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Provincia e ricollocazione del personale: i sindacati ricevuti dal viceprefetto

Il viceprefetto di Ravenna ha incontrato lunedì i rappresentanti delle segreterie di Cgil, Cisl e Uil, insieme alle Rsu, confermando il suo impegno ad interessare gli organi del Governo centrale

I dipendenti della Provincia manifestano forte preoccupazione in vista della prevista contrazione delle funzioni delle province e alla ricollocazione del personale.  Il viceprefetto di Ravenna ha incontrato lunedì i rappresentanti delle segreterie di Cgil, Cisl e Uil, insieme alle Rsu, confermando il suo impegno ad interessare gli organi del Governo centrale e, in sede locale, a propiziare con i sindaci dei Comuni e con il presidente della Provincia l'attivazione di un tavolo al fine di individuare insieme possibili procedure di trasferimento di funzioni.

Le questioni che sono state rappresentate attengono non solo alla perdita di capacità professionali formatesi nei vari ambiti strategici, come per esempio l'accesso ai fondi europei, ma anche alla futura mancata risposta dei bisogni dei cittadini nei vari ambiti di competenza, tra cui la manutenzione nei plessi scolastici e sulle arterie stradali. Il viceprefetto ha ascoltato con attenzione quanto da loro espresso sul mancato riordino degli assetti territoriali, sull'assenza di un progetto concreto volto non soltanto alla salvaguardia dei posti di lavoro e della professionalità, ma ad evitare anche l'impossibilità di continuare ad erogare i servizi sul territorio, nei diversi settori come la scuola e l'ambiente, fino al dissesto finanziario dell'ente.

Sulla questione è intervento anche il consigliere provinciale dell'Udc, Gianfranco Spadoni: "I dipendenti della Provincia sono giustificatamente preoccupati per il loro futuro, ma, soprattutto, sono in apprensione perché nessuno è in grado di tracciare il  benché minimo  percorso di transizione in questo momento di buio assoluto. Difficile fare un’ analisi della situazione il cui peccato originale è annidato nel legislatore che ha, di fatto, tentato di depennare questi enti di secondo grado, ma non ha previsto le fasi successive di  tale  azzeramento fittizio e che nei fatti tiene ancora in piedi le province senza un minimo di autonomia finanziaria. Situazione grottesca dovuta a un sistema di governare un po’ improvvisato e senza lungimiranza, oltretutto  con evidenti risultati lasciati a metà del guado, e  soprattutto con gravi strascichi  per le funzioni dell’ente  e la tranquillità del personale in capo allo stesso".

"Se il governo centrale, in ogni modo,  ha responsabilità oggettive di questo bailamme istituzionale, la regione non è certamente senza colpevolezza. La nostra regione, infatti, più interessata alle dimissioni del suo presidente  e alle vicende legate ai diversi scandali dei gruppi consiliari, si è guardata bene di mostrare interesse sul  futuro delle province, scoraggiata, oltretutto, dal  quadro economico d’indebitamento elevatissimo e soprattutto senza alcun impegno né  copertura economica  da parte dello stato - afferma Spadoni -. E il datore di lavoro dei dipendenti della Provincia di Ravenna, vale a dire l’ organo monocratico a capo del governo dell’ente ravennate? Completamente afono. In un quadro di grande preoccupazione dei dipendenti e d’incertezza di non  ricevere addirittura lo stipendio del mese di marzo 2015, l’inquilino di piazza dei Caduti sceglie il silenzio assoluto".

"Nessun documento ufficiale di disappunto nei confronti del governo, neppure una nota dell’Upi, l’Unione della Province d’Italia come azione unitaria a difesa dei servizi e del personale, ma neanche un’informativa al Consiglio provinciale e a tutte le  risorse umane dipendenti dell’ente: un silenzio assordante - tuona il consigliere provinciale -. Proprio riguardo a tutto questo, varrebbe la pena di azzerare la stessa Upi così come l’ associazione dei comuni d’Italia , l’Anci, i quali, alla fin fine, rappresentano solo un  serio costo senza fare emergere  alcun risultato concreto di qualsiasi rilievo per gli enti locali. I dipendenti, dunque, sono abbandonati a se stessi, e neppure il loro datore di lavoro riesce a sostenerli nella loro legittima difesa del posto. Una situazione davvero molto particolare e colma di preoccupazione, ma la politica sta compiendo ogni sforzo perché passi tutto sotto tono, affidandosi al destino".

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