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Esce 'Vecc Burdel', un album tutto cantato in dialetto romagnolo: "Canta le cose trovate e quelle perdute"

Venerdì 8 luglio esce il terzo disco cantato in dialetto di uno dei batteristi più internazionali della Romagna, con la produzione artistica di Crinale Lab

A distanza di cinque anni dall’ultimo progetto discografico, Vince Vallicelli – musicista e batterista romagnolo, uno dei più rilevanti nel panorama musicale italiano – torna sulle scene con il suo terzo album cantato interamente il dialetto. Dopo ‘Com un can sota la lona’ del 2007 e ‘La fevra’ del 2017, venerdì 8 luglio esce l’album ‘Vecc Burdel’ con la produzione artistica del Crinale Lab di Brisighella.

Registrato dal vivo insieme a Roberto Villa al basso, del ravennate Nicola Peruch a pianoforte e organo, e Don Antonio alle chitarre, il disco si compone di nove brani che esplorano non solo il rock, ma anche il «motorik tedesco degli anni '70, il folklore di Canterbury, e le colonne sonore italiane dell'età dell'oro», dice Vince Vallicelli. In un flusso di coscienza autobiografico Vecc Burdel «canta le cose trovate, e le cose perdute», aggiunge.

Il disco ingloba tutte le anime e le tappe del lungo viaggio di Vallicelli, iniziato nel liscio romagnolo con Secondo Casadei, continuato con il progressive rock e il pop italiano (collaborando con artisti del calibro di Gianni Nannini ed Eugenio Finardi, tra gli altri), fino ad abbracciare il blues con i migliori interpreti europei e mondiali; per poi tornare per l’appunto in Romagna, unendo alle sonorità che da sempre lo contraddistinguono il dialetto locale.

Il nuovo progetto tra musica e parole di Vince Vallicelli, classe 1951, è quindi un ritorno a casa: un’operazione di ricerca, recupero e riproposta, in cui all'esperienza maturata calcando i palchi di qua e al di là dell’Oceano si affianca lo stupore, quasi infantile, che il “fare musica” continua a regalare ancora oggi al batterista romagnolo. Lo stesso titolo, ‘Vecch burdel’, è in questo senso illuminante: l’album, asciutto ma deciso, dove Vallicelli torna a essere dietro la batteria, racconta l'eterna danza tra chi siamo stati e chi stiamo diventando, cantando i paesaggi, i sogni e la malinconia del lento scorrere del tempo, lento come il blues di Vallicelli.

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