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Giovedì, 28 Marzo 2024
Politica

Elezioni, intervista a Bucci (La Pigna): "Se vado al ballottaggio vinco io"

Il candidato sindaco de La Pigna parla di porto, turismo e viabilità. E di come rilanciare l'economia con "400-500 milioni di investimenti".

In una campagna elettorale caratterizzata da una quantità di confronti all’americana, a lui va il riconoscimento di essere stato lo showman del gruppo. Maurizio Bucci, 54 anni il prossimo 23 luglio, imprenditore e politico di lungo corso (è stato consigliere comunale di Alleanza Nazionale, Forza Italia, PdL) si è candidato alla carica di sindaco con una propria lista civica, La Pigna.
Per la prima volta dal 1993 c’è la concreta possibilità di arrivare al ballottaggio. Come mai il centrodestra si è lasciato sfuggire l’opportunità di convergere su un solo candidato?
“La gente come me non la vuole nessuno. Io queste cose le dico da sempre, ma non ho mai trovato spazio nella politica tradizionale. I partiti tradizionali, etichettati come sono adesso, non sposterebbero una grande quantità di voti. La scelta di una lista civica indipendente e autonoma credo sia vincente perché può portare un consenso che altrimenti non sarebbe arrivata. Non essere appoggiato da un partito tradizionale oggi come oggi è un vantaggio. Se al ballottaggio dovesse arrivare Alberghini il Pd vince con il 70-80 per cento. In viale della Lirica hanno solo una preoccupazione: se al ballottaggio dovessi arrivare io. Perché in quel caso loro perderebbero, sono pronto a scommetterci, perché in città passerebbe il messaggio di un possibile cambiamento. Ma chiunque andrà al ballottaggio noi lo sosterremo perché crediamo nell’alternanza. Al primo turno, qualunque voto non dato a de Pascale sarà utile. Ma tutto dipenderà da quanta gente andrà a votare: se l’affluenza sarà bassa il Pd sarà avvantaggiato”.
Uno dei suoi cavalli di battaglia durante questa campagna elettorale sono stati il porto e la vicenda delle casse di colmata.
“Le casse di colmata sono uno dei motivi per i quali Galliano Di Marco è stato cacciato dall’Autorità portuale. Si è trovato con le casse di colmata piene e le autorizzazioni scadute nel 2012: 3 milioni di metri cubi di materiale. E nessuno ha vigilato sulle fideiussioni. Stiamo parlando di circa 560 milioni di euro di fideiussioni. Nel progetto di hub portuale, il cosiddetto Progettone, le casse di colmata dovevano essere vuote, mentre Di Marco se le è trovate piene. Il punto è che tutti vogliono continuare a utilizzare l’Autorità Portuale come una mucca da mungere, un ente a cui chiedere affitti. Di Marco aveva trovato i soldi per il Progettone: 60 milioni li ha in cassa l’Autorità, altri 60 vengono da finanziamenti europei, 120 li chiede in prestito. E visto che mancavano gli strumenti urbanistici, aveva deciso di procedere con gli espropri per pubblica utilità per smettere di pagare affitti a Sapir. Le aree delle casse di colmata sarebbero diventate di proprietà dell’Autorità”.
Se lei diventasse sindaco cosa farebbe per prima cosa per il porto?
“Riprenderei i progetti di Di Marco: far diventare Ravenna un porto di rilevanza internazionale. E per prima cosa farei un’ordinanza per imporre ai concessionari lo svuotamento delle casse di colmata. Oggi Sapir è un carrozzone che anziché promuovere lo sviluppo del porto, lo blocca, perché di fatto è in concorrenza con Autorità Portuale”.
Ne proponete la dismissione?
“Vanno dismesse tutte quelle attività che non sono strategiche, tutte quelle attività che non sono funzionali al miglioramento della vita dei cittadini. Nei momenti di crisi l’economia va alimentata con grandi quantità di denaro, ma qui investimenti non ce ne sono. Noi abbiamo pensato anche alla vendita delle partecipazioni in Hera”.
Verrebbero però a mancare i dividendi.
“Ma ci riapproprieremmo delle reti del gas. E con queste rimetteremmo in concorrenza il sistema, generando quei 5-6 milioni di euro che sono la cifra che il Comune incassa attraverso i dividendi. Poi c’è anche il discorso della vendita delle quote di Sapir: sono 20-30 milioni che potrebbero entrare nelle casse del Comune. E poi ci sono le Farmacie, Aser, Azimut. Abbiamo stimato che Palazzo Merlato potrebbe incamerare qualcosa come 250-300 milioni di euro. Insieme a finanziamenti europei si possono generare investimenti fino a 400-500 milioni di euro. E si potrebbe finalmente dotare la città di quelle infrastrutture che mancano da quarant’anni”.
Investimenti in questi anni ne sono stati fatti.
“Sì, come Marinara e Porto Reno. Nelle foto dei tagli dei nastri c’erano sempre loro: Bersani e Fiammenghi, la coppia del cappelletto magico, insieme al sindaco di turno e all’impresa ‘amica’ del momento. Ma nessuno ha chiesto conto degli scempi urbanistici che sono riusciti a creare. Questa gente non ha mai operato sul libero mercato e questi sono i risultati. Questi hanno sempre fatto, e continuano a fare, degli studi urbanistici e mai degli studi sul mercato turistico”.
Invece cosa si dovrebbe fare, secondo lei, per rilanciare il turismo?
“Bisogna cercare di mettere a regime quello che si ha. A Marina non c’è la sostenibilità economica per i grandi progetti alberghieri: ci sono la spiaggia e il mare, quindi diamo qualità e ragioniamo sulle piccole strutture ricettive mettendole in rete. Oggi, l’unico sistema è mettere a regime quello che c’è, puntare sulle eccellenze e a piccoli passi rilanciare tutto il settore. E pubblico e privato devono andare insieme. I dirigenti pubblici del Turismo non sono abituati a lavorare per progetti e obiettivi: un -6 per cento di turisti in un anno in cui il turismo delle città d’arte è cresciuto è intollerabile. La mentalità turistica è un’altra cosa. Io propongo un cambio di passo”.
Il tema del turismo è strettamente legato a quello dell’isolamento di Ravenna e della viabilità.
“Io non sono così pessimista da pensare che in Regione e alle Ferrovie si trovino sempre dei muri che ci impediscono di avere delle infrastrutture che non siano degli anni Cinquanta. Serve perseveranza. Nel nostro programma sulla viabilità c’è il modello Firenze: grandi parcheggi esterni e pedonalizzazione del centro. A Perugia il problema è stato risolto nel 1980. Noi abbiamo pullman enormi che girano in centro con due persone dentro, facendo rumore e inquinando, mentre io penso a mezzi elettrici, piccoli e frequenti”.

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