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Recupero Magazzino Sir, i 'grillini': "Dov'è finito il restauro?"

Al centro della contestazione dei "grillini", il fatto che rispetto all'obiettivo iniziale di un recupero dell'archeologia industriale come chiesto durante la "Darsena partecipata" e come sancito dal Piano regolatore del 1993

Il recupero del magazzino Sir non piace al gruppo consiliare del Movimento 5 stelle a Ravenna. Al centro della contestazione dei “grillini”, il fatto che rispetto all’obiettivo iniziale di un recupero dell’archeologia industriale come chiesto durante la “Darsena partecipata” e come sancito dal Piano regolatore del 1993, le cose sembrano essere andate diversamente. Si parlava di destinazioni che avrebbero dovuto essere “prevalentemente terziarie di livello espositivo, rappresentative di uso pubblico o universitarie, nonché culturali” e come ribadito dal vincolo della Soprintendenza, “l’edificio riveste interesse particolarmente importante in quanto testimonianza di archeologia industriale significativa per le proprietà strutturali e formali riconducibili a quel processo di innovazione tecnologica che ha accompagnato nel Novecento il rapporto tra ingegneria e forma”, prescrivendo “la conservazione delle strutture e della spazialità interna”.

“Ricordando, tra l’altro, che l’edificio è stato venduto ai privati con queste prescrizioni – fa notare la consigliera comunale Francesca Santarella a nome dei “grillini” -, prescrizioni di PRG che gravano tutt’ora, mentre adesso ci si appella al fatto che restaurare costa troppo e che gli spazi culturali sono velleità di cittadini che vivono nei sogni”.

“Questa discordanza tra intenti e risultati, non chiarita in alcun modo, ci lascia quantomeno perplessi, insieme ad altri dubbi sorti in base all’osservazione del progetto e di altri documenti reperiti durante l’accesso agli atti”, aggiungono gli esponenti del Movimento 5 stelle.
Il primo: 5100 mq è l’area occupata dal magazzino, 6400 i mq previsti dal progetto, stante che l’edificio è alto 18 metri, non poteva venir usato il magazzino per realizzare i mq previsti e gli 1300 mq eccedenti ricavati mediante qualche soppalco interno opportunamente studiato o qualche edificio nuovo posto all’esterno?

Il secondo: in che modo l’idea che dovrebbe stare alla base del progetto di libera reinterpretazione del magazzino, ossia gli ‘archi scarnificati’ potrà essere fattivamente realizzabile, quando è evidente che strutture di quelle dimensioni (30 cm lo spessore degli archi, 30 metri la luce, 18 metri l’altezza), con la rimozione del solaio di copertura e delle torrette e senza più gli opportuni collegamenti tra i vari archi, non sono staticamente plausibili?

“Abbiamo visitato il teatro Lyrik di Assisi – raccontano i consiglieri - e l’adiacente padiglione denominato ‘Nervi’: lì, durante il restauro, sono stati realizzati in più punti tra gli archi dei poderosi ‘controventamenti’ a croce: messi in opera di simili nella nostra, è evidente che la sequenza ‘idealizzata’ degli archi si trasforma in qualcos’altro”.
Il terzo: il recupero del Nervi di Assisi, di minore lunghezza ma di uguale larghezza ed altezza, utilizzato per lo stoccaggio dei medesimi prodotti chimici, ridotto a rudere per il crollo delle coperture e in condizioni di degrado avanzatissime, è costato, nel 2009, 3 milioni di euro. Una cifra di 10 milioni di euro preventivati in questo progetto, ossia più di tre volte tanto quella, non sono sufficienti per il restauro?

“Il quarto, che è il punto più inquietante – sostengono i “grillini” -: leggiamo la perizia di parte che parla di struttura irrecuperabile. Le stesse osservazioni, in alcuni punti anche peggiori, le abbiamo lette relativamente ai magazzini di Assisi, che tuttavia sono stati completamente restaurati conservando la strutture portanti originali e ripristinando i solai di copertura.
Ora, con queste dichiarazioni in premessa, crediamo davvero che l’impresa si imbarcherà nell’allestimento di una impegnativa impalcatura sotto tutta la struttura, come visto negli esempi di restauro, che demolirà, con la massima cautela per non far crollare gli archi, i solai, i muri laterali, le pensiline e le quattro torrette (realizzate completamente in muri di cemento armato di 30 cm e adiacenti, tra l’altro, a due archi contigui), che provvederà al restauro degli archi originali e che poi disporrà i necessari controventamenti? A quel punto, anche ripristinare un solaio di copertura, magari semplicemente in legno, sarebbe la spesa minore…”.

“Ciò che crediamo è che i magazzino verrà dichiarato irrecuperabile e interamente demolito in pochissimi giorni con quelle ‘chele’ demolitrici – sostene Francesca Santarella -, senza nessun ponteggio e senza nessun restauro; e tutto questo è reso possibile solo grazie alla inspiegabile rimozione del vincolo da parte della Soprintendenza. Poi, eventualmente, si provvederà a rimontare, issandolo con una gru, qualche arco fasullo magari in ferro, più piccolo e più schiacciato, tanto quello che conta è ‘darne l’idea’ per ‘ricordare’”.

“Tutto questo è il restauro e recupero degli edifici di pregio della Darsena della cultura? – si domanda provocatoriamente la consigliera del M5S -. Se qualcuno stavolta volesse risponderci nel merito, dato che anche le nostre sono solo ipotesi, aspettiamo fiduciosi”.
 

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