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Lunedì, 29 Aprile 2024
Suono ma nessuno apre

Suono ma nessuno apre

A cura di Matteo Fabbri

'Un sabato italiano' di Sergio Caputo compie 40 anni: ma non paragonatelo a Buscaglione

Pubblicato nel 1983, si rivela ancora oggi un lavoro ricco di perle godibilissime che, tra l’altro, potrete avere occasione di risentire anche in versione live, dato che il buon Sergio ha recentemente intrapreso un piccolo tour per riproporre i fasti di quell’album

Quando ci si riferisce al termine “cantautori”, lo si fa quasi sempre in relazione a quelli degli anni ‘70, soprattutto i più impegnati, snobbando tanti grandi nomi che hanno cercato di portare avanti una loro idea originale di cantautorato anche nei decenni successivi. I vituperati "eighties", ad esempio, hanno visto esplodere figure incredibili sia dal punto di vista qualitativo, sia a livello di popolarità. Tra i tanti, mi vengono in mente Luca Carboni, Mango, Zucchero, Gianna Nannini, Enrico Ruggeri, Pino Daniele e Vasco (qualcuno di questi ha esordito nel decennio precedente ma vissuto la vera affermazione a partire dagli anni ‘80). Artisti diversi, insomma, ognuno col suo stile, una personalità ben definita, e la propria unicità.

Uno dei volti più singolari di questa lista festeggia proprio in questi mesi il quarantennale dal suo “disco-simbolo”: si tratta di Sergio Caputo con “Un Sabato Italiano”. Pubblicato nel 1983, si rivela ancora oggi un lavoro ricco di perle godibilissime che, tra l’altro, potrete avere occasione di risentire anche in versione live, dato che il buon Sergio ha recentemente intrapreso un piccolo tour per riproporre i fasti di quell’album. Partito ad Aprile con date a Milano e Roma, proseguirà nei prossimi mesi fino a sbarcare anche qui vicino a noi, al “Teatro Duse” di Bologna.

A questo link è possibile ascoltare il podcast Suono ma nessuno apre

Prima l’ho chiamato “singolare” perché Caputo è esattamente così: può non piacere, certo, ma è innegabile la peculiarità della sua proposta musicale, soprattutto se rapportata a ciò che gli gravitava intorno nello stesso frangente. Mentre i suoi coevi guardavano al futuro tramite le novità elettroniche, lui volgeva lo sguardo indietro, facendosi influenzare dal jazz ma anche dallo swing “alcolico” di Fred Buscaglione, che riprendeva in vari tratti della sua poetica, come ad esempio i night club e tutta l’attitudine da cantante “viveur”. Non diteglielo però. Questo paragone gli fa storcere il naso perché fuorviante e riduttivo. Laddove, infatti, Fred giocava a fare una macchietta italiana del gangster americano, Caputo rifiutava l’immaginario “gangster, pallottole e pupe”, preferendo invece raccontare storie reali e spesso tormentate, in forma non così caricaturale (e qui capisco il suo mancato gradimento all’accostamento con Buscaglione).

Insomma, anche se i suoi principali riferimenti sono altrove, qualche assonanza tra i due c’è. Ma nella sua musica ci puoi trovare davvero di tutto: dall’amore per il jazz, di cui abbiamo detto, fino alla passione per gli Steely Dan (coi quali condivide una cura maniacale dei suoni). Finanche a un pizzico di Joe Jackson nelle influenze latine, le stesse che rimandano alle atmosfere leggere che caratterizzeranno i Matt Bianco. Insomma, è un personaggio veramente poliedrico e difficile da inquadrare, se non semplicemente come pop d’eccellenza.

Il buon Sergio riesce a incastrare testi ricercati e ironici, prendendo in prestito il linguaggio pubblicitario dell’epoca e modellandolo per creare dei quadretti divertenti e suggestivi. La musicalità delle sue canzoni non proveniva solo dagli strumenti, ma anche dalla metrica: i versi erano ridondanti di parole, e cantarli è sempre una sfida molto divertente. Da sottolineare anche le metafore con cui li infarciva, che nascondevano molta profondità. Tutto questo lo rende un musicista atipico e fieramente fuori dagli schemi sentimental-melodici italiani.

Che altro dire? “Un Sabato Italiano” compie quarant’anni e già all’epoca guardava al passato, eppure suona ancora fresco oggi: gemme swing-pop, con venature jazzate e arrangiamenti misurati, per un disco che è un piccolo monumento, più caleidoscopico di quanto si creda…

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