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Distrutto dalla guerra, salvato dalle donne: la storia di Castel Raniero tra rinascite e abbandoni

Una ricerca di una docente faentina svela come ripresero le attività della colonia dopo i bombardamenti sulla struttura  

Una struttura nata nel primo dopoguerra, diversa dalle tradizionali colonie marine istituite dal fascismo, che subì gravi danni nella seconda guerra mondiale prima di tornare a funzionare nel 1948. E' stata da poco pubblicata ed è ancora in fase di approfondimento una ricerca storica sull’attività della colonia di Castel Raniero di Faenza, sul cui recupero negli ultimi anni ci sono state anche alcune polemiche in città. Lo studio è opera della faentina Dorena Caroli, docente di Storia della pedagogia all’Università di Bologna e membro dell’Associazione ex allievi del Liceo Torricelli.

Il progetto di ricerca è ancora in corso e, come spiega la studiosa, racconta di una colonia che nonostante gli ingenti danni subìti a causa dei bombardamenti bellici e le difficoltà a reperire finanziamenti, nel dopoguerra riprese la sua attività. Si tratta di una struttura unica nel suo genere in Emilia-Romagna, gestita dall’Ente ospizi marini e montani (Eomm), costituito nel 1928 e sciolto nel 1999. 

Nel 1948 l’Eomm riuscì a riprendere i soggiorni estivi dei bambini bisognosi di cure montane dopo la sottoscrizione di una convenzione con la sezione faentina del CIF, il Centro italiano femminile, costituitosi il 19 giugno 1945 per iniziativa di Laura Vignoli e di un gruppo di donne cattoliche. La ricerca (consultabile integralmente a questo link) è stata condotta sulla base dei documenti dell’archivio storico dell’Eomm, uno dei tanti archivi che dal 2021 sono tornati a Faenza e sono ora conservati nel nuovo polo archivistico comunale in via Antonio Zucchini.

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Ospizio colonia montana Castel Raniero (1927-1929) Fonte: Archivio Fototeca manfrediana

Castel Raniero: dalle origini alla Seconda Guerra Mondiale

L’idea di costruire un edificio specifico per i soggiorni dei bambini nacque nel primo dopoguerra. Il progetto originario era quello di realizzare un ospizio intitolato a re Vittorio Emanuele III, la cui costruzione doveva iniziare nel 1926. Avrebbe dovuto accogliere una colonia elioterapica per gli orfani dei caduti di guerra, gracili e anemici, strutture che servivano a curare e irrobustire i bambini delle classi povere. Questo scopo finì per ritardare il reperimento del terreno e la costruzione dell’edificio stesso, poiché sul territorio la priorità era la lotta alla tubercolosi. Per accelerare le pratiche si pensò dunque di integrare una funzione preventiva riguardante la tubercolosi nello statuto redatto dall’Eomm di Faenza. 

Per quanto non ci sono indicazioni precise sul tipo di attività educativa da svolgere, sembra chiaro, rivela ancora Caroli, che la storia della colonia di Castel Raniero fu attraversata dalle pratiche del fascismo. Da un articolo pubblicato sul "Corriere Padano. Corriere di Faenza", il 25 luglio 1935, si legge che la giornata si svolgeva fra attività, pasti nutrienti e riposo:

"Sveglia alle 7 e recita di preghiere, poscia pulizia, alza bandiera, visita sanitaria, ginnastica, colazione con caffè, latte, gioco, cultura fascista, letture ricreative, corrispondenza famigliare, cura del sole, bagno e doccia, ricreazione, riposo, gioco, pulizia, pranzo composto di minestra asciutta o in brodo o di pietanza sempre in abbondanza, e tutto viene consumato e varia ogni giorno, dopo il pranzo ricreazione, alle 13 riposo. Dopo il riposo, pulizia, cura del sole ed esercizi ginnastici, merenda composta di pane con marmellata o cioccolata, frutta, gioco, passeggiata, pulizia, ammaina bandiera, cena composta sempre di minestra, pane, affettato o formaggio, quindi gioco, pulizia, preghiera e riposo".

