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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

In due settimane 25 intossicazioni da monossido di carbonio, Centro Iperbarico: "Un pericolo subdolo"

Nel centro specializzato di Ravenna si curano le emergenze legate a questo tipo di intossicazione, ma anche le 'ferite difficili'. Il direttore del centro: "Sempre pronti per trattare pazienti anche gravi". Il consiglio sulle caldaie di casa: "Fatele controllare da personale competente"

Unico centro del suo tipo in Romagna (e ce ne sono solo altri due in regione, a Bologna e a Fidenza), il Centro Iperbarico di Ravenna è una delle strutture sanitarie d'eccellenza del nostro territorio. Nata nel 1989, dotata di due camere per il trattamento iperbarico, si è specializzata nel tempo anche sulla cura delle 'ferite difficili'. In prima linea per diversi disturbi e patologie, il Centro Iperbarico è un luogo chiave per la cura dei pazienti affetti da intossicazioni da monossido di carbonio. Una problematica su cui mette in guardia Piergiorgio Marotti, amministratore del Centro Iperbarico di Ravenna.

Qual è l'impatto delle intossicazioni da monossido di carbonio in Italia e nel nostro territorio?
Sono numeri importanti in Italia, parliamo di circa 5mila casi, ma forse ci sono altrettanti pazienti che non vengono trattati. Va tenuto conto che nelle Regioni in cui non ci sono camere iperbariche non si possono eseguire i trattamenti appropriati. I numeri sono abbastanza importanti anche per il nostro territorio. Lo scorso anno c'era stata già un impennata di intossicazioni. Quest'anno, nelle ultime due settimane abbiamo trattato 25 pazienti, forse anche di più. L'ultimo caso domenica sera con una famiglia di 5 persone. La cosa particolare è che sono più i pazienti italiani di quelli stranieri. Stiamo andando in controtendenza. Negli anni passati gli intossicati erano soprattutto stranieri che, per tradizione, utilizzavano bracieri per scaldarsi. Il problema è che con finestre domestiche che chiudono ermeticamente si amplifica il rischio di intossicazione da monossido. In queste due settimane sono stati invece almeno 16 i pazienti italiani. Intossicati fra l'altro da impianti appena revisionati, quindi da caldaie all'interno dell'abitazione appena controllate. Noi a tal proposito raccomandiamo sempre di far verificare gli impianti da personale competente.

E' normale che ci sia un aumento dei casi nel periodo invernale?
Sì, è normale. L'intossicazione da monossido di solito si ha con fiamme vive, impianti mal funzionanti o camini ostruiti. D'estate i casi che trattiamo sono veramente pochi.

Quali sono i sintomi a cui stare attenti?
L'intossicazione da monossido è piuttosto subdola, perché può essere scambiata per un malessere comune. I primi sintomi sono nausea, vomito, mal di testa, cefalea. Non si pensa subito al monossido, anche perché questo è inodore e incolore, a differenza del gas metano. E se si rimane in un ambiente che pian piano si satura di monossido si può arrivare allo svenimento e alla morte. Un altro sintomo è che la pelle tende ad arrossarsi. Capita che le persone se ne accorgano a distanza di giorni, perché percependo un malessere continuo si recano per un accertamento in ospedale, dove con un controllo si può capire se la percentuale di carbossile nel sangue è alta e quindi diagnosticare l'intossicazione da monossido

Chi si accorge dei sintomi cosa deve fare?
La prima cosa è cercare di arieggiare e uscire dalla stanza o dall'abitazione in cui è presente il monossido. Poi si deve allertare il 118. La cosa più importante da fare è quindi il trattamento iperbarico. Il problema con il monossido di carbonio è che, se non si tratta con la camera iperbarica, lui se ne va, ma potrebbe dare un danno neurologico a lungo termine. Capita che i pazienti non trattati abbiano a distanza di tempo dei vuoti di memoria.

