La lettera del consiglio territoriale Darsena: "Serve riforma del regolamento per lavorare in sintonia"
Le circoscrizioni (ora consigli territoriali) rappresentano una delle più risalenti espressioni dell’autonomia normativa comunale, a partire dalle prime esperienze spontanee fino al primo intervento del legislatore che risale addirittura al 1976. Negli anni si sono susseguiti interventi legislativi che hanno condotto al testo unico degli enti locali che, dal 2000, definisce il quadro normativo in merito e costituisce tuttora la disciplina di riferimento. In esso si rimette ai Comuni ampia autonomia, sia per quanto concerne l’articolazione degli organismi circoscrizionali, sia con riguardo alla relativa organizzazione e alle funzioni, consolidandone la duplice inclinazione alla consultazione e alla partecipazione civica da un lato, all’amministrazione attiva di servizi dall’altro.
La legge finanziaria del 2010 purtroppo, in pieno periodo di crisi, ha però previsto la radicale soppressione delle circoscrizioni per i comuni con popolazione fino a 250.000 abitanti, un ripensamento che ha preso le mosse dalla constatazione di alcune criticità merse fin dall’origine ed assunte nel tempo a problemi strutturali. Ravenna dal 2012 ha introdotto nel rispetto dei limiti dettati dalla legislazione vigente, una soluzione di compromesso introducendo il regolamento di funzionamento dei consigli territoriali ma il confinamento dell’azione del Consiglio e del Presidente alle funzioni di indirizzo politico, associato alla scarsa influenza dei pareri emessi sulle decisioni degli organi comunali, ha determinato una carenza di potere effettivo in capo ai medesimi: l’attività dei Consiglieri e dello stesso Presidente è andata via via (non solo a Ravenna) sempre più ad esaurirsi nel recepimento di criticità ovvero nell’elaborazione di proposte, dove però sono sempre altri i soggetti demandati a risolvere tali criticità o ad accoglierle.
Ne è conseguita una limitazione dei margini politici di manovra che si è riflettuta nella qualità del rapporto con la popolazione, se non negli stessi presupposti del mandato fiduciario di rappresentanza suggellato dalla norma legislativa. L’invito che facciamo è allora di mettere in atto un percorso di ripensamento profondo del processo di partecipazione dei cittadini, considerando che spetta comunque all’amministrazione comunale, nei processi di decentramento, la valutazione delle implicazioni economiche, tramite un’analisi sulle scale ottimali di produzione dei diversi servizi di base e la successiva ricerca di soluzioni tecnico-organizzative che risultino più adeguate per fronteggiare i problemi di efficienza ed economicità.
Tale studio di fattibilità non prevarica la fondamentale scelta politica cui il decentramento inerisce e, dunque, non serve necessariamente per decidere se applicare o meno quest’ultimo, ma rimane estremamente utile per individuare le scelte più adeguate sul piano organizzativo e funzionale. Non è un obbligo, in sostanza, applicare meccanismi come quello in vigore oggi a Ravenna, che prevedano scelte ed implicazioni politiche nell’elezione dei consigli territoriali, occorre forse invece sganciarsi proprio da tali logiche vecchie ed ormai superate dai fatti, per ripensare l’intero sistema. Se la soppressione delle circoscrizioni nei Comuni come il nostro ha impresso un drastico ridimensionamento agli organismi di decentramento, nondimeno la dimensione di quartiere resta infatti un tassello chiave per il governo delle città, per via della sua peculiare rilevanza come snodo di aggregazione e di interazione con l’amministrazione.
Essa rappresenta l’ambito ideale di prossimità, in cui implementare i processi di rigenerazione degli spazi pubblici, declinare politiche di inclusione sociale e avvicinare l’amministrazione alla cittadinanza, attraverso nuovi meccanismi di dialogo e collaborazione. Ma non si deve aver paura di fare scelte anche coraggiose che vadano in questa direzione, a costo di sacrificare meccanismi ed equilibri esistenti carichi unicamente di significato politico ideologico e di assurda quanto limitata distribuzione di potere e poltrone, nella loro più bassa eccezione.
La distanza fra le decisioni che consiglio comunale e soprattutto giunta assumono va rigorosamente ridotta, senza vergognarsi di guardare (solo per valutarne e nel caso adottare anche parzialmente gli aspetti di successo) a casi come quello del Comune di Piacenza, dove da un lato si sono introdotti momenti di interazione tra i cittadini e l’amministrazione per le decisioni più importanti assunte dalla Giunta (scanditi da fasi di informazione, consultazione e monitoraggio), mentre dall’altro si costituiscono di volta in volta consulte comunali quali «incubatori di cittadinanza attiva», divise non più e non solo su base territoriale bensì tematica.
O ancora la soluzione ibrida assunta dal Comune di Imola, con l’istituzione di forum consultivi su base territoriale, volti a promuovere la partecipazione dei cittadini alle scelte dell’amministrazione comunale scanditi da un’assemblea, aperta a tutti i cittadini residenti, e da un Consiglio elettivo, eletto a suffragio diretto sulla base di candidature individuali. O ancora si guardi alla scelta, operata a Bologna, di fare dei quartieri un luogo di incubazione e declinazione di forme di democrazia deliberativa, sia come cittadinanza attiva sia come occasioni di co- decisione una soluzione che, nel lungo periodo, potrebbe rivelarsi strategica, facendo della prossimità un punto di forza e rendendo le circoscrizioni il mezzo per riavvicinare concretamente i cittadini all’amministrazione, alla politica nel territorio, alla cura della cosa pubblica.
Riprendete dunque con coraggio ed immediatezza il processo di riforma del regolamento dei consigli territoriali con la convocazione della commissione consigliare che lavori in sintonia e con celerità, per accompagnare questa città ad una fase nuova del decentramento, scevra da qualsiasi forma di ingerenza politica prima della prossima tornata elettorale per restituire alla città un regolamento in cui le scelte poste in atto siano un atto di coraggio verso quel sistema di partecipazione “vera” del quale il nostro mondo, cosi apparentemente distante dalle scelte amministrative, ha invece tanta sete.
Nicola Grandi – presidente consiglio territoriale Darsena