Nelle scienze ambientali ed economiche, la sostenibilità è la condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri. Benissimo quindi i sacchetti della frutta biodegradabili, benissimo la raccolta differenziata e la riduzione del consumo di plastica. La borraccia, il monopattino elettrico, la spesa nella bottega sotto casa, la condanna del fast fashion, il vintage: il green è diventato trend e ci piace. Tuttavia in questo periodo di pandemia-polemica stiamo perdendo l’obiettivo: la sostenibilità appunto. Apro il giornale e leggo: “Senza pc e internet 300mila studenti”, “Più soli per il virus, allarme dai giovani”, “Più le scuole restano chiuse maggiore è la caduta del Pil”. Non occorre una laurea per comprendere che la gestione della pandemia e il distanziamento sociale avrà effetti devastanti sulle future generazioni. Eppure (quasi) nessuno sembra preoccuparsene. Quasi nessuno sembra accorgersi che la partita che ci stiamo giocando non è una “guerra lampo”: se dovessimo convivere con questo virus per anni, siamo davvero pronti a sacrificare la socialità (dal vivo), la condivisione (quella vera), la stabilità emotiva, l’educazione? Istruzione, sostegno psicologico, bonus per acquistare pc e tablet, internet gratuito, tutela tra le mura domestiche in caso di abusi e violenze (che purtroppo sono all’ordine del giorno): queste dovrebbero essere le priorità per uno sviluppo sostenibile. La domanda è: siamo abbastanza coraggiosi da investire sul futuro?
Gianni Bessi, consigliere regionale Emilia-Romagna gruppo Partito Democratico Bonaccini Presidente
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