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Anche Forlì-Cesena entra in Confindustria Romagna, Ancisi: "Ora temiamo per la Camera di Commercio"

Le assemblee di Confindustria Romagna - che unisce Ravenna e Rimini - e Confindustria Forlì-Cesena, riunite mercoledì in Fiera a Cesena, hanno approvato la fusione tra le due associazioni territoriali

Le assemblee di Confindustria Romagna - che unisce Ravenna e Rimini - e Confindustria Forlì-Cesena, riunite mercoledì in Fiera a Cesena, hanno approvato la fusione tra le due associazioni territoriali. Si arriva a questo risultato dopo un percorso tortuoso. Risale al 2016 il matrimonio tra Ravenna e Rimini, con Forlì-Cesena che alla fine si sfilò dalla fusione. Un scelta che aveva aperto una stagione di tensioni nell’associazione industriali di Forlì-Cesena, con un contrapporsi tra i fautori della fusione e dell’autonomia che portò alla fine al commissariamento da parte di Confindustria nazionale e all’espulsione di vertici degli “autonomisti”. Oggi tutta quella stagione è stata archiviata, con un voto al 99% favorevole a confluire in "Romagna". Per il “sì” 248 voti e per il “no” appena 2 (i voti sono ponderati per grandezza di azienda associata, ndr).

Nel corso del 2019 l’associazione industriali di Forlì-Cesena ha effettuato una serie di step intermedi per giungere alla fusione, che è arrivata appunto mercoledì sera, con il voto definitivo. Nasce così dal 1° gennaio 2020 un unico soggetto in rappresentanza di oltre mille imprese romagnole, che danno lavoro a 50 mila dipendenti producendo un fatturato aggregato di 25 miliardi di euro. Nella “casa romagnola”, gli ultimi arrivati di Forlì e Cesena pesano per circa un terzo. Il progetto aveva già avuto il via libera dai rispettivi Consigli direttivi un mese fa, e oggi si conclude il percorso iniziato il 28 ottobre 2014 dalle assemblee delle tre territoriali romagnole di Confindustria, culminata con la nascita di Confindustria Romagna attraversol'unione tra Rimini e Ravenna il 1 ottobre 2016, ma senza Forlì-Cesena. Si apre ora una fase transitoria che si concluderà con l'assemblea del 2021, e sarà guidata da Paolo Maggioli alla presidenza. Andrea Maremonti affianca gli altri vicepresidenti elettivi in carica nelle due associazioni al momento della fusione, mentre il nuovo Consiglio Generale transitorio è composto dalla somma dei due precedenti Consigli in carica. La direzione generale di Confindustria Romagna resta affidata a Marco Chimenti.

La nuova struttura, spiega Maggioli, dovrà guardare tanto ai servizi agli associati quanto alla rappresentanza. E la Confindustria romagnola in grado di parlare ad una sola voce porrà come prima questione il tema delle infrastrutture. Spiega il neo-presidente: “Non avere l’alta velocità è ormai una situazione anti-storica. Bologna si è trasformata da quando è un hub dell’alta velocità, è cresciuto tutto dalle aziende al turismo. Nelle infrastrutture è la nostra priorità, precisando che non basterebbe una sola stazione. C’è poi il porto di Ravenna, dove bisogna recuperare il tempo perso nelle opere di approfondimento dei fondali, è fondamentale per la competitività del territorio. Come terza questione rilevo che stiamo sottovalutando tutti il blocco delle trivellazioni, nel nostro territorio ci sono aziende con cent’anni di vita, con competenze e culture aziendali enormi e di primo piano che ora sono mortificate”.

"La fusione deliberata oggi - ha dichiarato il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari - è di straordinaria importanza: il sistema della rappresentanza imprenditoriale si unisce, grazie ai valori comuni e alla visione unitaria che esprimono le imprese della Romagna. Oggi abbiamo una grande responsabilità: dare risposte sempre più efficaci alle imprese dei nostri territori.  L'interesse di tutti gli imprenditori è costruire un ambiente più competitivo e più favorevole all'impresa e allo sviluppo del territorio.  La Romagna vanta imprese d’eccellenza, produzioni e servizi di grande qualità, un territorio ricco di potenzialità che con la nuova Confindustria Romagna potranno svilupparsi in modo ancora più deciso ed efficace".

Ancisi: "Bene Confindustria della Romagna, male la Camera di Commercio di Ravenna"

"L’altra notizia è che oggi il consiglio dei ministri dovrebbe decidere la sorte della camera di commercio di Ravenna, su cui c’è invece molto da temere per l’economia e i posti di lavoro della nostro territorio - commentano da Lista per Ravenna Alvaro Ancisi, capogruppo in Consiglio comunale, e Gianfranco Spadoni, vicepresidente - Essendo tutt'ora in corso la riforma di legge del 2015 per la “riduzione del numero delle Camere di Commercio mediante accorpamento e razionalizzazione delle sedi e del personale”, il consiglio dei ministri ha infatti ancora sul tavolo la sciagurata proposta di accorpare innaturalmente le camere di commercio di Ravenna e Ferrara. Sostenuta soprattutto dal Pd ravennate per questione di poltrone, Lista per Ravenna la contesta da sempre chiedendo invece di unificare le camere di commercio della Romagna: cioè di quell’Area Vasta che la Regione ha già riconosciuto per la sanità con l’Ausl e per i trasporti pubblici con Start, come la più idonea e attrezzata per raggruppare territori omogenei sul piano socio-economico, storico e culturale. Nel gennaio scorso, dopo che Ferrara aveva detto no, ai piedi dell’altare, a “sposare” la propria Camera di commercio con quella di Ravenna, la Regione stessa ha dovuto fare marcia indietro. Ma questo 3 dicembre il Pd ravennate, su iniziativa del suo segretario provinciale Barattoni, ha fatto approvare da tutto il consiglio comunale, contraria solo Lista per Ravenna, un ordine del giorno che chiede di mantenere com’è la piccola e impotente camera di commercio di Ravenna, smentendo il senso stesso di una riforma voluta da questo stesso partito a livello parlamentare. Sole giustificazioni non voler condividere con le altre province romagnole un pacchetto di poltrone remunerate e continuare a spendere i soldi versati dalle imprese ravennati all’attuale loro camera di commercio (4 milioni e mezzo nel 2019, di cui solo 1 e mezzo spesi nella promozione delle loro attività) per gli interessi politici di chi fino ad oggi ha governato la nostra provincia (come i 3 milioni versati al Comune di Ravenna per un palazzetto dello sport bis nel Pala de André). Intanto il numero delle imprese ravennati continua anno per anno a diminuire, avendo raggiunto il minimo storico di 38.722 (-2.012 rispetto al 2014), nonostante sia in crescita il trend nazionale. Il nuovo presidente di Confindustria Romagna ha detto che “La fusione con la Romagna andava fatta perché abbiamo bisogno di maggiore rappresentatività, servizi più rapidi ed efficaci, una struttura più ampia e organizzata”. Nel segno dell’Area Vasta, la Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa ha costituito già dal 2016 “Cna Romagna Servizi”. Altre piccole e medie imprese sono accorpate in Confimi Industria Romagna. Il consiglio provinciale di Ravenna si è più volte espresso unanimemente per ogni possibile fusione di Area Vasta romagnola. Tutti i sindaci della provincia di Forlì-Cesena hanno sollecitato un accordo tra le camere di commercio in questa direzione. Si deve quindi sperare che il governo nazionale non pensi più agli interessi di Botteghe Oscure, come quelli che a Ravenna resistono contro la storia".

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