Aterballetto apre una finestra sulla danza con William Forsythe e Johan Inger
Sabato 18 gennaio (alle 20.30) e domenica 19 (pomeridiana alle 15.30) la Compagnia Aterballetto irrompe nella Stagione di Danza dell’Alighieri con un dittico internazionale di grandi firme: Workwithinwork e Rain Dogs due lavori che affiancano un maestro assoluto della composizione coreografica come William Forsythe a un coreografo della generazione seguente, il quarantacinquenne svedese Johan Inger, cresciuto sotto la ‘guida’ di personalità come Jiri Kylian e Mats Ek, oggi coreografo associato al Nederlands Dans Theater.
Da un lato Forsythe che sui Duetti per due violini di Berio propone inesauribili variazioni tratte dalla tecnica classica liberando gli interpreti dalle logiche convenzionali, dall’altra Inger che nel suo lavoro racconta la solitudine calandola nella musica di Tom Waits, una serata che sottolinea l’eclettismo della compagnia, da anni interprete prediletta da firme di spicco della coreografia europea. L’intenzione della direttrice artistica della compagnia Cristina Bozzolini è proprio quella di aprire una finestra su ciò che avviene nel teatro di danza oltre i nostri confini, anche per dimostrare l’eterogeneità di una compagnia che può cimentarsi con diversi stili e poetiche che mettano in luce la loro versatilità. Diciotto interpreti che si fanno veicolo delle invenzioni dei due autori, un assieme da osservare anche con sguardi che si soffermano sui singoli danzatori che ne fanno parte: ognuno dotato di un timbro particolare, che aggiunge ‘visioni’.
“È meglio entrare a teatro senza sapere nulla” e uscirne “sapendo ancor meno”; queste enigmatiche affermazioni di Forsythe sembrano essere state pronunciate per ‘preparare’ il pubblico al coinvolgimento sensoriale ed emotivo di Workwithinwork. Una coreografia che ‘richiede’ una disponibilità alla sguardo ma anche all’ascolto dei Duetti per due violino di Luciano Berio, a sua volta una composizione che aspetta un uditore ricettivo ai suoni, alle vibrazioni interiori, alle sorprese. L’intensa creazione che prende le mosse dai Duetti per violino di Luciano Berio, è un lavoro fisico, intellettuale ed emozionale che deve stimolare chi lo affronta tanto quanto colpisce chi lo osserva.
Dentro questa struttura fluida, come è fluido il suono dei violini – ora aspro, ora struggente, ora lirico – i brani coreografici assumono tonalità, coloriture e andamenti che rivelano un’attenzione maniacale al rapporto con la musica e anche una coerenza con l’idea linguistica esplorata dall’autore. Dentro al canone classico di riferimento (esemplificato dalla presenza delle punte, da pose balanchiniane con cui si chiudono le sequenze, da seminali passi accademici), Forsythe opera la rivoluzione: scompone l’assetto fisico, affida nuove dinamiche alle braccia, ora rutilanti, ora saettanti, ora avvolgenti e usa il busto dei suoi danzatori come una curva guizzante e sempre pronta a improvvise rigidità o flessioni. Una destrutturazione che finisce per dare alla coreografia una struttura ieratica, che la eleva dall’aspetto puramente formale e la fa però ricadere sui caratteri, sugli sguardi, i volti, le espressioni ora malinconiche, ora sfrontate, ora distanti degli interpreti.
In Rain Dogs John Inger ci porta invece in un mondo più vicino a noi: uomini e donne in abiti comuni, come comune è il senso di smarrimento che può coglierci mentre, come il povero cane cantato da Tom Waits in una delle belle ballate che fanno da colonna sonora al brano, perdiamo l’orientamento e rischiamo di restare soli e perduti tra la pioggia. Tra nuvole che vagano, nebbia che avvolge, gocce che scendono i nove “cani sciolti” si inseguono, combattono, seducono, scherzano: il tutto attraverso una coreografia di passi essenziale, asciutta, lineare e chiarissima che non ricorre ad effettismi, ma si affida alla bellezza del movimento puro per andare al nocciolo delle situazioni, delineate da Inger con grazia sapiente e quel tocco di nordico humour dal sapore surreale, che però si adatta benissimo anche a queste latitudini.
Aterballetto, compagnia nata nel 1979 e preceduta dall’esperienza della Compagnia di Balletto dei Teatri dell’Emilia Romagna diretta da Vittorio Biagi, è formata da danzatori solisti in grado di affrontare tutti gli stili. Dopo Amedeo Amodio, che l’ha diretta per quasi 18 anni, dal 1997 al 2007 la direzione artistica è stata affidata a Mauro Bigonzetti che ha saputo rinnovare l’identità artistica della Compagnia dandole una visibilità internazionale. Dal febbraio del 2008 al settembre 2012, Bigonzetti assume il ruolo di Coreografo principale della Compagnia e la Direzione artistica, viene affidata a Cristina Bozzolini, già prima ballerina stabile del Maggio Musicale fiorentino.
Aterballetto ha oggi assunto il profilo di compagnia di balletto contemporaneo che ha come elemento fondante della propria identità artistica l’impegno a sostenere e sviluppare l’arte della coreografia e il linguaggio assoluto della danza, intesa come dinamica e forma nello spazio, incarnazione di risonanze espressive e estetiche, dialettica con la musica. Nel corso della sua storia più recente, grazie al prezioso contributo creativo di Mauro Bigonzetti e degli autori italiani e internazionali che hanno collaborato con la compagnia – da Jiri Kylian a William Forsythe, da Ohad Naharin a Johan Inger, ed, inoltre, Fabrizio Monteverde, Jacopo Godani, Eugenio Scigliano – questa vocazione si è maggiormente consolidata e le scelte artistiche sono state ulteriormente motivate dall’esigenza e curiosità di esplorare le diverse espressioni del linguaggio coreografico contemporaneo.