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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Vulcano, fulmine e giudizio divino. La fine di Teodorico tra intrighi e leggende

La morte del re barbaro affascina da secoli studiosi e appassionati. Quale mistero si cela dietro la morte del condottiero goto che riportò Ravenna agli antichi splendori?

Nell'anno 454 d.C. venne alla luce nella regione della Pannonia un bambino che avrebbe sconvolto gli equilibri di mezza Europa e le sorti dell'Italia: egli era Teodorico, figlio di Teodomero, erede degli Amali e futuro re degli Ostrogoti. Le gesta di questo condottiero barbaro sono note, soprattutto ai ravennati. Dopo esser salito al trono all'età di vent'anni, Teodorico condusse vittoriosamente varie campagne militari e pose fine al regno di Odoacre sull'Italia. Divenuto re d'Italia con il benestare dell'Impero bizantino, Teodorico governò il Regno dalla sua capitale, Ravenna, cercando di far convivere tradizioni romane e barbare, religione cattolica e arianesimo.

Le sue battaglie e il suo regno sono storia, così come i monumenti che lo ricordano a Ravenna (primo fra tutti il suo Mausoleo) ma ciò che più ha affascinato gli studiosi nei secoli a venire non sono state le opere del re goto, ma la sua scomparsa. Teodorico infatti morì a Ravenna il 30 agosto 526. La sua fine giunse dopo il periodo probabilmente più oscuro della sua vita: anni di tormenti e timori nei quali visse con la costante paura che qualcuno attentasse alla sua vita. E forse sarà per questo che sono sorte innumerevoli leggende per raccontare gli ultimi istanti della sua vita.

Un po' come Dracula, il temibile re dei Valacchi divenuto post mortem il signore dei vampiri, anche Teodorico è stato accompagnato attraverso i secoli da storie e narrazioni a volte molto fantasiose. E proprio come Dracula, la sua fine è stata raccontata da grandi artisti, come Giosuè Carducci e Dario Fo. Proprio Carducci, nelle "Rime nuove", narra in versi "La Leggenda di Teodorico". Una versione secondo la quale il re barbaro, intenzionato a dar la caccia a un cervo, salì in groppa a un cavallo nero che si rivelò un demone scatenato. In sella al cavallo Teodorico attraversò tutta l'Italia da nord a sud e con un ultimo balzo il destriero scaraventò il re nella bocca di un vulcano (Contro il ciel forte springò / Annitrendo; e il cavaliero / Nel cratere inabissò). Il vulcano in questione è per alcuni Stromboli, per alcuni Vulcano e per altri l'Etna.

Ma non è la sola leggenda. In un'altra versione si racconta la grande paura di Teodorico per i temporali e di un'oscura profezia che presagiva la morte del re ostrogoto proprio a causa di un fulmine. Proprio a causa di questa profezia si dice che Teodorico si fosse riparato all'interno del suo Mausoleo, ma il fulmine lo rintracciò e lo colpì ugualmente provocando la crepa nella grande cupola monolitica che ancora oggi è visibile.

Un'altra versione è stata tramandata da Procopio di Cesarea che narra di una cena durante la quale viene servito un grosso pesce rosato con la bocca spalancata "e fra i suoi denti appare la testa di un uomo: è quella del senatore Simmaco! Il re, qualche giorno prima, aveva ordinato che gli fosse mozzato il capo, e quindi gettato a mare". Proprio a causa di quella terribile visione Teodorico si accasciò con una terrificante smorfia sul volto e rovesciandosi in avanti si ritrovò faccia a faccia con il capo mozzo di Simmaco.

Per altri la fine di Teodorico fu una punizione divina. Avendo egli imprigionato e lasciato morire nel carcere di Ravenna il papa Giovanni I, si attirò contro l'ira di Dio che non avrebbe tardato a punirlo. Questa versione riprende la versione del pesce con la testa di Simmaco, ma invece di morire sul colpo Teodorico si sarebbe ritirato nelle sue stanze dove "dopo tre giorni di flusso di ventre" come racconta l'Anonimo Valesiano "nel giorno in cui avrebbe gioito per l'invasione delle chiese cattoliche, egli perdeva il corpo e l'anima". E secondo un passo di Gregorio di Tour, un monaco di Lipari vide l'anima di Teodorico gettata nel baratro infernale a causa dei suoi terribili peccati.

Gli storici raccontano che nell'agosto del 526 d.C. Teodorico fu colto da una violenta forma di dissenteria e che, rendendosi conto di esser prossimo alla fine, richiamò a sé tutti i collaboratori più fidati per esprimere le proprie volontà. Una fine decisamente meno romantica per un guerriero barbaro che per 33 anni regnò sull'Italia tra saggezza e contrasti, vittorie, risentimenti e vendette. Già alla sua epoca vi fu chi lo disapprovò e chi lo glorificò e forse è per questo che sono nati miti e leggende sulla sua morte. Ma per la storia e per i ravennati, egli sempre rimarrà Teodorico il Grande.

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