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Lunedì, 29 Aprile 2024
Suono ma nessuno apre

Suono ma nessuno apre

A cura di Matteo Fabbri

40 anni da 'Vacanze Romane': il capolavoro dei Matia Bazar tra elettronica e tradizione

Lo spunto per questo articolo mi è venuto da un incrocio di eventi: l’imminente partenza del Festival di Sanremo 2023, i quarant’anni che compirà nei prossimi giorni “Vacanze Romane” dei Matia Bazar e, purtroppo, la recente scomparsa del loro ex tastierista, Mauro Sabbione

Lo spunto per questo articolo mi è venuto da un incrocio di eventi: l’imminente partenza del Festival di Sanremo 2023, i quarant’anni che compirà nei prossimi giorni “Vacanze Romane” dei Matia Bazar e, purtroppo, la recente scomparsa del loro ex tastierista, Mauro Sabbione, il cui contributo fu decisivo per la genesi di questa straordinaria canzone spartiacque della musica italiana.

Facciamo un salto indietro al Festival del 1983: i Matia Bazar che salivano sul palco dell’Ariston erano molto diversi da quelli che la gente aveva imparato a conoscere durante gli anni ‘70, quando si erano imposti come fautori di un pop raffinato e di successo, con perle quali “Stasera che sera”, “Solo tu”, “…e dirsi ciao” e “Per un’ora d’amore”. Dal 1982 circa, invece, un anno prima di quell’apparizione sanremese, avevano sorpreso tutti, in primis i fan storici, perché di punto in bianco si erano tuffati in cose completamente diverse da quelle a cui li avevano abituati: reclutato un giovane tastierista (Sabbione, appunto), si erano infatuati della nuova musica europea (la New Wave) e avevano cominciato a truccarsi e usare strumentazioni elettroniche. Ai discografici era pigliato un colpo: da mite gruppetto pop di successo, si erano trasformati in ribelli!

Nel 1983, dunque, arrivarono a Sanremo sull’onda della svolta stilistica appena attuata, tra elettronica e sperimentazioni, e il tutto venne esaltato dal brano portato in gara: una canzone sospesa nel tempo e nello spazio, dal titolo “Vacanze Romane”. La sera della prima esibizione, quando le luci del teatro si accesero d’improvviso, al primo sguardo sembrava non esserci nessuno: la band si era dovuta posizionare in una sorta di soppalco rialzato perché sul palco originale non c’era abbastanza spazio. L’impatto visivo fu notevole: i Matia Bazar erano elegantissimi, tutti vestiti di bianco, con Antonella Ruggiero bellissima in un tallieur bianco e con un trucco retrò. Ma al contempo i musicisti imbracciavano strumenti futuristici, come contrabbassi e percussioni elettroniche, con schermi di computer in bella vista. Un contrasto che spiazzò tutti. Ancor più perché il brano era di grande rottura per la sua capacità di riuscire ad unire la classicità agli arrangiamenti sintetici. Una perla che suonava vintage ma contemporaneamente sembrava venire dal futuro, per via dell’incontro tra elementi sonori apparentemente agli antipodi. Insomma, tutto pareva già sentito eppure nuovo.

A questo link è possibile ascoltare il podcast Suono ma nessuno apre

Un mix di electro-pop e nostalgia, abbinato a parole che pescavano riferimenti dal mondo dell’operetta (l’oro e l’argento, “la vedova allegra”, Il paese dei campanelli), dall’omonimo film con Audrey Hepburn, dall’immaginario della “Dolce Vita” di Fellini, da luoghi come il Lungotevere e il Corso, e da personaggi come Greta Garbo, che rievocano gli anni in cui la Capitale era il centro del mondo. Insomma, un testo incantato che sembrava una fotografia. Un vero gioiello. Il tutto veicolato da quella splendida melodia evidenziata dal timbro da soprano della Ruggiero, che risultava estremamente adatto nel rievocare atmosfere ormai passate.

“Vacanze Romane” si piazzò al quarto posto ma si aggiudicò il premio della critica e fu la vincitrice morale di quell’edizione della kermesse ligure perché riuscì (e riesce ancora) in qualche modo ad avvicinare da un lato i nostalgici del bel canto e dall’altro i giovani desiderosi di modernità. Furono esempi poco convenzionali come questo a cambiare il Festival, introducendo nuove sonorità e spalancando le porte anche ad artisti talvolta “fuori dagli schemi”.

Poco prima dello scorso Natale è venuto a mancare uno degli artefici di questa canzone-simbolo: Mauro Sabbione. Fu il tastierista di questa svolta elettronica dei Matia Bazar, ed è grazie al suo ingresso se la band si affermò come un’eccellenza italiana riconosciuta anche all’estero. Personalmente, ho avuto l’onore di ospitarlo nel mio podcast dove si è rivelato anche una persona di una gentilezza e disponibilità incredibili: era partita come una chiacchierata di mezz’ora e ci siamo ritrovati a registrare più di due ore su Skype. Conservo ancora il video di quell’intervista. Lo avevo ribattezzato “il mago delle tastiere” e prima della sua scomparsa ci stavamo accordando per organizzare a Ravenna una sorta di “video-concerto” per pianoforte, come lo chiamava lui, dedicato agli album dei Matia Bazar: uno spettacolo che univa musica e architettura, immagine e teatro, moda e design. Ciao Mauro...

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