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Dilaga la crisi: gli italiani rivalutano molti lavori precedentemente "snobbati"

Da tutte le interviste è emerso inoltre che i lavoratori non percepiscono discriminazioni razziali all’interno delle cooperative e che queste ultime sono particolarmente attente alle esigenze d’integrazione

Col dilagare della crisi economica molte delle mansioni che in precedenza venivano trascurate dai connazionali sono divenute oggi estremamente importanti. E' quanto emerge da "La porta aperta: immigrazione e cooperazione ravennate", la ricerca presentata dal Circolo Cooperatori Ravennati e realizzata grazie al contributo delle ricercatrici Doriana Togni (cooperativa RicercAzione di Faenza) e Laura Gambi (cooperativa Libra di Ravenna).

Obiettivo della ricerca, patrocinata dal Tavolo delle Centrali Cooperative di Ravenna (Agci, Confcooperative e Legacoop), quantificare la presenza di persone immigrate nel sistema cooperativo provinciale - soci e/o lavoratori - e verificarne il processo di integrazione.  «Il Circolo Cooperatori Ravennati, associazione culturale e pluralista che da 20 anni promuove i valori e i principi della cooperazione, ha dato il via a questa ricerca nel 2011 per realizzare un quadro del fenomeno migratorio nella Provincia di Ravenna - spiega Claudio Sangiorgi, presidente del Circolo Cooperatori Ravennati -. Riteniamo che questi dati siano infatti importantissimi per comprendere meglio la situazione occupazionale e imprenditoriale locale e per valutare come la presenza di migranti nelle cooperative si collochi nel più generale sistema economico e produttivo».

La parte centrale della ricerca, realizzata anche grazie al contributo fornito da Organizzazioni sindacali, CCIAA, enti locali e Caritas, è costituita dall’analisi di dati raccolti attraverso interviste proposte sia ai lavoratori che ai dirigenti di 12 cooperative aderenti ad Agci, Confcooperative e Legacoop. Le cooperative sono state individuate tenendo conto di 5 diversi settori produttivi (agricoltura, edilizia, multiservizi, socio-sanitario e trasporti) e di 3 fasce dimensionali (fino a 250 dipendenti, da 251 a 500 dipendenti, oltre 500 dipendenti). L’analisi è stata coadiuvata dalla consulenza di Pietro Pinto, collaboratore di diversi Osservatori nazionali sull’immigrazione.

I dati. Complessivamente la presenza di cittadini extracomunitari (escludendo quindi persone provenienti da Polonia e Romania) nelle imprese cooperative ravennati è la seguente: 10% di addetti nel settore agroindustriale (di cui l’1% soci) e nel settore dei trasporti-logistica; 8% nel sociale (in prevalenza donne); 9% nel terziario (di cui il 2% soci); 8% nei settori edile e industriale (nella quasi totalità uomini). Irrilevante invece la presenza nelle cooperative culturali mentre, nel credito e consumo, il dato, pur numericamente rilevante, è percentualmente basso data la vasta platea di utenti.

Da tutte le interviste è emerso inoltre che i lavoratori non percepiscono discriminazioni razziali all’interno delle cooperative e che queste ultime sono particolarmente attente alle esigenze d’integrazione, anche se il coinvolgimento dei lavoratori stranieri avviene più sulle dinamiche lavorativo-salariali che rispetto alla partecipazione alla vita associativa. Da segnalare l’elemento competitivo che invece si sta diffondendo tra i lavoratori italiani: col dilagare della crisi economica molte delle mansioni che in precedenza venivano trascurate dai connazionali sono divenute oggi estremamente importanti.

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