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Suono ma nessuno apre

Suono ma nessuno apre

A cura di Matteo Fabbri

Un criticone, un saputello alternativo e un fan sfegatato in viaggio con i Depeche Mode

E' un pomeriggio assolato di settembre e questo simpatico trio si trova ormai da un paio d’ore in automobile, sulla A1, direzione Stadio Olimpico di Roma: quella sera tornano in concerto in Italia i Depeche Mode

Ci sono tre amici: il criticone che odia gli anni ‘80, il saputello con gusti alternativi e il fan sfegatato. Da sempre condividono un’esuberante passione per la musica, che non di rado si trasforma in competizione. Hanno infatti gusti diversissimi e si scornano spesso. Sono come dei tifosi, anche molto accesi. Ognuno vuole mostrare di saperne più dell’altro, di avere una cultura musicale più vasta, di avere gusti migliori, di essere più aperto e lucido. E' un pomeriggio assolato di settembre e questo simpatico trio si trova ormai da un paio d’ore in automobile, sulla A1, direzione Stadio Olimpico di Roma: quella sera tornano in concerto in Italia i Depeche Mode. Ormai giunti a pochi chilometri dall'arrivo, il criticone sbotta: “Uff, non so nemmeno perché sono qui”. Gli altri due: “Cosa? Ma sei scemo?” Il criticone rincara la dose: “Ma sì dai, lo sapete, a me gli anni '80 fanno schifo e i Depeche Mode sono l'emblema di quel sound e di quel periodo. Non so nemmeno come avete fatto a convincermi ad accompagnarvi”. Il fan sfegatato non crede alle sue orecchie e ribatte: “Vedi quando ti dico che non capisci nulla? Questi hanno attraversato quarant'anni di carriera con decine di album e centinaia di canzoni, sperimentando sempre, e tu ti ostini a relegarli solo come ‘suoni anni '80’”.

Il saputello alternativo interrompe entrambi: “Boni, state bbboni, adesso per entrare nel mood del concerto mettiamo qualcosa dei Depeche, a random, su Spotify”, poi schiaccia play e dalle casse dell'automobile risuonano le inconfondibili note di “Just Can’t Get Enough”. Il fan sfegatato parte al contrattacco: “Su questa cosa avete da dire?” La replica di entrambi non si fa attendere: “Senti che suonacci finti e plasticosi. Che buzzurri, dai”, tuona il criticone. A cui fa eco il saputello alternativo: “Beh, a me questa ha rotto un po’ le scatole, è troppo inflazionata”. “Dai ragazzi ma è irresistibile!”, incalza il fan sfegatato. Il criticone non ci sta: “Senti, è una canzonetta gommosa con una melodia molto semplice. Musica da supermercato o da spot televisivo. E vogliamo parlare del video? Sembra uno di quei filmini adolescenziali che ci vergogniamo a riguardare da adulti”. “Sì ma fa il suo dovere: ti entra subito in testa e non si schioda più", fa notare mestamente il fan.

Cala il silenzio per qualche secondo, finché il criticone, furente e infastidito, schiaccia skip per saltare al brano successivo. E parte qualcosa di diverso, l'electro-blues di “Personal Jesus”. Il fan sfegatato gongola, scuote la testa a ritmo e si guarda attorno compiaciuto: “Se insultate questa, siete in malafede”. Il criticone bofonchia: “Uhm, sì, ma senti come sono freddi e glaciali. Troppo inespressivi per i miei gusti. A me non emozionano”. “Ma tu sei notoriamente un iceberg”, lo sfotte il saputello. Il fan si irrita ed entra a gamba tesa: “I Depeche sono stati gli unici della loro generazione a riuscire a passare con una certa credibilità dagli anni ‘80 ai ‘90; quando invece nel frattempo, a una a una, quasi tutte le band del decennio precedente stavano scomparendo. In quel periodo erano pure funestati da turbolenze interne e grossi problemi di depressione e droga del cantante Dave Gahan ma riuscirono nel miracolo di sopravvivere e diventare protagonisti di una nuova era, grazie a un sound nuovo e fresco, ma 100% Depeche. Qui ci sono anche le tue amate chitarre, sei contento?”. Il criticone è risoluto e controbatte: “Non ci posso far niente, è più forte di me. Non basta una chitarra o un accenno al blues per farmeli piacere. Sono sempre tamarri, questo non è suonare, non c’è sudore, non c'è sangue. C'è solo calcolo, programmazione, elettronica; che tristezza”. “E tu, cos'hai da dire?”, il fan si rivolge al saputello alternativo in cerca d'aiuto. “Mah, lo sai, a me loro piacciono. Certo, ascolto cose più di nicchia e intellettuali, io, ma riconosco che abbiano fatto belle canzoni. Di sicuro hanno saputo rimettersi in gioco in tante occasioni. Poi qui Dave Gahan era drogato marcio, io lo dico sempre che le droghe e l’alcool fanno bene all’arte”.

