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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Romagna e università: "Bisogna continuare a crescere insieme"

Nell'aula magna della Casa Matha si è svolto lunedì mattina il convegno "Romagna e Università: per continuare a crescere insieme", promosso dai Comuni di Cesena, Forlì, Ravenna e Rimini e dalle società di sostegno al polo universitario romagnolo

Nell’aula magna della Casa Matha si è svolto lunedì mattina il convegno “Romagna e Università: per continuare a crescere insieme”, promosso dai Comuni di Cesena, Forlì, Ravenna e Rimini e dalle società di sostegno al polo universitario romagnolo Serinar, UniRimini e Fondazione Flaminia. Erano presenti i sindaci Paolo Lucchi, Roberto Balzani, Fabrizio Matteucci e Andrea Gnassi, che hanno effettuato un discorso introduttivi.

Quindi hanno preso la parola i vari relatori: rappresentanti delle tre società di sostegno, il presidente della commissione innovazione di Confindustria Emilia Romagna Marco Baccanti, il coordinatore del campus di Cesena Luciano Margara, il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna Lanfranco Gualtieri, il prorettore alle sedi di Cesena, Forlì, Ravenna e Rimini Guido Sarchielli. Per le conclusioni è intervenuto il magnifico rettore Ivano Dionigi.

A nome della Flaminia è intervenuto il vicesindaco Giannantonio Mingozzi, fornendo in primo luogo alcuni dati relativi al polo romagnolo, “che comprende 25.000 iscritti, ormai un terzo del totale di ateneo; 4 dipartimenti; 62 corsi di laurea; 3000 laureati annui; circa 50 milioni annui di ritorno economico da consumi e residenze, in particolare dei fuorisede; 350 tecnici amministrativi nei 4 campus; 600 docenti; 7 biblioteche universitarie; a tre anni dalla laurea una delle più alte percentuali ,75%, di inserimento lavorativo della maggior parte dei laureati in Romagna; enti locali, camere di commercio, istituti di credito, fondazioni e associazioni di categoria per un totale di 110 partner nelle società di sostegno e fondazioni universitarie, come soci o come soci sovventori. Il bilancio dei tre enti di sostegno (Serinar, UniRimini e Flaminia) supera annualmente gli 8 milioni di euro: negli ultimi 5 anni le risorse raccolte dagli enti di sostegno hanno superato i 50 milioni di euro, tutte fonti esterne ai finanziamenti governativi, alle tasse universitarie e quindi ai finanziamenti Unibo”.

“Condivido pienamente – ha aggiunto Mingozzi - le parole pronunciate dal Rettore in occasione della recente inaugurazione dell’anno accademico: in Romagna si è realizzata un’esperienza di decentramento e di coinvolgimento del territorio eccellente e pienamente riuscita. Il decentramento in Romagna è nato oltre 20 anni fa anche in relazione ad una precisa scelta di governo che intendeva risolvere le problematiche di sovraffollamento dei mega atenei: via via si è trasformato in un modello virtuoso ed unico, citato dal Comitato nazionale di valutazione come esempio di sinergia tra università e territori decentrati, intendendo non solo le città ma il complesso della intelaiatura economica e civile della società romagnola".

"Questo processo non può fermarsi - continua Mingozzi -. La riorganizzazione dell’ateneo, incentrata sui dipartimenti, e la pari dignità tra i 5 campus deve essere il presupposto per completare un modello che ha dimostrato pienamente la propria validità. Tutto questo non rappresenta né una rivendicazione politica né di prestigio istituzionale, ma gli studenti iscritti in Romagna sono i nostri interlocutori principali ed hanno diritto agli stessi servizi che si prestano nell’intero territorio di competenza dell’Alma Mater, a partire da Bologna. Parliamo di mense, sale studio e tutto ciò che qualifica l’ospitalità e la città universitaria. Quando parliamo di vera autonomia non mi riferisco a qualche incomprensione sulla titolarità dei master o sulle autorizzazioni per iniziative culturali come convegni o seminari, bensì alla questione delle risorse, a come spenderle a partire dalle nostre responsabilità e a una sorta di rischio che si ritorni all’accentramento delle decisioni più importanti a Bologna, annebbiando uno dei valori fondamentali sui quali è sorto il decentramento, vale a dire il rapporto diretto con le facoltà, l’impresa e l’economia, fondamentali per aprire nuove prospettive di lavoro".

"Non possiamo correre il rischio che per un problema di nuovo modello organizzativo e finanziario (che ha le sue problematiche, non lo neghiamo) si comprometta il rapporto costruito in questi anni - prosegue il vicesindaco di Ravenna -. In fondo questo è il patrimonio più importante che oggi offriamo agli studenti ed ha una sua originalità che non ha messo in discussione il rapporto con Unibo; parliamo di servizi che consentono anche di limitare l’impatto negativo della crisi economica e la prevedibile diminuzione di iscritti in tutte le università nei prossimi anni (e anche questa è una originalità da mantenere visto che la percentuale di immatricolazione in Romagna è in costante crescita)".

