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Cronaca Cervia

Traffico di carte di credito clonate, sette arresti: nei guai anche un ristoratore

I codici delle carte di credito clonate "non hanno interessato solo vittime italiane, ma anche soggetti residenti in Paesi dell'Unione europea e in altre parti del mondo"

Ci sarebbe anche il gestore di un ristorante di Cervia tra gli otto denunciati a piede libero dal Nucleo speciale Polizia valutaria della Guardia di finanza nell'ambito dell'operazione 'Red Card', con cui è stata smantellata una banda specializzata nell'uso di carte di credito clonate, che aveva "transato illecitamente circa un milione di euro". Oltre alle otto denunce, i finanzieri fanno sapere di aver eseguito, in collaborazione con i Comandi provinciali di Bologna, Pescara e Vibo Valentia, su disposizione della Procura di Velletri, un'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di sette persone accusate - assieme agli otto denunciati a piede libero - di aver commesso in tutta Italia "reati inerenti l'illecito utilizzo di carte di credito clonate".

Nel dettaglio, spiegano i militari, il ristoratore, un uomo originario di Potenza, metteva a disposizione il proprio Pos (l'apparecchio utilizzato per i pagamenti con carta di credito) per le operazioni illecite di alcuni degli altri indagati. Buona parte delle cifre pagate, oltre il 50%, veniva poi immediatamente girata, tramite un bonifico, a uno degli indagati. L'uomo sarebbe stato incastrato grazie alle segnalazioni, da parte delle banche, di una serie di operazioni 'sospette' che si sono aggiunte - specificano però le Fiamme gialle - a un quadro probatorio che era già abbastanza definito. Tra i sette finiti ai domiciliari ci sarebbe poi un uomo di origine calabrese residente a Bologna, che però non sarebbe stato preso nel capoluogo emiliano ma in Calabria, dove era tornato per far visita alla famiglia. Quest'ultimo, spiegano i finanzieri, si occupava di trovare i codici delle carte di credito da clonare.

L'indagine è partita grazie a "una comunicazione inviata dall'Ufficio sicurezza della società che gestisce il circuito di pagamento con moneta elettronica, in cui venivano segnalati dei tentativi di pagamento effettuati in un'azienda di autotrasporti di Pomezia, in provincia di Roma, risultati anomali per l'entità dell'importo e l'origine estera della banca che aveva emesso le carte di credito utilizzate". Dall'analisi delle modalità con cui era stata eseguita l'operazione sarebbe poi emerso che alcune delle carte di credito usate "erano state già adoperate per effettuare pagamenti, in frode, in altre località d'Italia". Gli indagati, molti dei quali di origine calabrese, erano già noti al Nucleo di Polizia valutaria "sia per alcuni precedenti specifici, sia perchè nell'archivio del Nucleo erano presenti segnalazioni di operazioni sospette". Da subito, quindi, le Fiamme gialle hanno collegato "le singole condotte illecite e i responsabili con le informazioni provenienti dalle banche e con quelle esaminate a seguito delle segnalazioni di operazioni sospette", tra cui "una movimentazione anomala di 9.000 euro, bonificata da un agriturismo a uno degli indagati".

Le intercettazioni hanno poi consentito di "svelare il modus operandi della banda", che "individuava esercenti compiacenti, con i cui Pos effettuava i 'pagamenti', ottenendo poi la restituzione della somma decurtata di una percentuale trattenuta dal titolare dell'esercizio". Sono poi stati effettuati "tentativi di pagamento con diverse carte, prima per importi irrisori per verificarne il funzionamento, poi per cifre più alte", come quello, fallito, "da 500mila euro tentato in una concessionaria con una carta intestata a un cittadino degli Emirati Arabi". I risultati delle attivita' tecniche, proseguono i finanzieri, "venivano immediatamente riscontrate con i gestori dei circuiti di pagamento e questo, molto spesso, ha consentito di bloccare il pagamento in frode e di identificare i punti di pagamento compromessi". Tra l'altro, i codici delle carte di credito clonate "non hanno interessato solo vittime italiane, ma anche soggetti residenti in Paesi dell'Unione europea e in altre parti del mondo". Le indagini, svolte con "appostamenti, pedinamenti, analisi di segnalazioni di operazioni sospette inviate dagli istituti bancari e intercettazioni telefoniche e telematiche", hanno quindi permesso di "raccogliere numerosi indizi di colpevolezza riguardo a numerosi casi di frode", e il contenuto degli elementi di prova "si è arricchito ulteriormente a seguito delle perquisizioni effettuate in tutta Italia", durante le quali sono stati sequestrati "diversi notebook, smartphone e tablet, dalla cui analisi sono emersi nuovi dettagli". (fonte Dire)

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