Durante la Seconda guerra mondiale a livello nazionale le attività degli ospizi marini furono quasi interamente sospese e il soggiorno nella colonia montana di Castel Raniero si interruppe. Castel Raniero fu adibito provvisoriamente ad ospedale civile di Faenza (dal giugno del 1944 al gennaio 1945), e fu poi danneggiato dai pesanti bombardamenti. con gran parte degli arredi e delle attrezzature dispersi. 

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Prima colonia elioterapica per bambini (1° luglio 1945) Fonte: Archivio Fototeca manfrediana

Dopo la guerra: la ripresa tra ricostruzione e democratizzazione

Il ritorno ai soggiorni e alle colonie, nell’immediato dopoguerra, si colloca nel contesto della ricostruzione e del processo di democratizzazione di Faenza e di tutto il Paese. La spinta a queste dinamche fu data dalle forze cattoliche anche nella gestione della colonia di Castel Raniero. La ripresa delle attività poteva contare su fondi ridotti e sulla presenza di uno statuto risalente agli anni del regime, che rimase in vigore fino al 1956. Per poter ricominciare con i soggiorni occorreva sia un rinnovo dell’amministrazione che la ristrutturazione dell’edificio. Dal maggio 1946 il commissario straordinario Eomm sollecitò innumerevoli iniziative di raccolta fondi fra gli 80 soci e fra tutta la popolazione faentina. Anche le Opere pie, che avevano usato la struttura come ospedale durante il conflitto, furono interpellate per un indennizzo, ma non furono in grado di contribuire in modo concreto fino al 1949. La situazione migliorò solamente quando arrivarono fondi delle Opere pie su iniziativa del presidente Guglielmo Donati che dispose il pagamento di una somma di 75.000 lire per il mobilio di cui erano entrati in possesso l’ospedale civile, gli istituti educativi femminili e l’orfanotrofio maschile durante la guerra. 

Le vigilatrici: storie di donne e di voglia di emancipazione

Fra la documentazione dell’Ente ospizi marini e montani ci sono tante domande che, dall’inizio di maggio alla metà di giugno del 1946, furono spedite da parte di giovani donne al commissario prefettizio dell’Eomm e al presidente dell’Eca (Ente comunale di assistenza), per richiedere l’assunzione come vigilatrici. Si tratta di fonti che ricostruiscono non solo le fasi del ritorno alla vita democratica, ma anche i percorsi di formazione professionale di giovani donne che confidavano in un impiego per contribuire al mantenimento della famiglia. Le donne descrivevano sia il titolo di studio che l’attività svolta nel settore dell’insegnamento con alcune  che vantavano già un’esperienza come vigilatrici. Con molta probabilità, sottolinea la ricerca di Caroli, queste ultime avevano già lavorato nelle colonie del fascismo. Queste lettere rivelano una professione femminile che aveva costituito un’esperienza di lavoro già durante il regime e un'esperienza che offriva altresì l’opportunità di fare i primi passi di quell’emancipazione di genere vissuta in una prima e fondamentale tappa rappresentata dal diritto al voto. 

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Altra immagine delle prima colonia elioterapica per bambini (1° luglio 1945) Fonte: Archivio Fototeca manfrediana
 

Il problema del reperimento di fondi per la riapertura di Castel Raniero

A Castel Raniero però il problema restava la ristrutturazione e il reperimento di fondi. Nella primavera del 1946 il commissario dell’Eomm di Faenza avviò la ricerca del finanziamento necessario per la ristrutturazione e l’organizzazione dei soggiorni, contattando una serie di destinatari pubblici e privati. Per quanto riguarda la richiesta di raccolta fondi a livello territoriale, dal mese di maggio 1946, il commissario dell’Eomm fece pubblicare un appello sui quotidiani Lamone, Piccolo, Socialista, Azione Democratica e Bandiera Rossa per sollecitare le azioni di buon cuore da parte della cittadinanza. A favore della colonia di Castel Raniero, il 27 maggio del 1946, venne anche diffuso un volantino di sottoscrizione, mentre in una lettera del 18 novembre 1946 il commissario scriveva che il Comune, le Opere pie e l’Eca non erano in grado di contribuire al finanziamento e chiedeva che "lo Stato, per mezzo degli ex organi della GIL e del Patronato di Maternità e Infanzia, contribuisse in quest’opera di pietà e solidarietà umana".

