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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Al largo di Marina, dove si celebra il matrimonio tra cozza selvaggia e piattaforme. Un habitat ideale anche per le tartarughe

Le piattaforme offshore di Eni come un rifugio sicuro dove rilasciare le tartarughe curate e rimesse in mare e come habitat della “Cozza selvaggia”. E' il connubio ambientale tipico di Marina di Ravenna

Le piattaforme offshore di Eni come un rifugio sicuro dove rilasciare le tartarughe curate e rimesse in mare e come habitat della “Cozza selvaggia” di Marina di Ravenna. E' il connubio ambientale tra uno dei manufatti più imponenti dell'uomo in mare (davanti alla costa dell'Emilia-Romagna ci sono circa 50 piattaforme di Eni) e la natura marina dell'Alto Adriatico. Ai piloni delle piattaforme Eni, fino a 12 metri di profondità, vi è una produzione di circa 12-14mila tonnellate l'anno di questo prodotto che è poi una delle regine della tavola della marineria romagnola, celebrata proprio questo weekend nella sagra a Marina.

Nell’ambito della valorizzazione della cozza, Eni ha organizzato una visita guidata alla piattaforma  “Porto Corsini Mare Ovest-C”, che ha consentito di vedere da vicino le piattaforme di Eni, tra i cui piloni cresce liberamente la cozza selvaggia. Le architetture sommerse delle piattaforme, infatti, sono veri e propri atolli artificiali, ampie aree protette dove la pesca non è consentita e dove prorompe la biodiversità, con i pescatori delle cooperative di piccola e media pesca “La Romagnola” e il “Nuovo Conisub” impegnati nella raccolta a mano. La “Porto Corsini Mare Ovest-C” è anche la piattaforma che è stata destinata da Eni al progetto di inienzione della Co2 delle industrie energivore nei giacimenti depletati.

“Siamo 8 barche e 40 sommozzatori. La cozza si dice selvaggia perché non è di allevamento, cresce dove decide lei in acque profonde, pulite e super-controllate. Poi partono per tutti i mercati italiani, che ce la chiedono. In gastronomia è considerata un prodotto unico”, dice Sauro Alleati, Presidente cooperativa La Romagnola. “Questa sinergia tra l'aspetto industriale e l'altro socio-economico legato alla cozza permette di ottenere questo prodotto di nicchia e di alta qualità. La raccolta varia di anno in anno, ma siamo sulle 12-14mila tonnellate. I pescatori si attendono un'ottima raccolta e una produzione importante quest'anno”, illustra Stefano Fabbri, responsabile Permitting Eni per il distretto centro-settentrionale. 

Il primo nido di tartarughe in Adriatico

Ma non solo, visto il divieto di pesca che vige intorno alle strutture, le porzioni di mare intorno alle piattaforme sono l'ideale per il rilascio delle tartarughe che vengono curate dal  Cestha – Centro Sperimentale Tutela degli Habitat. Questa mattina, domenica hanno rivisto la libertà Rucola e Happy  due esemplari giovani di una dozzina di anni, curati per 4 e 6 mesi.  “Quest'anno è stato un anno eccezionale per i recuperi, grazie alla collaborazione dei pescatori: abbiamo avuto fino a 80 tartarughe contemporaneamente nel nostro centro”, spiega Simone D'Acunto, Direttore Cestha.

Il loro rilascio coincide tra l'altro con una novità assoluta per l'ecosistema dell'Alto Adriatico: “A causa dell'innalzamento della temperatura del mare, le tartarughe stazionano di più nelle nostre acque e questo ha fatto sì che sia stato ritrovato il primo nido di tartaruga marina, a Cervia, che sia mai stato trovato in Emilia-Romagna. Adesso dobbiamo aspettare due mesi per vedere se si schiuderanno le tartarughine”. Si tratta di ben 96 uova.

La storia della cozza selvaggia

Lo sviluppo di un “mercato delle cozze” nasce in parallelo con la nascita dell'Oil & gas ravennate. Nella seconda metà degli anni ’60 furono scoperti i primi giacimenti di metano in alto Adriatico e s’insediarono le piattaforme per l’estrazione. Da qui l’incontro di due esigenze. Da un lato, quella di tutelare i pescatori locali, garantendo alternative sostenibili di reddito visto il divieto di pesca a strascico, con la trasformazione delle imbarcazioni in “cozzare”. Dall’altro, quello di rimuovere le rigogliose colonie di cozze, che davano peso e maggior resistenza al moto ondoso alla struttura sommersa della piattaforma, e di poter controllarne  periodicamente l’integrità tramite ispezioni. È così che, a partire dagli anni ’70, iniziano a nascere organizzazioni per la gestione programmata della pesca.

piattaforma pescatori cozze

La Cozza Selvaggia è ora un marchio

Il 21 settembre 2021 il Comune di Ravenna, il Distretto Centro Settentrionale di Eni, il Cifla - Centro per l’innovazione di Fondazione Flaminia, il Cestha – Centro Sperimentale Tutela degli Habitat, le cooperative di piccola e media pesca La Romagnola e il Nuovo Conisub, Slow Food Ravenna, hanno sottoscritto l’accordo per la valorizzazione della cozza selvaggia di Marina di Ravenna, con l’obiettivo generale di promuovere il prodotto, il territorio e il turismo. 

Il prodotto cozza di Marina di Ravenna è riconosciuto dal marchio “La Selvaggia di Marina di Ravenna” di titolarità delle cooperative di pesca La Romagnola e Nuovo Conisub. Con l’utilizzo di questo marchio viene garantita la valorizzazione del prodotto attraverso tutte le fasi, dalla raccolta fino alla distribuzione al dettaglio. 

La cozza Selvaggia è uno dei prodotti gastronomici tipici del territorio ravennate ed è legato alla biodiversità del territorio che porta con sé storia, valori, saperi e tipicità locali. Si propone, inoltre, come esempio di buona pratica nella quale sviluppo produttivo e protezione del mare coesistono armonicamente, anche a dimostrazione del fatto che le attività di esplorazione e produzione metanifera possono ben convivere sia con il settore turistico sia con la produzione di eccellenze agricole e alimentari.

La raccolta viene effettuata tra la fine della primavera e settembre, prima della riproduzione che, in Adriatico, avviene in inverno. Tra gli strumenti utilizzati il raschietto, il cestone e la manichetta. Il cestone viene legato alla piattaforma, in prossimità della zona di raccolta. L’immersione avviene in un lasso di tempo tra le una e le e due ore circa, durante il quale sono raccolti circa 15-20 quintali di prodotto. 

Nell’imbarcazione viene poi avviata la prima lavorazione del prodotto: si staccano tra loro, si lavano dal limo e si esegue un lavaggio più accurato tramite un macchinario che separa il prodotto idoneo da gusci rotti, cozze piccole, granchietti, bavose, gamberetti e residui. Lo scarto finisce nuovamente in mare. La fase successiva prevede il confezionamento in sacchi di rete da 20-25 chili, che saranno poi riaperti per un ulteriore lavaggio e per essere poi suddivisi dai grossisti in pacchi per i ristoratori e per le pescherie. 

All’attracco della “cozzara”, il camion frigo carica le cozze per immetterle sul mercato. L’idoneità alla distribuzione del prodotto è garantita dai controlli periodici che l'Ausl Romagna esegue a rotazione in tutte le piattaforme, per tenere sempre sotto controllo lo stato di salute delle acque nelle quali crescono le cozze. 

La raccolta della cozza selvaggia (Foto Sieni)

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