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Cronaca

Rischia l'amputazione dopo la caduta da 50 metri, salvato grazie a un intervento: "Sono stato fortunato"

"I medici mi hanno permesso di tornare a camminare. Ovviamente mi sono dovuto riadattare a nuove abilità, tante cose non le posso più fare ma ho trovato altre passioni"

Una caduta in alta montagna con un periodo di ipotermia: è questo l’incipit della storia di Luigi, 33enne romano che 4 anni fa fu vittima di un incidente alpino durante un'escursione nella zona del Gran Sasso. Fortunatamente una storia a lieto fine, anche grazie ai trattamenti eseguiti dall’équipe guidata da Arnaldo Filippini specializzata in ferite difficili e osteomielite al Maria Cecilia Hospital, ospedale di Alta Specialità a Cotignola.

“Ho conosciuto Luigi alla fine del 2022, quando si è rivolto alla mia équipe dopo la diagnosi di osteomielite cronica refrattaria fistolizzata – racconta Filippini –. Questo significa che la ferita riportata al piede in seguito all’incidente in montagna non era guarita correttamente e degli agenti patogeni stavano consumando il tessuto osseo, che presentava delle ulcere. La cronicità era dovuta al fatto che la ferita non rispondeva alle terapie antibiotiche. Abbiamo quindi eseguito degli interventi di "debridement" (procedura per rimuovere tessuti morti o infetti) con un approccio radicale di rimozione dei tessuti necrobiotici che potevano dare origine ad una nuova infezione. Abbiamo inoltre eseguito un intervento per migliorare la vascolarizzazione della zona traumatizzata e ricostruito il tessuto tibiale mancante impiegando tessuto autologo (ovvero proprio del paziente), al posto di mezzi di sintesi metallici che presentano un rischio più elevato per una ripresa dell’infezione, prelevandolo dal perone”.

“In casi di traumi trattati in un secondo tempo, specialmente su paziente politraumatizzato, la guarigione non è semplice - prosegue il medico -. Il ragazzo era candidato ad amputazione sotto il ginocchio, ma grazie a queste procedure siamo stati in grado non solo di salvare l’arto, ma di rendere l’arto stesso funzionale per le attività quotidiane e anche per la maggior parte delle attività sportive senza dolore. Oggi, a distanza di un anno, possiamo affermare di aver ottenuto una guarigione stabile”.

"Tutta la vicenda ha inizio il 26 ottobre del 2020 - spiega Luigi - Durante un’escursione in montagna sono rotolato giù per 50 metri. Sono stato recuperato dal soccorso alpino privo di sensi, rianimato sul posto e portato in ospedale. Lì sono stato operato d’urgenza per le fratture alla schiena, al piede, al bacino, alla cassa toracica, ed avevo inoltre un’emorragia interna. Ho subìto diversi interventi fino alla stabilizzazione, ma il piede presentava dei problemi. La ferita non guariva, nonostante un anno di fissatore esterno. Un ortopedico un giorno mi suggerì di rivolgermi a un luminare, ed è così che conobbi Filippini".

"Sono stato sottoposto alla prima operazione una settimana dopo la prima visita a Maria Cecilia Hospital - continua il 33enne - Oggi, a distanza di poco più di un anno da quel giorno, posso affermare che quanto fatto dall’équipe di Filippini mi ha permesso di tornare a camminare. Ovviamente mi sono dovuto riadattare a nuove abilità, tante cose non le posso più fare ma ho trovato altre passioni: oggi faccio molte camminate, vado in bicicletta, pratico la ginnastica a corpo libero, sono attività più tranquille ma che per me sono soddisfacenti. Al momento sono costantemente in contatto con il medico, la sua équipe sta monitorando il processo di guarigione e, dagli esiti delle ultime lastre, sto rispondendo molto bene (sta avvenendo una calcificazione importante). Oggi cammino con le mie gambe, sono stato fortunato. Spero che la mia testimonianza sia utile per altre persone, esistono delle eccellenze italiane che possono fare la differenza”.

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