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Cronaca Casola Valsenio

'Il lavoro non si tocca': sindacati in piazza per difendere i lavoratori della cava di Monte Tondo

L’attività di lavorazione del gesso per la produzione di cartongesso occupa in maniera diretta e indiretta circa 140 persone, in massima parte residenti nei comuni della vallata

Domenica 6 febbraio alle 15, in piazza Sasdelli a Casola Valsenio, è in programma la manifestazione - assemblea pubblica “Il lavoro non si tocca”, proclamata da Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil, a sostegno dell’occupazione delle lavoratrici e dei lavoratori di Saint Gobain Casola Valsenio e della cava di Monte Rotondo. L’attività di lavorazione del gesso per la produzione di cartongesso occupa in maniera diretta e indiretta circa 140 persone, in massima parte residenti nei comuni della vallata; a questi va aggiunto il contributo economico che la permanenza dello stabilimento dà in termini di ricchezza al territorio.

Lo studio commissionato dalla Regione Emilia Romagna, per valutare le varie ipotesi riferite all’area estrattiva del gesso sulla cava del Monte Tondo prevede diversi scenari, tra i quali (sarebbe quello raccomandato dalla Commissione regionale) vi è anche la chiusura della cava, opzione B, nei prossimi anni. In questi mesi si è discusso molto sulle possibilità del rinnovo della concessione di estrazione del gesso e della vita della cava, avendo come riferimento anche i vari scenari delineati nello studio commissionato dalla Regione Emilia Romagna. Nello studio stesso si fa riferimento alle eventuali ricadute sociali, evidenziando anche percorsi di trasformazione dell’attività aziendale (produzione di materiali a base di solfati) e/o percorsi di accompagnamento alla pensione dei lavoratori coinvolti, fino ad ipotizzare un riassorbimento di diversi lavoratori in attività turistiche delle quali tutt’ora non vi è la minima traccia.

“Abbiamo la sensazione – spiegano Antonio Pugliese, Maurizio Bisignani e Roberto Martelli, segretari territoriali rispettivamente di Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil - che la perdita dei posti di lavoro sia considerato un ‘danno collaterale’ tutto sommato sopportabile. Questa conclusione per noi è inaccettabile, si devono trovare soluzioni che salvaguardino il futuro delle famiglie delle lavoratrici e dei lavoratori che operano nella cava e nell’indotto. Il parco della Vena del Gesso e il sistema carsico della zona hanno un valore che nessuno mette in discussione e che deve essere preservato e valorizzato anche con la candidatura a sito Unesco; questo deve avvenire mantenendo l’esistenza dell’attività lavorativa con tutte le valutazioni e precauzioni del caso in ottica conservativa e di ripristino delle aree via via dismesse. La chiusura dell’attività porterebbe ad un grave danno economico per la vallata con inevitabili ripercussioni anche sul parco, una vallata “povera” e spopolata diventa un ambiente non curato e abbandonato. Inoltre la chiusura del sito, anche con le dovute azioni di ripristino porterebbe ad una situazione di inevitabile degrado della zona nell’area industriale coinvolta. Si devono trovare soluzioni che permettano la tutela del lavoro, la tenuta del tessuto economico della vallata e la tutela del paesaggio”.

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