e quelle più specificamente  amministrative ai comuni".

"I cittadini sono davvero stanchi di assistere a una discussione lontana  dalla vera sostanza, vale a dire dalla definizione di un efficace sistema di governo del territorio, rispetto all’ obiettivo di stabilire la città capoluogo e, di individuare fra spinte e lotte intestine, il nuovo (!?) presidente chiamato a guidare la maxi provincia romagnola. Le province, molto più opportunamente, dovevano essere abolite in occasione dell’istituzione delle regioni, ma non è stato fatto: tanto valeva agire in questo frangente, tenuto conto di questi siparietti politici di basso profilo così poco promettenti", conclude Spadoni.

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