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Suono ma nessuno apre

Suono ma nessuno apre

A cura di Matteo Fabbri

Omar Pedrini in concerto: "Viaggio senza vento mi ha salvato la vita". E annuncia l'uscita di un fumetto su Joe

In occasione del concerto che terrà al “Finisterre Beach” durante la serata del 15 agosto, organizzato da Relive Eventi, ho avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con un pioniere della scena rock italiana come Omar Pedrini

In occasione del concerto che terrà al “Finisterre Beach” durante la serata del 15 agosto, organizzato da Relive Eventi, ho avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con un pioniere della scena rock italiana come Omar Pedrini.

Ciao Omar, grazie per la disponibilità. Dunque, il tuo tour si chiama “Dai Timoria ad oggi”. Ecco, partiamo proprio dagli inizi con la band: tu come ti poni nei confronti dei tuoi lavori passati? Cioè come li vedi con gli occhi attuali? Credi siano invecchiati bene quei dischi o ci trovi una certa ingenuità di fondo che però li rende più sinceri? Sembra una domanda banale però, sai, ci sono molti artisti che quando si guardano indietro tendono a rinnegare alcune cose.

Quando vedi le cose a distanza di tempo, capisci il bene e il male nella vita, ma anche nell’arte. Ho già trent’anni di carriera alle spalle e mi rendo conto che ho visto passare e sparire una marea di artisti. Alcuni definiti il “nuovo Vasco”, “nuovo Jim Morrison”, “nuovo Tenco”. Nel nostro lavoro non è difficile avere il successo di un anno o di una stagione: può capitare di imbroccare una canzone. Resistere è la cosa più complicata. Molti artisti recenti sono già spariti. Invece io, Morgan (pur con le sue pazzie), Godano e Agnelli siamo ancora in giro. Questo forse perché per uscire negli anni ‘90 non bastava essere bravi ma dovevi anche essere impegnato. Erano tempi difficili e se non avevi spessore non venivi fuori. Per questo c’era una qualità altissima. Quindi ho un grande rispetto per i miei quindici anni coi Timoria, in cui ho pubblicato tanti album con canzoni scritte per il 95% da me. Quei lavori sono tutti figli miei e non potrei mai staccarmene. Dopo lo scioglimento non ti nego di aver avuto un periodo in cui ci ho sofferto e magari non cantavo tutti quei brani; ma ormai da qualche anno ho ripreso tutto il mio repertorio.

Nel corso del tempo ho notato l’affetto incredibile che vi circonda. Siete riusciti a entrare nel cuore della gioventù anni ‘90. “Viaggio Senza Vento”, in particolare, è stato un concept generazionale, molto sentito. Ricordo che tanti amici lo ascoltavano in loop e si identificavano nella vostra musica. Quell’album è stato una mezza rivoluzione e portò molte persone ad ascoltare certe realtà nazionali. E’ un disco di grande maturità: penso che se lo avesse pubblicato una band anglosassone ci sarebbe stato un profluvio di lodi sperticate da ogni parte.

Tre anni fa c’è stata la mancata reunion dei Timoria. Avevo provato a rimetterci insieme in occasione del venticinquennale di “Viaggio Senza Vento”, ma purtroppo mi sono dovuto arrendere. Ho capito che ognuno aveva i suoi impegni. Così ho deciso comunque di partire lo stesso, da solo, per fare una tournée in cui celebrare quel disco. Perché se lo meritava. Ho iniziato con otto date e, caspita, nel giro di poco tempo sono diventate cinquanta. Sotto al palco ho ritrovato tutto il pubblico del passato (li riconosco dalle capigliature grigie, come la mia) ma anche un buon 20-30% di giovani curiosi. Lì ho capito che “Viaggio Senza Vento” è un disco che ha resistito. Dopo il tour la Universal ne ha fatto un disco dal vivo e io mi sono trovato al quarto posto dei vinili e all’ottavo tra i CD. Per cui mi son detto: ho la certezza che quella musica in qualche modo sia rimasta. E quando leggo giornalisti che lo ricordano mi fa sempre piacere. Sono sicuro che anche a Ravenna, provincia in cui ho tantissimi ricordi, quando farò quelle canzoni la gente le canterà ancora. Penso che la gioia di un artista sia proprio questa: rimanere nel cuore delle persone. Questa è la mia personale soddisfazione. Con la parola “successo” io intendo proprio questo: resistere, creare una mia nicchia e un mio stile riconoscibile.

Trovo che come Timoria abbiate saputo rappresentare bene tante sfaccettature. Coi primi tre dischi eravate abbastanza pop-rock (stile Smiths e REM). Con “Viaggio Senza Vento” avete invece indurito il vostro suono, che poi addirittura in “2020 Speedball” sfiora il metal. Poi arriva l’ultimo album con Renga alla voce, “Eta Beta”, più sperimentale e ricercato. E poco dopo esce "El Topo Grand Hotel", che ottiene grande riscontro commerciale. Insomma, eravate molto eclettici e avete saputo esplorare vari territori, sempre ovviamente sotto il segno del Rock.

