I barbari e Polifemo all'Antico porto di Classe
Chi sono oggi i “primitivi", i "barbari”? Sono così diversi da noi coloro che arrivano da fuori e parlano altre lingue? Ecco le domande sottese alla nuova lettura dell’unico dramma satiresco a noi giunto per intero, messo in scena venerdì 7 e sabato 8 luglio alle 19 da Teatro dei Due Mari e Daf-Teatro dell’Esatta Fantasia, per la regia di Angelo Campolo, nell’Antico Porto di Classe (a cui approdava chi veniva da fuori).
Il Ciclope è un allegorico e divertente spettacolo che vede protagonista Edoardo Siravo (Ciclope), con a fianco Giovanni Moschella (Sileno) e Eugenio Papalia (Ulisse), e un coro di satiri danzanti, che ragiona sull’archetipo selvaggio del ciclope (raccontato da Omero nel IX libro dell’Odissea e dal dramma satiresco di Euripide), il quale, in riconoscenza al tentativo razionalistico di Ulisse di insegnargli le leggi non scritte e i valori dell’ospitalità (sancita in Omero come fondamento della civiltà greca, poi europea), gli concede il privilegio di essere sbranato per ultimo.
In Euripide il selvaggio ciclope è consapevole di sé e alla lezione di “civiltà” impartitagli dall’eroe di Itaca risponde con la sua personale filosofia: “Il denaro è il dio dei saggi. Tutto il resto sono chiacchiere e belle parole. Mangiare e bere giorno per giorno: questo è il mio sommo dio”. Ora che i miti sono caduti, il “barbaro” sembra una figura degenerata della civiltà occidentale, lo specchio deformante di un sistema di valori che sta cadendo a pezzi. In un clima spaventoso, divertente e tragicomico, lo spettacolo di Angelo Campolo chiarisce che non ci sono più mostri, ma solo umani che fanno i conti con il proprio egoismo, le proprie paure, le debolezze e i desideri. “Lontano da un approccio ‘pietistico’” spiega il regista “men che meno tragico, o dalla tentazione di operare una facile ‘attualizzazione’ del testo, credo che l’irriverenza e la forza archetipica dell’opera di Euripide possano trovare un canale di comunicazione diretto con la nostra contemporaneità”. Angelo Campolo non indugia sullo stereotipo della contrapposizione tra barbarie e civiltà, da cui si presume che la civiltà debba uscire vittoriosa, ma riflette su come il ciclope possa essere in grado di rispondere a Ulisse con una propria visione della vita non necessariamente perdente, sebbene espressione degenerata di un allievo della sofistica che contrappone ai bisogni dello straniero la propria cecità egoistica. “Unico dramma satiresco a noi giunto per intero”, dichiara infatti il regista “l’opera di Euripide ‘gioca’ con un pubblico abituato, come noi, a vedere in Polifemo una creatura mostruosa e bestiale, come la tradizione omerica insegna. L’orco, il cannibale con un solo occhio, incontra tra i crateri dell’Etna l’astuzia e il coraggio di Ulisse che gli saranno fatali. Ma nella versione di Euripide questo pregiudizio viene disinnescato e Polifemo appare sì come creatura selvaggia, ma perfettamente consapevole della sua condizione”.
Il dramma satiresco di Euripide è messo in scena nella traduzione di Filippo Amoroso e con le musiche di Marco Betta, eseguite dal vivo dal violinista Francesco La Bruna. Le scene sono di Giulia Drogo, nata a Messina nel 1983, come il regista, con il quale collabora da tempo per gli spettacoli di Daf - Teatro dell'esatta fantasia. Il coro dei satiri è composto da Francesco Natoli, Michele Falica, Patrizia Ajello, Tony Scarfì. Sarah Lanza cura i movimenti scenici, Giovanni Puliafito il sound design, mentre Simone Corso è assistente alla regia.
In collaborazione la Fondazione RavennAntica in occasione degli spettacoli di Ravenna Festival è possibile prenotare la visita gratuita al sito archeologico dell’Antico Porto: prenotazione obbligatoria tel. 0544 478100. Info Info e prevendite: tel. 0544 249244 – www.ravennafestival.org
Biglietto (posto unico non numerato): 12 euro (10 ridotto).
I giovani al festival’: fino a 18 anni e universitari, 5 euro