Odissea per il tampone, Maestri: "L'Ausl si scusi per i disagi causati ai bambini"
Dopo 3 ore, dall’inizio dell’odissea, finalmente a casa. Non prenderei la parola, essendo persona dotata di pazienza quasi illimitata (tipo Penelope, per intenderci e per rimanere nei paraggi del racconto omerico), se non vedessi una grave lesione dei diritti dei bambini. Tutto inizia con una circolare del preside della scuola primaria frequentata da uno dei miei figli, che invita a recarsi domenica 16 gennaio nell’area del Cmp in Via Fiume Montone Abbandonato per il tampone di sorveglianza (T5). Le indicazioni chiariscono che, raggiunta l’area, occorre parcheggiare l’auto e raggiungere a piedi il box dedicato. Decidiamo di andare a piedi da casa, visto che non è molto distante ed è una bella giornata di sole. Arrivati sul posto notiamo un cartello che indica l’area per i tamponi, seguiamo la direzione e scorgiamo un grande parcheggio deserto con un grande stand bianco, anch’esso disabitato. C’è però una fila di genitori con bambini davanti all’entrata dello stabile che ospita il Cmp, quindi chiediamo se sia lì che mia figlia può fare il tampone. Ci viene detto che quella è la fila per i vaccini e gli addetti all’ingresso ci dicono che dobbiamo recarci al Pala de Andrè. Inutile mostrare loro il testo della circolare: dicono che ci deve essere un errore.
Nella peripezia incredula e disorientata intorno al Cmp perdiamo mezz’ora, poi scoraggiati ci dirigiamo verso casa, sempre a piedi, per salire in auto e raggiungere il Pala de Andrè. Arriviamo alle 15 circa e raggiungiamo la meta dopo 2 ore abbondanti (ore 15 inizio fila, ore 17.15 tampone) perché solo una delle due postazioni oggi è in funzione. Infermieri e volontari lavorano alacremente, ma non possono da soli far fronte a una fila lunghissima di cittadini (in gran parte bambini) da tamponare. Nel frattempo a mia moglie giunge una telefonata dall’Igiene Pubblica che si scusa per l’errore di comunicazione. Dall’inizio alla fine dell’odissea passano oltre 3 ore di una delle rare domeniche di sole che avremmo potuto trascorrere diversamente, e invece ho dovuto “tamponare” l’incontenibile insofferenza e la comprensibile stanchezza di mia figlia per la lunghissima attesa con giochi di parole, filastrocche, canzoni… Finché ho ceduto anch’io alla prostrazione e allo scoramento. Due caramelle nascoste in una tasca ci hanno regalato un po’ di tregua zuccherata, ma presto siamo tornati a languire nel torpore dell’attesa.
E allora mi viene in mente quante volte, proprio con i miei piccoli, sono venuto in contatto con il servizio sanitario locale negli ultimi tempi. Il lavoro di medici, infermieri, personale sanitario e volontari è encomiabile, in taluni casi persino eroico. Ma chi ha il potere e l’onere di gestire un servizio pubblico tanto prezioso e fondamentale - in particolare in questo momento storico - come la sanità non può mostrare tanta sciatteria e inadeguatezza. Al di là dell’errore di comunicazione sul luogo del tampone (che comunque ha rovinato la domenica a molte famiglie e non è poco, visto che nelle rare giornate invernali in cui c’è il sole almeno ci è rimasto il diritto e il piacere di uscire di casa), non è ammissibile che ai bambini si faccia attendere in auto per ore. La direzione, passata e presente (Carradori, per esempio, rappresenta sia il passato che il presente) è responsabile di quanto accaduto oggi, così come è responsabile dello stato del Pronto Soccorso e delle liste d’attesa per le visite, delle condizioni della medicina generale territoriale sotto stress ecc. Al Pronto Soccorso, per esempio, vi sono medici e infermieri umani e preparati, ma anche attese di ore e ore in ambienti promiscui e l’incapacità di assorbimento dei pazienti nei reparti ordinari rendono l’esperienza del pronto soccorso un’odissea.
Prima che sia troppo tardi, prima che scuola e sanità pubblica alzino definitivamente bandiera bianca, dobbiamo far sentire la nostra voce di cittadini, genitori, bambini. Non si può andare avanti così. L’emergenza ha solo fatto venire a galla con maggiore evidenza un male (il disinvestimento e l’aziendalizzazione spinta) che viene da lontano. Dobbiamo reagire, se abbiamo a cuore il bene comune e il futuro dei nostri figli. Ps: non farei questa riflessione e questa denuncia se non fossi innamorato della scuola e della sanità pubblica, beni comuni costitutivi e costituzionali, irrinunciabili presidi di un paese socialmente evoluto, che tuttavia vedo ogni giorno di più in crisi nonostante il prezioso lavoro quotidiano di operatori scolastici e sanitari. Iniziamo a chiedere conto ai manager pubblici di errori e omissioni.
Avvocato Andrea Maestri