Nave affondata nei Piomboni: "300mila euro spesi e continua a sversare sostanze inquinanti"
Il progetto di approfondimento del porto di Ravenna, “hub” del Corridoio Baltico Adriatico, dovrebbe essere al via. In prossimità di ogni appuntamento elettorale, da oltre un lustro, il progetto sta per partire. L’Autorità di Sistema Portuale, da quel che si legge, sta facendo forti pressioni su Arpae al fine di ottenere le necessarie autorizzazioni per far partire il “balletto” dei fanghi di dragaggio. Non si sa come verranno applicate le sentenze relative alle casse di colmata sequestrate come discariche non autorizzate che hanno visto Autorità Portuale e CMC condannate. L’importanza del porto di Ravenna, uno dei maggiori in Italia per il traffico di rinfuse solide, è fuori da ogni dubbio, e quindi gli enti preposti dovrebbero senza indugi preservarne e migliorarne la funzionalità per garantire l’occupazione, la circolazione di merci e l’approdo delle navi da crociera, come ha anche sottolineato la candidata capolista del Movimento 5 Stelle per le elezioni europee – Circoscrizione Nord Est – Sabrina Pignedoli, in occasione della sua visita a Ravenna.
Tante sono però le criticità di un progetto che nasce quasi 12 anni fa, basato sull’uso di draghe tradizionali, sul conferimento dei fanghi in cassa di colmata, sul consumo smodato di suolo e sulla distruzione sistematica del paesaggio. Oltre 150 gli ettari di suolo ancora inedificato che verranno riempiti dai fanghi sedimentati estratti dalle casse, con l’ipotesi, viste le caratteristiche di contaminazione incompatibili con gli usi civili, di realizzare ulteriori capannoni e piastre logistiche nel già saturo e cementificato territorio ravennate. Chi investirà ancora in capannoni? Altri 40 ettari verranno consumati per il nuovo terminal container, su cui si è in gran parte basato il progetto di “hub”. Nessuna ipotesi di riuso di aree industriali dismesse, di uso di draghe “ecologiche” o di riciclo e trattamento dei fanghi, se non in una seconda fase dell’approfondimento fino alla quota considerata da molti inverosimile di – 14,50 metri. A questo si aggiunge il progetto di escavo di un corridoio in mare aperto a – 13,50 m, profondità che si raggiunge a quasi 9 km dalla linea di costa; una “tela di Penelope” folle e contro natura che appare irrealizzabile persino con dragaggi perpetui e costi insostenibili a carico della comunità. Tanti gli operatori del settore che ritengono il porto di Ravenna molto sicuro e strategico per navi medio-piccole, ma non agibile, nemmeno dopo l’escavo, per le navi più grandi, a causa della presenza, nel tracciato del canale, della famosa “curva di Marina”, impossibile da eliminare.
Un progetto che appare quindi sovradimensionato senza alcuna giustificazione ed utilità al traffico navale. Una manutenzione costante e ben programmata dei fondali potrebbe invece garantire ed implementare i traffici compatibili con le caratteristiche fisiche e morfologiche del canale portuale di Ravenna, e sarebbe stata da mettere in cantiere molto tempo fa, prima dell’“hub” preelettorale. Con sconcerto abbiamo infine appreso di quasi 300 mila euro spesi dall’Autorità Portuale con affidamento diretto per non risolvere il gravissimo disastro del relitto Berkan B, ormeggiato nel Canale dei Piomboni dal 2017 e che continua a sversare sostanze altamente inquinanti nelle acque del porto e della contigua Pialassa, sostanze solo parzialmente controllate dalla panne protettive disposte qualche mese fa. Se fosse, come sostenuto da qualcuno, che la cifra impiegata per la fornitura e posa dei sei pali che evitano il ribaltamento del relitto superi di gran lunga ogni ragionevole preventivo, che ne sarà della pioggia di milioni di euro in arrivo per l’“hub”?.
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