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Sanità, il sindaco chiede di fermare i tagli: "In Romagna finanziamenti più bassi che nel resto della regione"

L'ordine del giorno presentato dal sindaco De Pascale rivolto a Governo e Regione: "Nel 2025 i finanziamenti per la sanità saranno sotto ai livelli del 2019"

"Stop ai continui tagli alla sanità": questo è ciò che ha chiesto il sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, con l'ordine del giorno presentato e approvato (con 24 voti favorevoli, quattro astenuti e due contrari) martedì pomeriggio in Consiglio comunale. Come ha spiegato il primo cittadino, i documenti elaborati dal governo Draghi "porteranno nel 2025 i finanziamenti per la sanità sotto ai livelli del 2019" e i primi atti del nuovo esecutivo sembrerebbero essere "in assoluta continuità". Una scelta che De Pascale ritiene sbagliata e per questo vuole inviare un "messaggio a Regione e governo" per integrare i fondi al Sistema sanitario nazionale. 

La Regione, come ha specificato De Pascale, ha avanzato al governo la necessità di adeguare le risorse per quelle Regioni che "danno risposte a tutto il Paese". Da questo punto di vista "da tempo in Romagna il finanziamento pro capite è più basso rispetto al resto della regione", nonostante le opere di razionalizzazione messe in campo e non replicate ad altre latitudini. Occorre dunque tenere conto, conclude il sindaco, delle "peculiarità della Romagna" garantendo la matrice pubblica del sistema e l'attenzione ai servizi di base e alla medicina territoriale. 

Montanari (Pd): "Più risorse per il sistema sanitario nazionale"

Il documento, come ha precisato il capogruppo del Partito democratico, Marco Montanari, invita la Conferenza Socio-Sanitaria della Romagna a mettere in campo tutte le azioni politiche necessarie al fine di sollecitare il Governo a incrementare la dotazione di risorse a favore del SSN. Si chiede di continuare il confronto con la Regione Emilia-Romagna affinché il finanziamento all’Azienda USL della Romagna, che in questi anni ha portato avanti processi innovativi di fusione e nuove modalità di rapporto con le Università del territorio, venga almeno allineato a quello delle altre aziende regionali, in modo da garantire alla collettività servizi adeguati e i dovuti diritti e riconoscimenti al personale che ne consente l’erogazione. "La difesa della sanità pubblica – ha dichiarato Montanari, che è anche medico oncologo dell’ospedale di Ravenna - è la politica che più di ogni altra mira alla riduzione delle disuguaglianze: nelle scelte del Partito Democratico in ambito di salute c’è l’identità del partito stesso. La sanità privata può essere un alleato integrativo alla sanità pubblica, ma non la può sostituire".

"L’obiettivo che ci eravamo dati, anche grazie ai 20 miliardi stanziati dal PNRR per la sanità, era quello di portare la spesa sanitaria oltre il 7% del PIL. Era il lascito culturale della pandemia, eppure la prima finanziaria mortifica le risorse alla sanità e ci si allontana dai traguardi prefissati. Manca un esplicito programma politico per il salvataggio della sanità pubblica che necessita di riforme innovative e non di essere smantellata e privatizzata. L’Emilia Romagna ha, ancora oggi, la sanità più pubblica, più efficiente e più universale del nostro Paese e questo perché sono i nostri amministratori a governare. Tutto ciò in una condizione di carenza di personale sanitario e con una sostenibilità politica del sistema che ereditiamo da scelte strategiche nazionali da rivedere. Dobbiamo prendere le risorse del PNRR per costruire la medicina del territorio, i cui risultati per Ravenna sono stati recentemente presentati e sono motivo di orgoglio. Abbiamo bisogno di informatizzazione e tecnologia digitale per togliere burocrazia al medico di medicina generale perché il suo tempo possa essere dedicato ai malati. Abbiamo bisogno di farmacie che siano centri di servizi per la salute, abbiamo bisogno di formazione e di risorse umane . A Ravenna – conclude Montanari - il Partito Democratico continua a portare avanti queste idee che sono le nostre radici, la nostra cultura e la nostra identità".

Ancisi (LpRa): "Riqualificare anche il servizio sanitario regionale"

"Certo, in Italia il finanziamento della sanità pubblica è stato notevolmente sottostimato dai governi di tutti i colori, anche in situazioni economiche molto migliori di quelle attuali, per cui non si poteva che sottoscrivere la richiesta di un cambio di passo. Ma lo stesso ordine del giorno ha trattato anche le pur gravi disfunzioni e le sperequazioni del servizio sanitario reso in Emilia-Romagna, soprattutto a danno della Romagna e del distretto di Ravenna, che non giustificano le genuflessioni del capogruppo PD davanti alla Regione Emilia-Romagna": questo il commento del consigliere di Lista per Ravenna, Alvaro Ancisi.