"Su questa originalità si misura anche l’attrattiva verso i docenti al fine di sostenere la loro opzione di insegnamento in Romagna, con uno spirito di collaborazione essenziale e che non si potrà mai quantificare per la propria importanza - aggiunge Mingozzi -. Se dovessimo avvertire un certo depauperamento del corpo docente sarebbero a rischio qualità e tenuta dei corsi. Per questo siamo disponibili a sottoscrivere il documento generale di collaborazione con Unibo mentre ci parrebbe più utile che i singoli accordi territoriali avessero come interlocutore il reciproco campus. Infine circa il rapporto con le facoltà, voglio ribadire come la realizzazione del progetto universitario in Romagna abbia contato sin dall’inizio sulla loro partecipazione attiva".

Per Mingozzi, "in un confronto costante e costruttivo con gli Enti di Sostegno esse hanno saputo, in un territorio che si caratterizza per un’alta capacità di integrazione, interpretare il loro ruolo istituzionale con una flessibilità che non ha mai tradito gli interessi precipui dell’insegnamento universitario. Le nostre sono realtà che indicano sotto il profilo socio economico peculiarità territoriali che le istituzioni universitarie non hanno mai trascurato (per Ravenna potrei fare l’esempio delle attività portuali o degli interventi sull’ambiente) per non tradire la ragione stessa di un insediamento universitario in linea con le vocazioni del territorio. Come è stato voluto sin dall’inizio".

"Dal turismo al commercio, dalla qualità urbanistica all’ambiente, dalla legge e dalla gestione della giustizia, alle lingue, all’agricoltura, alla medicina, ai grandi complessi industriali, alla vocazione internazionale dell’economia ed alle relazioni umane, un insieme difficilmente riscontrabile in altre realtà: di questo impegno hanno beneficiato università e singoli territori, innestati sulla valorizzazione di specifiche competenze scientifiche ed umanistiche - sottolinea Mingozzi -. Lo voglio ripetere ancora più chiaramente: il timore che da alcuni mesi sta progressivamente avanzando è che tale modalità  di procedere nel percorso di sviluppo dell’insediamento universitario possa andare gradualmente in crisi e con essa qual concerto costruito tra soggetti calati nella realtà locale".

"Una difficoltà che può derivare non già dalla riforma universitaria, di fatto oramai portata a compimento da parte dell’Alma Mater, ma da un approccio e da una visione della predetta riforma che centralizza rapporti e funzioni, con contestuale accrescimento del livello burocratico, così finendo col frustrare nella sostanza la stessa idea che sta alla base della presenza universitaria sul territorio - puntualizza Mingozzi -. Si tratta per altro di una visione che in un quadro più generale di una moderna evoluzione dei rapporti tra istituzioni, rischia di apparire anche agli occhi dei non addetti ai lavori decisamente anacronistica".

Conclude Mingozzi: "Alla stregua di quanto osservato Enti di sostegno ed istituzioni intendono ribadire con forza che una politica di sviluppo dell’università in Romagna non potrà prescindere dal mantenere inalterati i rapporti, la concertazione e i processi decisionali,  con la nostra responsabilità,  aperti in questi anni con le singole strutture universitarie, vale a dire con i Dipartimenti ovvero con le unità territoriali di sede dei medesimi. Senza con questo voler in alcun modo disconoscere il ruolo centrale rivestito dall’Ateneo, non si può e di  ciò ne siamo convinti con orgoglio, non riconoscere un ruolo da protagonista alle singole strutture universitarie presenti sul territorio”.

ACCORDO - In occasione dell’incontro pubblico è stato siglato l’accordo che sancisce la collaborazione tra enti di sostegno dei campus romagnoli Ser.In.Ar, Unirimini e Fondazione Flaminia, e Ateneo. Il documento, frutto di un confronto avviato nel 2011, rilancia il rapporto tra  territorio romagnolo e Alma Mater, sancendo l’impegno delle parti sottoscriventi a condividere un disegno strategico complessivo partendo dall’analisi e valorizzazione delle specificità di ogni singola sede decentrata.  

Di fatto l’accordo, firmato da Ser.In.Ar, Unirimini, Fondazione Flaminia e ateneo di Bologna nella persona del magnifico rettore Ivano Dionigi, stabilisce il pieno riconoscimento degli enti di sostegno come interfaccia del Territorio nel dialogo con l’ateneo. Significativa è l’introduzione della prospettiva di pianificazione congiunta e di procedure condivise e trasparenti che permetteranno di costruire un progetto complessivo per la Romagna consentendo il superamento dei campanilismi del passato.

L’accordo va inoltre nel senso definire una cornice comune di riferimento per il Multicampus che si tradurrà nella firma di accordi specifici per ogni singolo campus, a conclusione di confronto a livello territoriale. Gli ambiti che saranno oggetto di condivisione saranno didattica, ricerca e trasferimento tecnologico, radicamento dei docenti sul territorio, servizi agli studenti.

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