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Lunedì, 29 Aprile 2024
Economia

Estate nera per il commercio: chi apre e chi chiude. Saldo negativo di 64 imprese

La crisi non allenta la sua presa sul commercio: l'estate 2013 segna e conferma l'ennesimo momento negativo del settore, sia in termini di saldo tra imprese iscritte e cessate, che di andamento dei fatturati

La crisi non allenta la sua presa sul commercio: l’estate 2013 segna e conferma l’ennesimo momento negativo del settore, sia in termini di saldo tra imprese iscritte e cessate, che di andamento dei fatturati. Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Confesercenti sui dati del Registro Imprese, nei primi 8 mesi dell’anno, in provincia di Ravenna hanno cessato nel commercio al dettaglio e nel turismo 342 aziende, mentre ne hanno aperto 280 per un saldo negativo di 62.

Ma lo scarto è rilevante data anche la diversa consistenza delle aziende che aprono. E nei prossimi giorni saranno completati i dati anche con l’andamento di agenti, rappresentanti e commercio all’ingrosso dove la tendenza fino a giungo era di calo. Alle difficoltà del commercio in sede fissa corrisponde una relativa “vitalità” degli esercizi di commercio di automobili (nonostante il calo pesante nelle vendite di auto) e su area pubblica che registrano un saldo rispettivamente di + 26 e + 6. Per quanto riguarda queste due categorie è opportuno segnalare la crescita di imprenditori stranieri (vendita di autoveicoli usati e commercio su aree pubbliche, dove però oltre la metà del totale (1190) degli iscritti in queste categorie è senza posteggi fissi), un fenomeno socio-economico che aumenta e meriterebbe un approfondimento ulteriore.

La lunga crisi ha anche accorciato considerevolmente il ciclo di vita delle imprese. Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Confesercenti, riscontrabile anche a Ravenna, un’azienda su 3 di quelle avviate nel 2009, ha cessato l’attività. Vanno sottolineate le conseguenze sociali oltre che economiche dello spreco dei risparmi di due generazioni. Nel contributo alle iscrizioni del 2013 è rilevante il ruolo delle ditte individuali anche se crescono un po’ forme più strutturate. Molto importante è anche il ruolo delle imprese giovanili, linfa vitale della nuova imprenditorialità, che costituiscono oltre 1/3 delle nuove iscritte nel commercio. Ad aggravare la situazione generale la presenza e la crescita del fenomeno dell’abusivismo, non solo nel litorale (dove continua anche adesso) e non solo nel commercio, ma anche nella somministrazione e nel turismo. Preoccupa ed è indicativa la perdita di Bar e Ristoranti.

Per il presidente Provinciale della Confesercenti Roberto Manzoni, “la recessione, tecnicamente, forse sta per finire. Purtroppo non si può dire altrettanto della crisi del commercio e di quella del turismo. Ormai è chiaro a tutti che le liberalizzazioni delle aperture presentate quasi come toccasana e anticrisi non servono ad agganciare la ripresa. Il commercio appare essere a rischio destrutturazione. Anche nei nostri mercati storici gli imprenditori italiani continuano a cessare le attività, sostituite a loro volta da imprese straniere. Che hanno un ciclo di vita molto più breve – intorno ai due anni – e che spesso investono i profitti all’estero”.

“Particolarmente preoccupante, poi – continua Manzoni – è la situazione di donne e giovani: le due fasce più colpite dalla crisi occupazionale. Intraprendono l’avventura imprenditoriale per crearsi un lavoro: ma la domanda interna è ancora bassissima e il mercato asfittico. La sopravvivenza delle imprese femminili e giovanili è molto difficile, e proprio queste due categorie sembrano essere le prime a chiudere i battenti, bruciando le somme investite per avviare l’impresa e ritrovandosi con qualche anno in più e senza lavoro”.

“Senza puntare sulla formazione dei nuovi imprenditori e sull’informatizzazione delle nuove imprese  non si può più sperare che il commercio continui a rivestire il ruolo di shock absorber della disoccupazione, come pure ha fatto per 50 anni. Non è tenendo aperto sempre, o ancora peggio aprendo nuovi grandi centri commerciali, che si aiuta il settore: c’è bisogno di un cambiamento di mentalità e di passo, e soprattutto di nuove scelte politiche di ampio respiro (e non di piccoli rinvii) che intervengano con coraggio e lungimiranza sulle riduzioni della spesa pubblica e dei costi alle imprese sia a livello nazionale che locale. E guai ad aumentare l’Iva che peggiorerebbe la competitività in Europa, diminuirebbe anche il gettito per lo Stato e accelererebbe ulteriormente il calo dei consumi. E’ l’economia e il suo circolo virtuoso che hanno bisogno di agibilità e di scelte coerenti. La nostra Associazione ha chiesto proprio in questi giorni al governo un piano straordinario per rilanciare il commercio e il turismo. Per le imprese abbiamo predisposto un programma di strumenti e iniziative locali, sul marketing, la promozione, il commercio elettronico e per il credito che mettiamo a disposizione delle aziende per affrontare le difficili fasi di crisi e cambiamento che vivono i consumi e le famiglie”.

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