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Cronaca

Sequestri di mosto d'uva in provincia, "Ora zero tolleranza e più trasparenza"

Si confermano alquanto fondati, alla luce dei sequestri di mosti e vini da taglio operati in provincia da Guardia di Finanza e Forestale, gli allarmi lanciati in tempi non sospetti da Coldiretti Ravenna

Si confermano alquanto fondati, alla luce dei sequestri di mosti e vini da taglio operati in provincia da Guardia di Finanza e Forestale, gli allarmi lanciati in tempi non sospetti da Coldiretti Ravenna, "la sola forza agricola che ha osato denunciare nel silenzio più assoluto, con iniziative mirate, la mancanza di trasparenza nelle importazioni e movimentazioni di tali 'prodotti', al centro di giochi gestiti da pochi, ma in grado di danneggiare un intero settore – e quindi molti - 'inquinando' il mercato nazionale e locale del vino", si legge in una nota dell'associazione degli agricoltori. 

Coldiretti Ravenna, esprimendo "vivo apprezzamento per l’operazione della Guardia di Finanza di Ravenna e del Corpo Forestale che ha consentito il sequestro di circa 150 mila ettolitri di mosti d’uva, vino e sottoprodotti di lavorazione e derivati", invita nuovamente le istituzioni ‘a fare il possibile per chiudere le porte a tutti i tentativi di frode e sofisticazione per difendere il buon nome e la qualità del vino romagnolo. 
Secondo Coldiretti Ravenna "la poca chiarezza all’interno del settore vitivinicolo, settore che negli ultimi anni sta scontando anche una forte contrazione dei consumi, ha causato - insieme a pratiche scorrette - pesanti ricadute reddituali lungo tutta la filiera, in particolare nei confronti dei produttori agricoli.Ora, dopo che da mesi, anche in piena campagna, Coldiretti denuncia la scarsa se non nulla trasparenza dei flussi di vino e mosti che arrivano dall’estero, generando uno scorretto ribasso dei prezzi alla produzione, grazie all’azione lodevole delle forze dell’ordine tutti questi ‘nodi’ vengono al pettine".
 
Dai dati Istat presentati da Coldiretti all’ultima edizione del Vinitaly, la più importante fiera internazionale del settore, emerge infatti come nel 2014 l’Italia abbia toccato il record storico di import di vino, 278 milioni di chili, in aumento del 46 per cento dall’inizio della crisi del 2008."Di questo vino importato – commenta preoccupata Coldiretti - ben 228 milioni di chili (82 per cento) arriva sfuso in cisterne delle quali non si conosce la reale destinazione.La provenienza invece - sottolinea Coldiretti - è soprattutto spagnola (154 milioni di chili) e americana (47 milioni di chili)".

“Occorre fare chiarezza sulle destinazioni finali di queste produzioni a chilometro illimitato - sottolinea il Presidente Coldiretti Ravenna Massimiliano Pederzoli – sia per evitare il rischio di frodi e inganni, che per tutelare il lavoro di tantissimi agricoltori che producono con qualità e che, a causa di queste importazioni sospette, rischiano di non coprire nemmeno i costi di produzione. Il timore è che un quantitativo elevato venga probabilmente imbottigliato in Italia e senza una adeguata tracciabilità finisca per fare concorrenza sleale ai nostri produttori ingannando i consumatori".

“Per questo - sostiene Pederzoli - occorre rendere pubblici i nomi delle aziende che importano vino sfuso per consentire ai consumatori piena libertà di scelta. Si tratta di togliere il segreto di Stato sui flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero al fine di contrastare le aggressioni e salvare il Made in Italy. Finora, infatti, una complessa normativa doganale ha impedito l’accessibilità dei dati senza significative ragioni legate alla tutela della riservatezza, ma in un momento tanto difficile per l’economia – conclude Pederzoli – è tempo di portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza”.
 

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