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Romagna terra di grandi personaggi

Romagna terra di grandi personaggi

A cura di Lorenzo Matteucci

Ravenna, la “glauca notte rutilante d’oro” degli scrittori

La città di Ravenna, fin dai tempi più remoti, ha esercitato uno ‘charme’ su chi vi posava gli occhi per la prima volta, rimanendone quasi stregato

Spesso, distrattamente, dimentico il ruolo fondamentale che un luogo svolge nella parabola umana ed artistica di uno scrittore. Non sono infatti solo i popoli o i grandi personaggi a plasmare l’identità culturale di un territorio, bensì accade anche che lo spirito di un luogo permei profondamente l’opera di un letterato o di un artista, ispirandone l’atto creativo. 

Ad esempio, chi si trovasse a sfogliare le pagine di uno dei tanti capolavori di Jorge Luis Borges, L’Aleph, vi troverebbe, forse non senza sorpresa, la storia di Droctulft, “un guerriero longobardo che, durante l’assedio di Ravenna, abbandonò i suoi e morì difendendo la città che prima aveva attaccata”.  Una vicenda, questa, che forse vuole sottolineare lo ‘charme’ che, fin dai tempi più remoti, la città di Ravenna ha esercitato su chi vi posava gli occhi per la prima volta, rimanendone quasi stregato, come accadde a Droctulft (“a Ravenna [...] vede qualcosa che non ha mai vista”) e probabilmente allo stesso Borges. 

Ma il longobardo e l’argentino non sono né il primo né l’ultimo ad aver subito il fascino di questa città sospesa tra l’entroterra e il mare (“uno dei confini di Ravenna sta in questo confine dell’immobilità con la velocità suprema”, secondo Marguerite Yourcenar, che sembra qui voler evidenziare le due anime di Ravenna).  Potremmo annoverare, solo per citarne alcuni in un profluvio di nomi celebri, Oscar Wilde, Dario Fo, Dante Alighieri, George Byron, Thomas Stearn Eliot e Gabriele D’Annunzio e saremmo passati facilmente dal Medioevo al XX secolo, transitando per l’Ottocento e toccando l’Europa così come il continente americano.

Ecco, ad esempio, uno stralcio di Ravenna del poeta abruzzese:

“Ravenna, glauca notte rutilante d'oro,
sepolcro di violenti custodito
da terribili sguardi,
cupa carena grave d'un incarco
imperiale, ferrea, construtta
di quel ferro onde il Fato
è invincibile, spinta dal naufragio
ai confini del mondo,
sopra la riva estrema!”

La poesia (dallo stile un po’ pomposo, bisogna ammetterlo) è inserita nella raccolta Elettra, precisamente nella sezione Le città del silenzio: Ravenna infatti, insieme a Ferrara e a Pisa, compone secondo D’Annunzio un trittico di città un tempo sede di ricche e potenti civiltà ma ora (ai suoi tempi, per lo meno) avvolte nel silenzio. 

In particolare, per D’Annunzio Ravenna è particolarmente simbolica perché legata anche, naturalmente, alla figura di Dante Alighieri e, non secondariamente, a quel Guidarello Guidarelli, che, mentre riposa, “attende i dì novelli” di un radioso futuro per la città “rutilante d’oro”. 

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