A cosa bisogna fare attenzione per evitare un intossicazione da monossido di carbonio?
E' sempre meglio avere la propria caldaia in un ambiente separato e, in generale, se sono all'esterno è meglio. Sicuramente si devono evitare le caldaie aperte, non stagne, che sono certamente più pericolose. Purtroppo è capitato anche con caldaie di nuova generazione che i pazienti rimanessero intossicati. La pulizia e la manutenzione della caldaia deve essere fatta tutti gli anni, come prevede la normativa. Un occhio di riguardo va poi anche ai camini. Alcuni ci hanno detto di essersi intossicati perché avevano il camino di scarico chiuso, magari perché otturato. Devono esserci anche le prese d'aria regolamentari, quelle che di solito vengono chiuse perché portano dentro il freddo. Nessun allarmismo, ma la manutenzione va fatta ed eseguita da personale qualificato.

A quale terapia vengono sottoposti i pazienti che giungono al Centro Iperbarico?
Il paziente viene sempre inviato dal Pronto Soccorso al Centro Iperbarico. Il 118 ci allerta e noi, nell'arco di 90 minuti, siamo operativi. Arrivato al centro, solitamente, il paziente si sottopone a una terapia in camera iperbarica di 120 minuti, ma i trattamenti sono personalizzabili in base alle condizioni del paziente. Il Centro può trattare qualsiasi tipo di paziente, compresi quelli particolarmente gravi che necessitano di assistenza cardio-polmonare. Abbiamo tutte le attrezzature idonee per l'utilizzo in camera iperbarica e uno staff composto da medico rianimatore, tecnico iperbarico, infermiere esperto per le urgenze. Queste sono le persone che tutti i giorni garantiscono la copertura h24 del centro. Poi per il paziente intossicato è consigliata una seconda camera iperbarica.

Come funziona il trattamento in camera iperbarica?
Nella camera il paziente si siede al proprio posto. Le due camere del nostro centro sono pluriposto (rispettivamente 13 e 15 posti, ndr). Per tutto il tempo della terapia il paziente sta seduto e respira ossigeno medicale da circuiti dedicati attraverso una maschera oro-nasale. La camera è pressurizzata con aria a norma farmacopea. L'aria che entra nella camera per aumentare la pressione e simulare l'immersione subacquea è compressa e opportunamente trattata. L'ossigeno arriva solo da circuiti dedicati e non c'è alcuna contaminazione. L'aria che il paziente espelle viene invece espulso fuori dalla struttura. Durante tutto il trattamento c'è sempre un infermiere che garantisce assistenza sanitaria.

Oltre alla cura di questi casi di intossicazione, quali altri percorsi di cura propone il vostro centro?
I percorsi sono svariati. Siamo nati nel 1989 con le due camere iperbariche. Una necessità nata dall'azienda sanitaria di allora per avere un centro di riferimento per le emergenze. Siamo una struttura privata che lavora per il pubblico. Le intossicazioni da monossido e le embolie dei subacquei sono solo due delle patologie che trattiamo. Dalle fasciti alle infezioni ai tessuti morbidi, le fratture complesse, le lesioni da schiacciamento. Insomma, riusciamo a spaziare in diversi ambiti. Ci occupiamo anche di tantissimi pazienti con ferite che faticano a rimarginarsi, a causa di varie patologie. Lo facciamo attraverso il Centro cura ferite difficili (nato nel 2004 sempre nella stessa struttura, ndr). Qui trattiamo quelle ferite che, anche a distanza di settimane, non migliorano. Per i trattamenti utilizziamo tecniche avanzate di medicazione: dal gel piastrinico al laser per pulire le ferite. Un percorso dedicato per i pazienti che vengono indirizzati qui dal medico di base. Da protocollo abbiamo l'impegno di guarire i pazienti entro 3 mesi dalla presa in carica. Se invece il paziente non migliora viene dirottato dal nostro staff verso un presidio ospedaliero. Questa è la rete della Romagna, una rete che effettivamente funziona.

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