Dal conformismo al consumismo: vanno in scena gli "Ignavi" di Nevio Spadoni
Debutta sabato 18 dicembre alle ore 21,00 al Teatro Alighieri lo spettacolo "Ignavi", scritto dal drammaturgo Nevio Spadoni e prodotto da Capit Ravenna con la regia di Alessandro Braga. Uno spettacolo realizzato all’interno dell'ambito locale: oltre a Nevio Spadoni, autore del testo, e il regista Braga, anche la giovane Nicoletta Fenati che ha composto le musiche originali. Sul palco ci saranno poi gli attori de Il Piccolo Teatro Città di Ravenna, accompagnati dalle musiche del Coro della Cappella musicale di San Francesco diretto da Giuliano Amadei e dell’Ensemble Mosaici Sonori diretto dal Luigi Lidonnici. Ha collaborato allo spettacolo anche l’Accademia di Belle Arti di Ravenna per le scenografie e le elaborazioni pittoriche, fotografiche e digitali. Biglietti da 15 a 20 euro.
L'allestimento è calato in un contemporaneo non naturalistico, con gli ignavi e Dante sullo sfondo prima di un’onirica selva poi di una città-mondo dilaniata dalle contraddizioni del presente e del futuro e da una coralità afflitta da pigrizia sociale, che non guarda oltre il proprio passo. Uno specchio, oggetto-ponte fra realtà e fantasia, diventa uno strumento di conoscenza o di punizione, riflette tra le proprie schegge un’immagine simile a quel che siamo a sottolineare che, pur sapendo che la vita si risolve in un passaggio fugace, l'uomo opera ancora per non far nulla, per sè e per gli atri. La rappresentazione si avvale di una partitura musicale e sonora che si adatta alle parole dell’autore, immergendo gli spettatori in un’atmosfera degna dell’intreccio narrativo che caratterizza il poema stesso, sottolineata da una visionaria scenografia sempre più invasa dalla luce, man mano che si arriva alla fine del viaggio. Un viaggio che si interroga sulla tradizione nel tentativo di rinnovarla, alla ricerca di un teatro popolare antico ma attuale, ironico e amaro, aulico e quotidiano.
"La scelta degli ignavi per questo lavoro teatrale è stata accuratamente meditata - afferma Spadoni - Dante li colloca nell’antinferno tra il fiume Acheronte e la porta di accesso al mondo degli inferi, perché vissero “sanza infamia e sanza lode”, quindi non meritevoli del Paradiso e rifiutati persino dall’Inferno. La figura di Celestino V “Colui che fece per viltà il gran rifiuto” è emblematica di tutti coloro, anche nella realtà odierna, che rifuggono dalle responsabilità. Molti, o troppi sono questi pigri, senza forza di volontà, presi nel vortice della paura, che trascinano un’esistenza vuota e senza senso, seguendo la corrente delle mode, del “si dice”. Si tratta di quella massa anonima di conformisti, di vittime del consumismo più sfrenato e dell’edonismo, indifferenti alla gestione della vita pubblica, chiusi nel proprio egoismo e tornaconto. L’universalità di Dante Poeta è data pertanto dall’attualità, dopo settecento anni del suo messaggio, di un monito civile e morale atto a scuotere le coscienze dei popoli. Con l’uso del dialetto accanto alla lingua italiana, ho inteso marcare l’importanza che ha avuto per Dante l’essere gradito ospite nella nostra Ravenna, impiegando il volgare come lingua della Sua Commedia".