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Terminal crociere insabbiato, l'opposizione: "Porto 'affondato' dal Pd per gli interessi dei privati"

A tirare fuori carte e documenti mai analizzati prima è la coalizione dell'opposizione del consiglio comunale di Ravenna, formata da Lista per Ravenna, Lega Nord e Forza Italia

Si torna a parlare del progetto portuale: ma non dell'hub portuale che recentemente ha ottenuto l'approvazione del Cipe (comitato interministeriale per la programmazione economica), bensì del suo predecessore, quello che dai ravennati è notoriamente conosciuto come "progettone". E a tirare fuori carte e documenti mai analizzati prima è la coalizione dell'opposizione del consiglio comunale di Ravenna, formata da Lista per Ravenna, Lega Nord e Forza Italia.

"Da quando si è "affossato" il terminal crociere è ripartito sul tema un intenso dibattito mediatico tra soggetti politici, istituzionali ed economici, allargando la discussione anche ai fondali, ritenuti causa madre di questa situazione, fino ad arrivare a chiedere le dimissioni del presidente del sistema d'Autorità portuale Daniele Rossi - spiega Alvaro Ancisi di Lista per Ravenna - Quella del terminal crociere era una situazione che poteva essere prevista, essendo un problema ricorrente: sicuramente è mancata l'ordinaria manutenzione negli anni. Le relative responsabilità, strutturali e/o personali, devono essere accertate e chiarite dall’Autorità di Sistema Portuale all’interno della sua organizzazione, rendendone conto al consiglio comunale".

I consiglieri d'opposizione partono dal recente problema per arrivare lontano. "Per asportare dal terminal in un altro luogo la sabbia in eccesso, in attesa che si sperimentino finalmente le draghe Decomar che non ne hanno bisogno, occorrono però casse di colmata atte ad ospitarla, oggi indisponibili - prosegue Ancisi - Si potrà solo quando andrà in esecuzione il "progettone bis" dell’hub portuale: non subito, e forse neppure entro il 2019, dovendo scontare i passaggi e le lungaggini imposti dalle norme di legge. Sul progettone bis le riserve sono più che lecite, ma il suo tempestivo decollo, volto a portare celermente i fondali del porto commerciale a -12,50 metri, è interesse dell’intera comunità ravennate la cui economia, che significa lavoro e progresso sociale per tutti, non può subire un ulteriore affossamento della propria principale infrastruttura produttiva. Noi non perseguiamo la ricerca di capri espiatori, bensì la formulazione critica delle proposte che riteniamo risolutive. Quando è dovuto, segnaliamo però le responsabilità dei danni inferti alla comunità dalla sua classe politica, poichè prenderne coscienza serve a evitare che vi si perseveri. Se dunque si vuole giustamente inquadrare il presente affossamento estivo del terminal crociere in quello pluriennale dell’intero scalo, tocca a noi estrarne le ragioni certe, che per la prima volta documentiamo".

I consiglieri ricollegano quindi la mancanza delle casse di colmata, alle quali si lega il problema del terminal crociere, al Piano regolatore portuale 2007 e alle sue "Opere connesse", il cui progetto rispondeva all’obiettivo fondamentale di approfondire i fondali fino a -12,50 metri, individuando allo scopo, in un apposito capitolo, le aree necessarie alla “Sistemazione del materiale da scavo”. "Vi figuravano due nuove casse di colmata poste nelle aree tra il Candiano e via Canale Molinetto, note oggi come Logistica 1 e Logistica 2, le quali, potendo ospitare 2,7 milioni di metri cubi di fanghi di cui 1,2 nella sola prima fase, avrebbero risolto il problema fondali per un decennio - spiega Ancisi - Il 20 gennaio 2012 questo progetto ricevette dal Governo il decreto di compatibilità ambientale che consentiva all’Autorità Portuale di dargli immediata attuazione".

Si poteva quindi partire con i lavori. Ma ciò non accadde: "Venne invece seppellito senza spiegazioni finché il 7 giugno successivo l’Autorità portuale lanciò al suo posto il "progettone", confezionato segretamente già dall'anno precedente come mostra la data riportata sui documenti, che prevedeva di scavare nel porto 19,4 milioni di metri cubi di fanghi, da rovesciare per la massima parte nelle campagne di Porto Fuori, delle Bassette, di Punta Marina e di Lido Adriano, ma perfino in una piallassa, per un totale di oltre 250 ettari - continuano i consiglieri - Su questi terreni, previamente infangati, sarebbero sorte edificazioni per centinaia di milioni di euro, di cui un centinaio solo sui terreni agricoli di Porto Fuori. Questo delirio, combattuto dall’opposizione di allora perchè estraneo agli interessi realistici della portualità, è finito sotto inchiesta della Procura della Repubblica, scontrandosi poi con l’impossibilità che il Governo gli desse il via libera. La nuova Autorità di Sistema Portuale, insediatasi il 1 dicembre 2016, ha messo in campo il "progettone bis", riuscendo a farlo approvare definitivamente dal Governo il 28 febbraio 2018. Perché possa partire manca la pubblicazione della delibera di approvazione sulla Gazzetta Ufficiale, ormai imminente. I nuovi siti su cui punta, per raggiungere i 12,5 metri di profondità dei fondali, sono la Logistica 1 e La Logistica 2, gli stessi del vecchio progetto “Opere connesse” al Prp 2007, cantierabile già nel 2012. Sei anni perduti, quasi un secolo per il porto".

Le cause, secondo i tre consiglieri, hanno tutte lo stesso "colore" e farebbero tutte capo al Pd: "Non avrebbero avuto motivo di fermarsi con i lavori - spiega Samantha Gardin di Lega Nord - Evidentemente c'erano dietro dei notevoli interessi". "Sicuramente ci sono stati anche dei fermi politici - aggiunge Alberto Ancarani di Forza Italia - Il progettone uno faceva anche gli interessi dei privati relativamente all'acquisto dei terreni, al contrario del Piano regolatore portuale". "Noi guardiamo avanti - conclude Ancisi - Abbiamo contribuito, continuando ad ammonire sulla correttezza delle scelte e degli atti, perché la strada intrapresa dall’Autorità di Sistema Portuale fosse sgombra da ostacoli politici. Ma deve essere chiaro che lo sfacelo di troppi anni senza lo scavo di un centimetro di fondale richiama le enormi responsabilità di chi ha esercitato il potere politico sulla vecchia Autorità Portuale: in primis il Comune di Ravenna, complici la Regione e gli altri enti locali, tutti guidati da maggioranze con a capo il Pd. A Ravenna questa maggioranza aveva numeri schiaccianti. Ridottasi d un vantaggio minimo sull’opposizione con le elezioni comunali del 2016 adesso, dopo le elezioni politiche del 4 maggio, vale appena il 37,31%. Se qualcuno, essendo il continuatore di quella politica dissennata che ha costretto il porto all’immobilità, dovrebbe comprendere la necessità di fare spazio al cambiamento voluto dagli elettori, costui è il sindaco di Ravenna". Un velato, ma neanche troppo, invito a dimettersi.

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