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Economia

Un anno dal primo lockdown: "Imprese allo stremo, turismo e commercio sono a pezzi"

Il 10 marzo 2020 l’Italia fu chiusa una prima volta per combattere la pandemia da Coronavirus. Un anno di sacrifici, di lutti, di sconforto che ha coinvolto l’intera popolazione

È trascorso un anno dall’inizio del primo lockdown. Il 10 marzo 2020 l’Italia fu chiusa una prima volta per combattere la pandemia da Coronavirus. Un anno di sacrifici, di lutti, di sconforto che ha coinvolto l’intera popolazione. Per una larga fetta di cittadini, insieme al timore per la salute, la pandemia ha significato una gravissima crisi economica e finanziaria.

"È avvilente prendere atto che dopo un anno non abbiamo avuto nessun miglioramento sul piano sanitario, mentre l’economia è al collasso - commenta Mauro Tagiuri, commerciante e presidente di Confesercenti Ravenna - Le imprese commerciali sono allo stremo. Turismo e commercio sono a pezzi. In una situazione così difficile, si è disposti a subire ulteriori limitazioni solo se ne vediamo la reale necessità. Già la zona arancione scuro prevede limitazioni fortissime. Ora si è scelto di precipitare Ravenna e la Romagna in zona rossa. Ma proprio perché stanchi, delusi e sicuri che la misura sia ormai colma, chiediamo: è necessario? Chiudere orefici, parrucchieri, negozi di abbigliamento e calzature, gli unici beni ritenuti non di prima necessità (mutande sì, pantaloni no: è l’effetto dello smart working?), tutto il resto aperto. Quanto incide nel prevenire flussi e assembramenti?"

La risposta, secondo Tagiuri, è implicita: "Non incide affatto. Si alimentano tensioni e divisioni fra le categorie del commercio. Non si capisce la logica di queste scelte. Zona rossa: non ha una sicura influenza sulla salute pubblica, ma sicuramente è una scelta iniqua per imprese già provate da un anno impossibile. Quindici giorni di chiusura, con i magazzini già pieni di merce primaverile. Un inizio di stagione su cui si contava per arginare, anche se marginalmente, la profonda crisi in cui ci ha gettato un anno di pandemia. Una categoria non contemplata, ingiustamente, dai ristori del Governo. Vogliamo riaprire subito, in sicurezza, così come sono aperte tantissime tipologie di esercizi commerciali: i fioristi, le ferramenta, le profumerie, i negozi di articoli sportivi, i negozi di casalinghi, gli ottici, le concessionarie d’auto, i negozi di biancheria, di telefonia, di elettrodomestici, di abbigliamento per bambini, le edicole, le cartolerie, le librerie, eccetera, eccetera. Fateci riaprire! Ne va dell’esistenza delle nostre imprese".

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