Quando ero giovane e mi chiedevano “Che genere fate?”, io rispondevo in maniera un po’ presuntuosa: “I Timoria verranno ricordati per non avere un genere”. In effetti esploravamo il rock in tutte le sue forme: da Neil Young agli AC/DC ai Nirvana. Questo perché gli anni ‘90 furono un periodo in cui si contaminava tutto. Tu, Matteo, sei bravo perché hai citato due delle band a cui ci ispiravamo agli inizi: Smiths e REM. Ci piacevano perché usavano la chitarra in un’epoca in cui questa non era più in primo piano. Poi andando avanti il nostro gusto si è spostato verso l’hard rock, poi verso il metal grazie a Diego e Illorca (batterista e bassista, ndr) che erano le due anime un po’ più dure del gruppo. Negli anni ‘90 dicevano tutti che eravamo il più importante gruppo grunge italiano, e che somigliavamo a Soundgarden e Pearl Jam. Era il periodo in cui era uscita quella parola “crossover” che secondo me ci identificava bene perché a me è sempre piaciuto mescolare. Avevamo anche una componente funk, ad esempio. E poi non dimenticare che io, da pazzo quale ero, chiamavo spesso dei rapper nei miei dischi. Sai perché? Perché c’era la faida: o eri rockettaro o eri rapper. Ci si odiava. E invece io mi ricordavo di “Walk This Way”, il pezzo degli Aerosmith assieme ai Run DMC, e da lì ho pensato: non è vero che rap e rock sono così lontani. Così ho chiamato i 99 Posse, gli Articolo 31, poi recentemente Dargen D’Amico e Ensi. Insomma, la mia mente è sempre aperta a tutti i generi. Per me semplicemente c’è buona musica e brutta musica.

Secondo me avevate una marcia in più anche per via dello spessore poetico che si respirava nella vostra musica. In generale, ti trovo un autore abbastanza sottovalutato. Cioè hai una cultura e una sensibilità artistica sopra la media, con cui sei riuscito a creare testi importanti, cercando sempre di infilare un po’ di letteratura. Non sei “solo” il classico rocker trasgressivo.

Ricordi che Morrissey mescolava Keats, Yeats e il suo amato Oscar Wilde nelle canzoni degli Smiths? Ecco, io sono un po’ figlio di quelle cose lì. Mi piaceva e mi piace tuttora quando dei ragazzi mi dicono “Ho scoperto Pasolini grazie alla tua canzone”. L’anno scorso, per esempio, la “Associazione Italiana Lettori” mi ha addirittura conferito un premio. Di solito lo danno agli scrittori, ma io non lo sono. E la motivazione è stata “per lo stimolo dato alla lettura con le sue canzoni”. Sul fatto, invece, che io sia “sottovalutato”, lo penso anche io perché a volte vedo colleghi andare più forte di me e mi chiedo il perché. Io credo che la risposta sia nel fatto che io sono un “cane sciolto” (come il titolo della mia autobiografia) perché non ho mai avuto grandi manager che mi spingessero o grossi budget per i miei dischi. Come diceva Michael Stipe dei REM: “Io mi ritengo il più alto dei nani o il più piccolo dei giganti”. Mi sento un po’ così e questo da un lato mi dispiace perché magari mi vengono preclusi grandi palcoscenici, ma allo stesso tempo ho l’orgoglio di essermi creato la mia strada. Io posso anche non farmi pubblicità, ma mi vedrai sempre apparire in classifica coi miei nuovi dischi perché ho il mio pubblico che va a comprarli. Aggiungo che non ho mai fatto politica: io sono un anarchico e non ho mai detto “vota questo” o “vota quello”. Se ti schieri, è più facile. Mentre se sei un anarchico non interessi né alla sinistra né alla destra perché non porti voti. Spero che quando un giorno non ci sarò più diranno di me “è stato un artista libero”.

Come sarà strutturato il live che terrai a Ferragosto qui a Marina di Ravenna al “Finisterre Beach”? Sarà in ordine cronologico? Avrà sempre una parte di storytelling?

Il titolo “Dai Timoria a oggi” fa capire che è un concerto antologico e che quindi pesco sia dalle canzoni di una volta sia da quelle recenti. E non mancherà qualche cover degli artisti che mi hanno maggiormente influenzato perché mi piace poter anche stravolgere la scaletta. Quando sono con la band è una cosa, quando invece sono in questa situazione più intima del trio elettroacustico c’è più spazio anche per le chiacchiere, per il “teatro-canzone”, come lo definiscono. Negli acustici hai proprio la gente lì davanti e diventa una cosa più famigliare. A me piace pensarla come una festa tra amici che mi vengono a trovare e dove cantiamo tutti insieme.