Il fan abbassa il capo e ne approfitta per skippare alla canzone successiva, ovvero “Precious” un bel singolo del 2005. “Ecco, degli ultimi vent'anni, questa è l'unica che mi piace” sentenzia il saputello alternativo. “Sei di bocca buona - lo irride il criticone - un'altra ottantata, la solita elettronica, il solito synth-pop”. Il fan non ci sta: “Eh ma che palle, lo vedi che sei limitato? Per te gli anni ‘80 son tutti uguali. Che sia Sade o Billy Idol o i Pet Shop Boys, cose completamente diverse tra loro, invece per te è tutto uno schifo, indistintamente. Come puoi dire che la loro musica è tutta uguale? E' impossibile pensare che quelli di “Personal Jesus” oppure “I Feel You” siano gli stessi autori di brani come "Just Can't Get Enough". Sono pezzi lontani anni luce tra loro. Alla spudorata spensieratezza degli esordi, col tempo è subentrata una visione più dark e pessimistica, lo vedi anche dai testi, in bilico tra sacro e profano”. “Ma figurati se perdo pure del tempo a leggermi i loro testi”, mugugna il criticone. Stavolta il saputello alternativo è dalla parte del fan: “Beh, ha ragione. Pensa alla voce calda di Gahan che con gli anni si fa sempre più cupa. Dalla musica da discoteca con ritornelli killer sono passati a un equilibrio perfetto in cui strumenti suonati ed elettronica convivono pacificamente. Perfino Johnny Cash ha reinterpretato un loro brano! E poi pensa anche alla cura dell'immagine, con quei videoclip suggestivi in bianco e nero grazie alla mano del regista Anton Corbjin”.

L'irrefrenabile fan prende il coraggio a due mani e ci riprova: “E questo capolavoro?”, mettendo a tutto volume la hit del 1987 “Never Let Me Down Again”. Stavolta il saputello dai gusti alternativi anticipa tutti: “Sentite, non sopporto quelli che cambiano canzone ogni dieci secondi. Tenetene una fino in fondo, per favore!". “E’ che ne hanno fatte talmente tante belle...”, fa presente il fan. “Se lo dici tu... - lo sbeffeggia il criticone - Questa è robetta da latte alle ginocchia che mi ricorda quando ero ragazzino. Alle medie mi piaceva, certo, poi per fortuna sono cresciuto”. “Intanto dopo quarant'anni di onorata carriera, i Depeche Mode sono ancora in pista. E dire che il loro nome significa "moda passeggera"”, il saputello alternativo cerca di dar man forte al povero fan la cui espressione tradisce un po' di scoramento.

Il fan quindi rinvigorisce e irrompe nuovamente: “I Depeche sono una delle poche rock-band rimaste. Sì, ho detto rock. Riempiono ancora gli stadi. E pensare che per te dovrebbero essere la band-simbolo di un genere musicale e di un decennio effimeri. Anzi, nel tempo hanno attirato sempre nuove generazioni di fan, non come le tue band anni '60 che ascolta mio nonno”. Il fan si è fatto sentire, si è liberato, adesso sembra soddisfatto, si sente bene. Il criticone lo guarda e gli sorride, in un misto di compassione e affetto. Il saputello, beh, lui per tutto il viaggio è rimasto seduto sul sedile posteriore a leggere la biografia di qualche band alternativa dell'Est Europa, di quelle col nome scritto in cirillico, che ancora suonano i primi demo in garage. Intanto l’automobile è giunta quasi a destinazione, dal finestrino comincia a intravedersi la sagoma dello stadio Olimpico, tra poco il concerto inizierà e i tre saranno in mezzo alla folla, chi con più entusiasmo, chi meno coinvolto. Ognuno rimarrà del proprio parere, com'è normale che sia. Con un velo di amarezza per non essere riuscito nemmeno stavolta a far ricredere l'amico, ma anche con la profonda convinzione che i propri gusti siano meglio di quelli dell'altro. E' anche questo il bello della musica, no?

A questo link è possibile ascoltare la puntata del podcast

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