Il consigliere rilancia poi un suo ordine del giorno, poi ritirato, che conteneva un emendamento che "mette in evidenza le lacune più vistose che nella nostra stessa città gli utenti della sanità pubblica addebitano alla Regione". Ancisi nel suo intervento chiedeva di "riorganizzare e rafforzare i servizi di base della sanità pubblica rappresentati dai medici e pediatri di famiglia e dalla guardia medica notturna, festiva e prefestiva, nonché dai servizi infermieristici e di assistenza socio sanitaria, in modo che le richieste di visita in ambulatorio siano soddisfatte in tempi brevi e certi, escludendo la formazione di lunghe liste di attesa, e siano assicurate, nei casi che lo impongano, visite a domicilio. In tal modo potrà evitarsi che affluiscano per necessità al pronto soccorso ospedaliero pazienti di codice bianco, indicante per definizione che non hanno bisogno del pronto soccorso potendo rivolgersi al proprio medico".

"Nel mio ordine del giorno si esprimevano anche, più esplicitamente, altre richieste rivolte alla Regione nel documento del sindaco - fra cui - formalizzare al più presto il riassetto e riqualificazione del servizio sanitario regionale, che ne superi le contraddizioni e le carenze; confermare chiaramente la centralità del sistema pubblico a fronte del rischio che si accentui l’aumento dei cittadini obbligati a ricorrere a pagamento al sistema privato, a danno soprattutto della salute delle classi meno abbienti che non possono permetterselo - e conclude Ancisi - distribuire adeguatamente le risorse finanziarie e tecniche disponibili in modo che, rispetto alle altre USL della regione, siano più eque quelle assegnate all’AUSL Romagna".

Ravenna Coraggiosa: "Scongiurare il ricorso all’esternalizzazione di servizi"

"La pandemia di Covid-19 è stata un vero e proprio stress test per i sistemi sanitari di tutto il mondo, mettendo in evidenza i diversi punti di criticità. Il Sistema Sanitario Nazionale Italiano che, ricordiamolo, è stato il primo fra i sistemi del mondo occidentale ad essere aggredito dal virus, ha mostrato da subito i punti di debolezza - ricorda Ravenna Coraggiosa - l’inadeguatezza della sanità territoriale in primo luogo, ma non meno importanti la carenza di personale sanitario, la mancanza di posti letto di terapia intensiva e semintensiva, il deficit di coordinamento fra le diverse regioni, la mancata fornitura, soprattutto nella fase iniziale, dei sistemi di protezione individuale, la impreparazione della industria farmaceutica nazionale alla produzione di vaccini.  Con questo ordine del giorno, anche attraverso la presentazione di alcuni emendamenti che sono stati accolti, abbiamo ribadito la necessità di un urgente processo di riorganizzazione e riqualificazione del sistema sanitario pubblico, condizione imprescindibile questa per affrontare le nuove sfide di questo tempo e assicurare il diritto universale alla salute".

Ravenna Coraggiosa richiede maggiori risorse "anche in termini di personale, in particolare rimuovendo vincoli di assunzione e attuando misure volte a ridurre i tempi di attesa per le visite specialistiche e a garantire condizioni idonee (anche per i lavoratori) nei Pronto Soccorso. Su questo ultimo punto abbiamo precisato come misure tempestive e straordinarie non debbano prevedere l’esternalizzazione dei servizi pubblici o il ricorso ai medici a gettone, pratica quest’ultima che si sta diffondendo in diverse realtà anche della nostra regione. Il ricorso a cooperative private che possano coprire la carenza di medici, in particolare all’interno del pronto soccorso, sta di fatto sostituendo il sistema pubblico con il privato, senza garanzie su criteri di selezione, formazione e condizioni lavorative. Oltre a questo, i turni del personale a gettone sono molto ben retribuiti tanto da generare una disparità di trattamento economico a sfavore del personale ospedaliero. Inoltre, il ricorso all’impiego di personale, medico è infermieristico, a gettone contraddice totalmente il concetto di medicina di equipe che è un cardine della medicina moderna. Per queste ragioni - conclude Coraggiosa - riteniamo che sia da scongiurare il ricorso all’esternalizzazione di servizi, ma si debba investire in strutture e personale del servizio sanitario nazionale pubblico a cui siano garantite condizioni di lavoro sostenibili".

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