"Mio figlio lasciato fuori dalla scuola dopo il cambio istituto"
Sono iniziate le scuole, per tutti ma non per mio figlio. Lui ha superato brillantemente il biennio in un istituto tecnico e dopo aver festeggiato la promozione mi ha confidato di aver capito che voleva cambiare scuola, che le materie che stava studiando non si accostavano al suo essere, ai suoi progetti e alle sue aspirazioni. Dopo aver discusso e ascoltato le sue motivazioni mi sono messa in contatto con il liceo che voleva frequentare; e già qui le prime difficoltà, diciamo che la comunicazione non è il loro punto forte. Vista la determinazione di mio figlio mi sono comunque mossa per farlo preparare agli esami integrativi di settembre. Lui ha rinunciato alle sue solite vacanze estive trascorse in una splendida isoletta italiana (so che non è un atto eroico ma trovatemi un adolescente che rinuncia a 3 mesi di vacanza in assoluta libertà lontano da casa), si è impegnato con 2/3 ore di lezione al giorno più lo studio pomeridiano e così per tutta l’estate.
Leggendo l’art 24 del OM 90 del 2001 e il DM del 08/02/2021 ero convinta venissero chieste le integrazioni per le sole materie non presenti nel percorso di studi di provenienza, invece lo hanno caricato chiedendo integrazioni anche in materie dove era risultato sufficiente e togliendo così tempo ed energie a quelle “principali”. Non voglio sindacare un lavoro che non è il mio e voglio sorvolare sulle modalità usate in sede d’esame dove è stata forte la sensazione di intenzionalità premeditata a mettere in difficoltà l’esaminato; ma di fatto siamo passati da un “assolutamente preparato” detto dai professori di liceo che l’avevano seguito nella preparazione ad un “neanche lontanamente sufficiente” in sede di esame. Ci siamo assunti comunque tutta la responsabilità di esami andati male ma ci aspettavamo un po’ di umanità. Ho provato in tutti i modi a convincere il dirigente della nuova scuola ad ammetterlo comunque, anche con riserva per poi eventualmente bocciarlo a giugno, ma di non lasciarlo fuori dalla scuola; ho pregato che lo prendesse in seconda ma un cavillo normativo impedisce che ciò sia possibile: siccome è stato promosso non può ripetere un anno, pensa un po’ quanto è stato stupido ad impegnarsi per la promozione! Mi sono state fatte proposte alternative fuori, a mio umile giudizio, da ogni razionale pensiero; mi è stata proposta l’istruzione parentale che necessita di una capacità tecnica e/o economica da parte della famiglia per poter provvedere all’istruzione e io non l’ho; è stato proposto lo studio in autonomia facendomi sorgere il dubbio che quindi le scuole non servano a nulla, se i ragazzi posso prepararsi in autonomia cosa paghiamo a fare scuole e professori?!
Ecco quindi la situazione, abbiamo un ragazzo frustrato, demoralizzato ma determinato a voler seguire le sue aspirazioni che resta a casa perché non ha nessuna intenzione di continuare il vecchio percorso di studi così lontano da lui. Trovo assurdo lasciare fuori dall’ambiente scuola un ragazzo che ha voglia di fare quando nelle scuole ce ne sono tanti che lo fanno solo per obbligo e magari vengono bocciati per le troppe assenze. Lui è disposto a spostarsi e a fare il pendolare, è disposto a perdere un anno scolastico entrando in seconda o entrando in terza “con riserva”. Ma pare che la nostra scuola di accogliente, empatico e inclusivo non abbia nulla. Trovo assurdo davvero che per un cavillo normativo un ragazzo di 16 anni venga lasciato fuori dalla scuola o lo si obblighi ad una formazione da privatista (che non tutti possono permettersi) privandolo della socializzazione, del confronto continuo e delle conflittualità che a questa età aiutano la formazione di futuri uomini. Non mi capacito di come, in un momento storico in cui si denuncia l’abbandono delle scuole da parte dei ragazzi, sia la scuola stessa la prima a chiudere le porte in faccia a chi ha voglia di fare. Ad oggi non so ancora cosa sarà della formazione e del futuro di mio figlio ma spero che questa scuola possa cambiare in fretta perché a noi così non è proprio piaciuta.
Una mamma