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Privatizzazione porti, Legacoop contro la proposta di Tajani: "Sconcertante, denota il panico del governo"

La critica di Legacoop Romagna: "Governo alla disperata ricerca di risorse economiche per mantenere le promesse propagandistiche avanzate in campagna elettorale". Azione è invece aperta alla proposta Tajani: "Il porto di Ravenna è un sistema misto, un modello da estendere a tutti i porti italiani"

"L’idea di privatizzare i porti per reperire fondi per il bilancio dello Stato è sconcertante e denota un panico assoluto del governo, alla disperata ricerca di risorse economiche per mantenere le promesse propagandistiche avanzate in campagna elettorale". Lo afferma Legacoop Romagna, relativamente alla proposta di privatizzazione dei porti espressa dal vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani al Meeting di Rimini.

Legacoop "invita il ministro a studiare la normativa. Gli scali marittimi di proprietà del Demanio statale hanno già privatizzato le concessioni con la legge 84 del 1994, all’interno di un perimetro di un mercato regolato dalla normativa. Questo ha consentito di evitare derive speculative e monopolistiche, mantenendo le politiche economiche portuali nell’ambito dell’interesse pubblico". Su questo tema Legacoop Romagna fa proprie le preoccupazioni avanzate dall’amministratore delegato di Sapir, Mauro Pepoli: "Aste pubbliche bandite dall’Autorità di sistema portuale potrebbero vedere il prevalere di gruppi che hanno come unico fine il profitto. Per questo riteniamo opportuno salvaguardare il modello attuale: un sistema "misto", dove le banchine sono pubbliche e le aree retrostanti sono per lo più private, ma all’interno del quale l'Autorità di Sistema Portuale mantiene un ruolo certamente decisivo, soprattutto nel coordinamento".

"I porti sono e saranno infrastrutture importantissime per il paese e ancor più per il territorio romagnolo", ribadisce Legacoop, ricordando che il porto di Ravenna conterà su un piano investimenti da tre miliardi e 140 milioni nei prossimi tre anni. "Sono investimenti importantissimi con la prospettiva di rendere il Porto ravennate di qui al 2026, sempre più nevralgico per il tessuto economico non solo locale. Investimenti che - conclude Legacoop Romagna - devono e dovranno rimanere in pieno controllo pubblico per far sì, come sostiene Pepoli, che il porto svolga il suo ruolo di  redistribuzione della ricchezza nella comunità, tenendo conto dell'interesse dei cittadini".

Azione: "Estendere il modello ravennate a tutti i porti"

Interessata, invece, alla proposta di Tajani è Ravenna in Azione. "I porti sono un asset strategico per il Paese e per Azione il ruolo pubblico, oggi rappresentato dalle Autorità di Sistema Portuale, deve essere confermato e potenziato - rileva la sezione ravennate del partito di Calenda - Inoltre, sempre nell’interesse nazionale, riteniamo che le Autorità debbano essere coordinate meglio, per monitorare le dinamiche di mercato e reagire prontamente in una logica di Sistema Paese.

Per Azione esiste però un tema che merita di essere approfondito. "Il Porto di Ravenna è un sistema misto in cui le aree di competenza pubblica interessano solo le banchine (o poco di più) mentre le restanti aree (a parte piccole eccezioni) sono private. Negli altri porti italiani non è così. Le aree pubbliche sono la stragrande maggioranza. Vendere queste aree, non solo permetterebbe allo Stato di incassare ingenti somme, ma libererebbe spazio ad investimenti privati che contribuirebbero alla crescita dei nostri scali. Non sappiamo ancora se le parole del Vice Presidente del Consiglio vanno in questa direzione". Per Ravenna in Azione "estendere il modello ravennate a tutti i porti italiani, privatizzando le aree pubbliche e mantenendo di competenza delle Stato solo la fascia a ridosso delle banchine, sarebbe la soluzione ottimale. Per questo, con i nostri parlamentari di riferimento, avvieremo un percorso di confronto con gli operatori economici, a partire da quelli locali".

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