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Cronaca

Legacoop, le cooperative hanno bisogno di 3.300 lavoratori: 40% assunzioni nel Ravennate

Rilevati anche i contratti di lavoro attivati e cessati nei primi mesi dell’anno: da gennaio ad agosto 2023 saldo positivo di 2.989 unità (il 38% a Ravenna)

Nel prossimo semestre le cooperative associate a Legacoop Romagna dichiarano un fabbisogno di manodopera pari a 3.300 persone. Il trend annuale è in crescita. La rilevazione effettuata dal centro studi di Legacoop e Federcoop Romagna evidenzia un lieve calo rispetto alla precedente rilevazione di maggio, ma con un balzo in avanti di oltre il 15% delle assunzioni attese rispetto all’ottobre del 2022. L’analisi è stata presentata questa mattina alla Direzione di Legacoop Romagna da Simona Benedetti, coordinatrice dell'Attività sindacale. Tra i 3.300 potenziali nuovi assunti del 2023 la parte del leone la fa il settore Servizi (46%), seguito da Produzione (edilizia e industriali, 26%), Sociali (21%), Agroalimentare (6%) e Culturmedia (1%).

In generale prosegue la diffusa difficoltà a reperire personale, specializzato e non. Le preoccupazioni principali rispetto alle nuove assunzioni riguardano proprio la mancanza cronica di figure professionali (41%), ma anche il costo del lavoro e l’incertezza sui nuovi istituti che potrebbero affacciarsi nell’ordinamento (23%), l’inflazione (10%), la crisi energetica e le tensioni politiche internazionali (9%), il mancato riconoscimento degli aumenti contrattuali da parte delle stazioni appaltanti (6%).

Per la prima volta l’Osservatorio cooperativo ha raccolto anche i dati relativi ai contratti di lavoro, nuovi e cessati, effettivamente firmati dalle cooperative nei primi mesi dell’anno.  Mentre a livello nazionale si inizia a registrare una contrazione dell'aumento dell'occupazione e della crescita del PIL (che nel 2023 per l’Italia sarà sotto all’1%, secondo le stime della Commissione europea), da gennaio ad agosto 2023 le cooperative di Legacoop Romagna hanno assunto 7.532 nuovi lavoratori, prevalentemente nei settori Agroalimentare (52%), Servizi (29%) e sociali (12%), con circa il 30% di laureati e diplomati. Il 57% è avvenuto a Forlì-Cesena, il 38% a Ravenna, il resto nel riminese. 

Le cooperative hanno assunto persone di tutte le età, con un 25% oltre i 51 anni e una percentuale analoga dai 18 ai 29. In 6 casi su 10 l’assunzione è avvenuta a tempo determinato. In perfetto equilibrio il dato medio di genere, con una lieve prevalenza di donne che sono entrate in azienda.

Le cessazioni (incluse quelle relative ai pensionamenti) nello stesso periodo sono state 4.543, con un saldo positivo di 2.989 unità, quasi per metà nel settore servizi. Da notare che le dimissioni volontarie sono state 1.449, quasi una su tre, un dato che fa riflettere rispetto a un fenomeno iniziato con la pandemia (la cosiddetta “great resignation”) che non accenna a contrarsi.

"L’attività del nostro Centro studi — dice la responsabile Simona Benedetti — si concentra sulle tematiche che le cooperative segnalano come più importanti e l’andamento del mercato del lavoro è sicuramente tra i temi più sentiti. Un dato che emerge è che le cooperative hanno una forte capacità attrattiva nei confronti dei giovani, grazie anche ai forti investimenti in formazione continua, ma per trattenere i talenti dobbiamo essere capaci di offrire percorsi di crescita chiari e personalizzati".

"Apparentemente i dati di questa edizione dell’Osservatorio sono molto positivi — spiega il presidente di Legacoop Romagna, Paolo Lucchi —, ma ci sono due temi che emergono chiaramente dal confronto con le cooperative. Il primo è quello della remunerazione del lavoro: il salario minimo è solo un pezzo della risposta, servono segnali forti sui contratti collettivi e sul costo della vita, sia da parte del governo che da parte dei committenti pubblici e privati. Il secondo è quello della difficoltà a reperire personale. L’immigrazione può essere una risorsa? Sì, se si ha il coraggio di governarla, garantendo formazione, percorsi di integrazione, una nuova politica della casa, una rete di servizi efficace. L’alternativa è quella di negare l’evidenza, e cioè il bisogno di nuovi lavoratori, lasciando solo spazio a posizioni xenofobe, se non dichiaratamente razziste. Noi possiamo mettere a disposizione la storia e il peso che la cooperazione ha, ma serve una nuova visione  a livello nazionale".

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