Marendon (LpRa): "Ottobre del porto come Caporetto"
Perché i potenti di questa città continuano a parlarci del porto sempre al futuro, spesso neanche prossimo, supposto luminoso (un contratto da 235 milioni per cominciare a scavarne i fondali, un bando di gara per cominciare a farci qualche manutenzione, investimenti “in favore di un rafforzamento dello scalo merci ferroviario”, impegni per “lo sviluppo sia della logistica che delle infrastrutture terminalistiche”, 400 universitari che “accompagneranno imprese ed economia ravennate verso un porto che sia di tutta l’Emilia Romagna”, ecc.)? Perché addirittura ce ne magnificano uno inverosimile (il canale portuale a -14,5 metri, un nuovo terminal container da 500 mila teu, una Nuova Romea “che migliorerà l’assetto infrastrutturale del nostro porto”, ecc)? Perché invece glissano sulla catastrofe verso cui stanno conducendo il porto di adesso? Marzo 2020: -30,43% di merci movimentate e -17,26% di container. Giugno 2020: rispettivamente -25,73 e -15,61%. Ottobre 2020: -16,73% e -9,56%. Rispetto al 2019 abbiamo perso finora 3 milioni e 600 mila tonnellate di merci e 21 mila 747 container. Ottobre 2020 del porto di Ravenna come la Caporetto italiana dell’ottobre 2017? Forse sì, giacché c’è poco o niente da sperare anche per novembre e dicembre. I primi mesi del 2021 saranno un’ecatombe per molte attività d’impresa o professionali. Ditte che esistono da oltre quarant’anni chiuderanno per sempre. Centinaia di lavoratori a casa o a riposo forzato. Che iniziative hanno assunto per tutto l’anno i potenti di questa città perché il porto, con le sue aziende e i suoi lavoratori, risalisse almeno a galla? Che risposta hanno dato agli allarmi, alle invocazioni e alle proposte non solo di Lista per Ravenna, ma di chi nel porto ci lavora e del porto ci vive non da parassita, affinché si pensasse piuttosto al vero reale problema del suo resistere e risollevarsi dalla crisi, che è la perdita di competitività coi porti concorrenti? Che risposta alla richiesta di provvedimenti concreti atti a restituirgli efficienza e convenienza, anche utilizzando il monte di miliardi che il nostro Paese destina (o dovrebbe destinare) alla ripresa dell’economia dall’emergenza Covid? Nessuna. Nemmeno la costituzione di tavoli tecnici anticrisi sollecitata dai sindacati e dagli operatori portuali, laddove un tavolo di confronto non è mai stato negato a nessuno. Solo distrazioni di massa con favole a lieto fine, ma pur sempre favole. Hanno ancora pochi mesi per scongiurare il certificato di morte. Il 31 marzo scade definitivamente (dicono i loro correi da Roma) il divieto di licenziamento. Battano almeno un colpo. Dopo Caporetto, furono nuovi politici e nuovi generali, al posto di quelli che avevano perfino occultato i dati e le cause della disfatta, a vincere la guerra. Gli insegnamenti della storia servono al caso?
Maurizio Marendon, responsabile di Lista per Ravenna per il Porto