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Cronaca

Saluto romano per Ettore Muti, al processo approda la nuova sentenza della Cassazione che lo sdogana

Primo caso di applicazione in Italia della sentenza della Cassazione a sezione unite di giovedì scorso, che ha sdoganato il saluto romano nelle commemorazioni “nostalgiche” come quelle di Predappio

Primo caso di applicazione in Italia della sentenza della Cassazione a sezione unite di giovedì scorso, che ha sdoganato il saluto romano nelle commemorazioni “nostalgiche” come quelle di Predappio (tre all'anno: per la nascita, la morte di Mussolini e l'anniversario della Marcia su Roma) o come quelle che avvengono tutte le estati a Ravenna, nei pressi del cimitero, per ricordare il gerarca fascista Ettore Muti.

Proprio a Ravenna si è celebrato questa mattina la prima udienza nei confronti di Mirco Santarelli, 61 anni, referente regionale degli Arditi d'Italia, e Domenico Morosini, 83 anni, patron del museo di Villa Carpena, vicino a Forlì, dedicato ai cimeli di Benito Mussolini e realizzato nella tenuta natale di Rachele Guidi, moglie del duce. L'udienza è terminata con l'acquisizione della sentenza della Cassazione e un rinvio al 7 maggio per valutare l'applicabilità della novità normativa alla vicenda dei due “nostalgici” a processo.

Santarelli e Morosini sono accusati della violazione della Legge Mancino, che punisce e condanna e azioni e discorsi aventi per scopo l’incitamento all'odio, alla violenza e alla discriminazione razziale, etnica e religiosa. La legge punisce anche chi ostenti emblemi o simboli tipici delle ideologie che sostengono tale discriminazione, tra cui appunto il saluto fascista. Ed è la parte su cui è intervenuta la Cassazione, giovedì scorso, specificando che il saluto romano violerebbe la legge solo se unito al concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, quindi unito ad altre azioni, e non fine a sé stesso in una commemorazione “nostalgica”.

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Morosini e Santarelli sono a processo, il primo per quel braccio teso sfoderato nel rendere omaggio a Ettore Muti, il secondo per aver invocato  l'omaggio con la triplice chiamata 'Camerata Ettore Muti!', a cui gli astanti rispondono 'Presente' all'unisono, nel corso di una cerimonia - sorvegliata dalla Digos di Ravenna - il 23 agosto 2020 al cimitero di Ravenna. Un'altra trentina di attivisti di estrema destra erano stato già archiviati in quanto, pur avendo partecipato al raduno, si erano portati la mano al cuore.

I due imputati, stamattina (lunedì) si sono trovati davanti al giudice Antonella Guidomei del Tribunale di Ravenna, presente anche il procuratore capo Daniele Barberini. Le difese degli imputati, rappresentate da Francesco Minutillo (per Santarelli) ed Emanuele Solari (per Morosini) hanno presentato al tribunale la sentenza della Cassazione, chiedendone l'immediata applicazione. La giudice si è però riservata la decisione, per poter leggere nel dettaglio le motivazioni della sentenza delle Sezioni Unite. La giudice dovrà, in sostanza, valutare se quei saluti erano associati ad azioni dirette alla ricostituzione del Partito fascista. 

Nel corso dell'udienza è stata ammessa la costituzione di parte civile della Consulta anti-fascista di Ravenna (rappresentata dall'avvocato Andrea Maestri), mentre non è stata ammessa quella dell'Anpi per un vizio di forma. 

Commenta Domenico Morosini: “La decisione di rinviare il giudizio ci fa sperare in un esito positivo. Nel periodo che ci separa dalla sentenza, e anche dopo, continueremo a sperare che un giorno si possa arrivare alla pacificazione tra i denuncianti e i denunciati, non solo per questo episodio ma per sempre: siamo stanchi delle continue polemiche, delle continue battaglie (legali e non) e degli attacchi continui e reiterati che subiamo e che hanno subìto i militanti che omaggiano i caduti con il “Presente!”. Di certo – al momento – possiamo solamente dire che resteremo qui e porteremo avanti i valori di pace che portiamo avanti da anni, così come continueremo il nostro lavoro di divulgazione storica con Villa Carpena – Casa dei Ricordi”.

La Consulta antifascista di Ravenna ritiene invece che il processo debba procedere, nonostante la recente decisione della Cassazione: "La Consulta ritiene che nel caso di specie, valorizzata la XII disposizione finale della Costituzione, che parla di divieto di ricostituzione “sotto qualsiasi forma”, sia comunque configurabile il pericolo concreto che, attraverso il proselitismo e la propaganda reiterata liturgicamente negli anni e in forma pubblica, si costituiscano o consolidino gruppi e organizzazioni neofascisti, ispirati a un’ideologia che la Costituzione democratica e antifascista nata dalla Resistenza ha bandito una volta per tutte".

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