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E-Work in A1, Franceschelli: "La dedica va alla mia famiglia". E svela un simpatico aneddoto della stagione

"Quando finiva la scuola, dovevo andare ad allenarmi invece che uscire al parco con gli amici, ed ero felice. Lì ho capito che il basket per me era tanto"

Guardia e ala grande nel roster di coach Diego Sguaizer, Federica Franceschelli ha appena concluso la sua quarta stagione con la divisa dell'E-Work Faenza, neopromossa in Serie A. La classe '97 ha maturato esperienza sia in Emilia che in Romagna, essendo di Imola, a cavallo tra le due terre. In attesa di limare gli ultimi dettagli per restare a Faenza anche la prossima stagione, Franceschelli racconta il suo percorso e qualche simpatica curiosità sulla straordinaria stagione chiusa domenica scorsa, con la vittoria contro Valdarno e la promozione in massima serie.

Franceschelli, partiamo dagli esordi nel mondo del basket

"Ho cominiciato giocando coi maschi a Imola a 10 anni, non c'era la squadra femminile. Ho continuato fino all'under 13, l'età massima in cui si poteva giocare coi maschi. Poi sono andata a Bologna nella Libertas per 2/3 anni, dove abbiamo sempre raggiunto ottimi risultati, come la finale scudetto under 15. Dai 15 ai 18 sono stata alla Magika, a Castel San Pietro: anche lì ho fatto il settore giovanile, siamo sempre arrivate alle finali nazionali, vincendo anche due scudetti, quello dell'under 15 e dell'under 19. Con le squadre senior invece, a Castel ho raggiunto la promozione dalla Serie B alla Serie A3 e dall'A3 all'A2, perdendo anche due finali playoff per andare in A1. A 19 anni sono andata al Progresso, a Bologna, un anno per fare la Serie A2, dove abbiamo vinto il campionato (2016/17). Poi non abbiamo fatto l'A1 e io sono andata a Faenza".

Quando ha capito che il basket sarebbe stato la sua vita?

"Da subito: quando ho iniziato col femminile ho sempre dovuto fare molti sacrifici. L'ho fatto col sorriso, ero piccola, alle medie: ad esempio, quando finiva la scuola, dovevo andare ad allenarmi invece che uscire al parco con gli amici, ed ero felice. Lì ho capito che il basket per me era tanto, ed ero disposta a fare sacrifici sin da subito per raggiungere dei risultati".

Un piano B lo aveva?

"Sto studiando Economia e commercio all'Università di Bologna".

Adesso, o quando era più piccola, aveva degli idoli a cui si ispirava?

"Un'idola no, però a 17 anni ho incontrato per la prima volta Simona Ballardini, quando giocava in A2 con me alla Magika. La sua leadership, il suo trasmettere la passione per questo gioco, il lottare su ogni pallone, il fatto di essere sempre lì oltre il talento, perché quello non glielo si può togliere... mi è sempre piaciuta un sacco, l'ho sempre rispettata ed è uno dei motivi per i quali poi sono andata a Faenza".

E' soddisfatta della stagione personale, appena conclusa?

"Molto, credo di aver comunque fatto dei miglioramenti, di essermi presa un po' più di responsabilità dal punto di vista offensivo e di aver aiutato maggiormente la squadra rispetto agli altri anni. Sulla squadra invece direi che non c'è nulla da dire, sono più che soddisfatta (ride, ndr)".

A chi dedica questa soddisfacente stagione?

"Alla mia famiglia, perché so quanto mi abbiano sempre supportato in questo mio giochino: da quando sono bambina hanno fatto sempre di tutto per essere presenti alle mie partite, in trasferta e in casa, supportandomi e sopportandomi".

Qual è la situazione contrattuale?

"Ho un contratto annuale, mi è scaduto. Per l'anno prossimo l'intenzione è di restare, mi sto accordando: sono in costante contatto con la società e stiamo sistemando gli ultimi dettagli".

Un simpatico aneddoto di questa stagione?

"A Bolzano, Morsiani apre la borsa e non ha la divisa da gioco. Quindi dopo glel'ha data un'altra nostra compagna che in quel momento giocava poco, e ques'altra compagna ha dovuto tenere una maglietta a mezze maniche, le avevamo scritto il numero con lo scotch dietro. Da lì dopo, Morsiani era la prima cosa che controllava h24 (ride, ndr)".

Ha qualche rito, qualche gesto scaramatico che svolge prima delle partite?

"No, credo in piccole cose ma non c'è qualcosa che ripeto spesso. Ad esempio, se in una partita c'è una persona in panchina che la volta prima non c'era, e perdiamo, dico 'ecco, vedi... non doveva esserci'. C'è una persona in squadra fin troppo scaramantica: Licia Schwienbacher, tutto l'anno in parte alle partite deve usare le All Star rosse, poi prima che noi tiriamo a canestro, vuole farlo lei, però con un tiro un po' strano... altrimenti non va bene. Ha anche il cappellino militare, che deve sempre avere dietro"

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