Concludo con due domande di un paio di amici e conoscenti che, quando hanno saputo che ti avrei intervistato, hanno voluto chiederti qualcosa.

Grazie, vedi: questo è l’amore che mi ripaga del lavoro e di cui ti parlavo all’inizio.

Mattia e Ruggero ti chiedono una cosa molto particolare: “Nel 2023 saranno passati trent’anni dal viaggio intrapreso da Joe, che lo porta a essere un guerriero pronto ad affrontare la vita col giusto spirito. Trent’anni dopo ti chiediamo: se non avessi dato spazio a quei concetti attraverso il concept ‘Viaggio Senza Vento’, chi sarebbe oggi Joe? Ce l’avrebbe fatta lo stesso?” (l’album “Viaggio Senza Vento” è un concept che parla di Joe Pedrini che abbandona la sua vita alla ricerca di sé stesso e alla fine si ritrova, ndr).

Probabilmente Joe non ci sarebbe più: sarebbe stato sconfitto dai suoi nemici, dai suoi fantasmi e dalla società che non accettava la sua apertura mentale. Grazie alla spiritualità e all’Oriente, capisce che il guerriero più forte è quello che vince senza combattere. Nel ‘93 nasceva mio figlio, Pablo. Io avevo 24-25 anni ed entro in crisi perché avevo bisogno io di mio padre, ero io che stavo morendo e mi stavo distruggendo. Nel diventare papà qualcosa in me si è acceso e ho detto “devo per forza farcela per questo bambino”. Ecco che lì è iniziata la mia crisi, il mio struggimento, iniziare a pensare che quello che facevo poteva far male a mio figlio. E allora grazie alla filosofia orientale sono rinato. Centinaia di ragazzi nel corso degli anni mi hanno scritto che “Viaggio Senza Vento” ha salvato loro la vita. Tanti non sanno che il primo a essere stato salvato sono proprio io.

Simone, infine, ti fa questa domanda: “‘El Topo Grand Hotel’ è il vostro album che preferisco ma è stato un canto del cigno. Vorrei capire come mai invece che essere una ripartenza, dopo l’abbandono di Renga, è stato quasi un punto d’arrivo”.

Simone evidentemente è un tipo molto sensibile e ha ragione in ciò che dice. Tra l’altro “El Topo” è il proseguimento e la fine di “Viaggio Senza Vento” col quale crea un ponte. E’ stato bellissimo ma è stato, appunto, il canto del cigno dei Timoria: disco d’oro, il singolo “Sole Spento” che spopola e il video che diventa il più trasmesso da MTV. Tutti pensavano che senza la voce così importante di Francesco Renga saremmo finiti. Invece io dissi “andiamo avanti come una band della west coast californiana: cantiamo un po’ tutti, siamo in tanti sul palco”. Dopo quel disco, però, sono esplosi dei problemi interni. Se quando andò via Francesco rimanemmo tutti coesi, successivamente invece purtroppo tutto crollò per vari motivi. E la partecipazione a Sanremo fu il funerale dei Timoria. Quel successo ci aveva dato un po’ alla testa: avevamo iniziato a non andare d’accordo tra noi, c’erano gusti e idee musicali diverse, ecc... Allora ci siamo detti: “Prima di litigare, prendiamoci una pausa di cinque anni”. Così facendo siamo riusciti a non litigare e a mantenere viva la stima reciproca, che mi aveva fatto sperare di fare il venticinquennale tutti insieme. Purtroppo non è andata così, però il pubblico ha amato lo stesso la mia iniziativa e devo dire che questo mi ha dato una bella spinta. Non ci riproveremo più: il momento magico era quello. Però ti spoilero una cosa: uscirà un fumetto con la storia di Joe, quindi anche il trentennale verrà celebrato in qualche modo. Praticamente adesso manca solo un film o un musical.

Più parlo con te più capisco che siete stati pionieristici sotto vari aspetti. Se negli anni ’90 anche in Italia c’è stata una scena rock, in parte lo dobbiamo a voi: prima di “Viaggio Senza Vento” i discografici non erano attratti da gruppi rock italiani, perché non generavano guadagni.

Nella mia vita ho fatto il musicista e ho la fortuna di vivere con la musica. Ma il mio successo è vedere che le mie e nostre intuizioni sono sempre state in qualche modo un buttare giù dei muri e aprire delle porte. Probabilmente quello è il mio ruolo e il mio destino artistico. E mi fa piacere che me lo riconoscano. Però, ecco, forse non abbiamo "bazzicato" i piani alti del business (ride, ndr).

A questo link è possibile ascoltare il podcast Suono ma nessuno apre

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