Diario di un volontario: "Quei 'grazie' che ti danno la forza di spalare cento case da solo"
La sveglia suona presto, come sempre, ci si lava ci si veste si fa colazione e si parte in direzione asilo. In auto si canta, si fa l elenco degli amichetti che stiamo per incontrare. Alcuni di loro purtroppo non hanno nemmeno una casa in cui giocare perché al momento è sommersa, ma a 2 anni non lo sai e quelle 8 ore di asilo sono il loro scudo dall inferno che c è la fuori. Ci si saluta davanti all ingresso e si abbraccia quella creaturina un po più forte del solito e poi via pronti a partire. Le pale, gli stivali i guanti e gli spingi acqua sono nel baule e oggi dove si va? Bagnacavallo. Faenza. Fornace. Lugo. Conselice. L'elenco è troppo lungo perciò si pensa prima alle persone a noi vicine, agli amici che hanno bisogno e se da loro non si può andare perché l'acqua è alta ancora un metro ci si dirige dove c è richiesta. Un post sui social, una chiamata a rapporto del comune, il sito dei volontari, non importa da dove arriva la richiesta: si sale in macchina e si parte.
Quando si arriva sul posto sai cosa ti aspetta, lo sai cosa i tuoi occhi dovranno vedere, ma non serve a niente questa consapevolezza perché ogni volta dovrai fermarti un minuto, guardarti attorno trattenendo il fiato, mandare giù il magone e iniziare a fare qualcosa. Che cosa? Anche qui la lista è infinita, talmente lunga da non lasciare tempo a convenevoli e presentazioni. Di solito qualcuno urla "sono arrivati i rinforzi, ripuliamo questo casino". Serve a caricarsi, serve a sentirsi forti, più forti di quel fango che ti entra dentro all'anima, serve ad affrontare la fatica. Quella arriva, prima o dopo arriva sempre e per non sentirla basta guardare negli occhi la persona al tuo fianco, che nemmeno conosce il tuo nome ma ti sta ringraziando talmente forte che puoi udirlo senza che nessuno dei due proferisca parola. Ogni tanto ci si concede un po' di pausa, il tempo di mangiare qualcosa che ti viene offerto da chi non ha più nulla, ma vuole comunque farti sentire coccolato, di fumare una sigaretta e di scambiare quattro parole con persone mai viste, che probabilmente non rivedrai mai più, ma che in quel momento sono i tuoi migliori amici; e così scopri che ci sono persone del luogo che dopo aver sistemato la propria casa hanno deciso di aiutare gli altri.
Ci sono persone che si sono fatti 200 chilometri per dare il proprio contributo. Ci sono studenti, avvocati, pensionati, benzinai, casalinghe, ognuno con la propria storia da raccontare, ma non c'è tempo: è giunto il momento di tornare al lavoro. A volte, a fine giornata il risultato è sorprendente, e quella casa in cui sei entrato poche ore prima non sembra nemmeno la stessa, ora questa casa si può definire tale. Ma non sempre è così, a volte tutto il lavoro fatto sembra vano perché quella melma sembra essersi affezionata e non voler abbandonare quella dimora una volta accogliente. Ma quando si avvicina la sera, ed è ora di tornare verso casa, quello a cui ancora non mi riesco ad abituare sono i "grazie" quasi sussurrati ma accompagnati da sorrisi che ti darebbero la forza di spalare altre cento case da solo e senza fermarti. Io sono fortunato, una casa in cui tornare stasera ce l'ho, e quando varco la porta provo un enorme senso di vergogna nei confronti di chi non ha questa fortuna. Ma si è fatto tardi, domani si torna sul campo, si abbraccia un po' più forte la famiglia e ci si mette a dormire stanchi, ma con la speranza nel cuore. Buona notte Romagna Mia.
Un volontario anonimo