Contemporaneamente a queste richieste, prosegue la ricerca, il commissario prefettizio dell’ente, con una lettera del 17 aprile 1946, si era rivolto al Comitato provinciale dell’Unrra (United Nations Relief and Rehabilitation Administration) chiedendo aiuto per salvaguardare la salute dei bambini. La corrispondenza con l’Unrra fu altrettanto intensa. In una lettera del 27 novembre 1946 il prefetto Giacomo Omodeo Salè informava che una commissione – con a capo Miss Mary Gibbons, dell’Ufficio distrettuale di Bologna – si era recata a Faenza per ispezionare l’edificio della colonia dell’Eomm. Tuttavia, dopo il sopraluogo effettuato a Castel Raniero, Mary Gibbons, pur costatando i vantaggi sanitari della posizione dell’edificio immerso in un bosco di pini e situato in collina a 200 metri di altitudine, considerò l’opera di ristrutturazione troppo complessa ed esosa. Il presidente dell’Eomm si vide obbligato a cercare altre soluzioni e l’unica risorsa era il Fondo Lire, destinato al finanziamento dei progetti di ricostruzione, ma per essere certi della risposta, egli si rivolse al presidente del Consiglio dei Ministri. 

La svolta con la convenzione con il Centro Italiano Femminile

Alla fine a far riprendere il percorso di Castel Raniero intervenne il neonato Centro Italiano Femminile. Per circa due anni, prima di stipulare un accordo con l’Eomm, la sezione faentina del Cif collaborò all’organizzazione dei soggiorni estivi dei bambini dell’orfanotrofio maschile presso l’Istituto Emiliani di Fognano. La convenzione per l’ospizio di Castel Raniero, approvata definitivamente il 31 marzo 1948 con l’Eomm, dava mandato al Comitato locale del Cif, su approvazione dell’Assemblea generale del 24 aprile 1948, di occuparsi della colonia. Vi si prevedeva che il Cif curasse il ripristino e la gestione unificata per un periodo settennale con decorrenza dal 1° gennaio 1948 fino al 31 dicembre 1954. Anche la ripresa dei soggiorni di vario tipo si realizzò lentamente, a partire dal 1948, ma la ricerca di soluzioni si rivelò complessa poiché l’ospizio faentino non era ancora in grado di accogliere tutte le richieste. Come negli anni più difficili, il presidente dell’Eomm continuò a richiedere sovvenzioni alle istituzioni cittadine. Nel 1952 fu rinnovato anche il Consiglio di amministrazione dell’Eomm. Il problema del finanziamento continuò a costituire l’aspetto cruciale per quegli anni; Un’importante novità fu invece introdotta nelle pratiche assistenziali, pur rimanendo in vigore fino al 1956 il regolamento approvato nel 1928. Nei decenni successivi la storia della colonia continuò ad essere marcata da problemi di manutenzione e ripristino dell’edificio, problemi che compromisero in parte le sue attività, progressivamente, dalla seconda metà degli anni Cinquanta, segnate da un progetto formativo più articolato. Non vi è però dubbio, sottolinea in conclusione la professoressa Caroli, che la vicenda della colonia di Castel Raniero costituisce una lente privilegiata per guardare all’evoluzione della storia delle colonie del dopoguerra nella loro complessità politico-istituzionale e formativo-pedagogica.

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Collina Castel Raniero, Faenza. Fonte: Pro Loco


 

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