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Giovedì, 28 Marzo 2024
Politica

Ravenna Manifestazioni, l’opposizione contesta la proposta di nuovo statuto

"Sono infatti insorti dubbi notevoli, di metodo, di correttezza e di legittimità, sulla coerenza delle scelte con l’atto costitutivo della Fondazione", spiega Alvaro Ancisi

Lista per Ravenna, Alberghini, Forza Italia e Lega Nord, hanno rivolto, a termini di legge e di regolamento, alla presidente della commissione Affari Istituzionali Michela Guerra la richiesta, aperta ad ogni altro consigliere ed immediatamente accolta, di convocare una seduta di tale commissione per discutere la proposta di modifica dello statuto della Fondazione Ravenna Manifestazioni all’ordine del giorno del prossimo consiglio comunale. "Sono infatti insorti al riguardo dubbi notevoli, di metodo, di correttezza e di legittimità, sulla coerenza delle scelte con l’atto costitutivo della Fondazione", spiega Alvaro Ancisi, capogruppo di Lista per Ravenna, che ha proposto l'iniziativa.

Spiega Ancisi: "I Fondatori dell’ente, costituito il 24 giugno 1988, sono 14: il Comune, la Provincia, la Camera di Commercio, l’Associazione commercianti, l’Associazione industriali, la Confcoltivatori, la Confesercenti Fapa, la Confartigianato Cna, l’Associazione piccole e medie industrie, l’Associazione agricoltori, la Lega delle Cooperative (tutti di Ravenna), l’Ente Teatro comunale di Bologna e l’Orchestra sinfonica Emilia-Romagna di Parma. Il Comune di Ravenna ha contribuito al fondo finanziario di dotazione per il 53%, tutti gli altri per il resto. Viceversa, nella nuova proposta di statuto la qualifica di Fondatore verrebbe attribuita al solo Comune di Ravenna (articolo 7)".

Prosegue l'esponente dell'opposizione: "Nel “vecchio” statuto risultano spariti come “aderenti” della Fondazione la Confcoltivatori, le Piccole e medie industrie, l’Associazione agricoltori, la Lega Coop e il Teatro di Bologna. Si sono però aggiunti la Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna e la Diocesi locale, per un totale di 11. Questi compongono l’assemblea dell’ente, insieme ad alcuni “partecipanti” a titolo onorifico. È norma elementare che le modifiche statutarie debbano essere approvate dall’assemblea. Invece, secondo l’atto che sarà sottoposto martedì prossimo al consiglio comunale, il nuovo statuto sarebbe definitivamente approvato dal Comune di Ravenna senza che gli altri componenti della Fondazione ne siano neppure informati. Non è solo mancanza di rispetto, ma un atto illegittimo".

Per Ancisi, "il senso politico della manovra è però chiarissimo. Una Fondazione culturale concepita come unione di forze vive della città: istituzionali, sociali ed imprenditoriali, diventata prestigiosa con Ravenna Festival grazie ai coniugi Muti e a poco altro, diventerebbe, come il Soprintendente De Rosa ha dichiarato nella seduta di commissione di giovedì scorso, “un ente strumentale a maggioranza pubblica”: cioè strumento nelle mani del sindaco, designato come presidente fisso, al quale competono le nomine della maggioranza dei componenti dell’assemblea: dunque, in sostanza, ogni altra nomina: dunque, con potere di vita e di morte".

Ancisi sostiene che "dovrà essere specificato nello statuto che la Fondazione non è un soggetto esclusivamente privatistico, soggetta solo al codice civile, ma anche, come dettano la direttiva dell’Unione Europea numero 18 del 2004 e il decreto legislativo numero 163 del 2006, un “organismo di diritto pubblico”, che risponde cioè al codice civile per la gestione economico finanziaria e patrimoniale, ma per tutto il resto (affidamento di servizi, appalti, sponsorizzazioni, assunzioni, ecc.) alle norme di diritto pubblico. Su questi aspetti, qualunque siano le decisioni autoritarie che il sindaco riuscirà a farsi votare dalla maggioranza del consiglio, Lista per Ravenna non farà nessuno sconto, in qualunque sede fosse necessario far valere la legge. L’opportunità del nuovo statuto dovrebbe essere colta affinché a Ravenna Manifestazioni si applichino anche le norme di trasparenza, pubblicità e diritto di accesso civico che la riforma approvata col decreto legislativo 33 del 2013 impone alla buona amministrazione pubblica. Non c’è proprio nulla che debba essere nascosto quando si spendono, anche meritatamente, soldi pubblici".

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