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Cronaca

La Diocesi di Ravenna progetta una missione. Nove giovani partiranno per il Perù

Accogliendo l'invito di papa Francesco ad essere una «chiesa in uscita», la diocesi di Ravenna-Cervia lancia il progetto di una missione diocesana in Perù

Accogliendo l’invito di papa Francesco ad essere una «chiesa in uscita», la diocesi di Ravenna-Cervia lancia il progetto di una missione diocesana in Perù. Il prossimo 26 luglio, 9 giovani (tra i 20 e 26 anni) partiranno con il direttore del Centro missionario diocesano don Stefano Morini (che per 10 anni è già stato missionario proprio in quel Paese del Sud America) alla volta di Carabayllo, a Nord di Lima, per un’esperienza missionaria di 40 giorni nella diocesi che raccoglie 2 milioni e 300mila fedeli cattolici.

E tra il 18 e il 20 giugno prossimi sarà il vescovo di Carabayllo monsignor Lino Panizza Richero a venire a Ravenna per mettere a punto i termini di questa collaborazione. Sono i primi passi per l’istituzione di una missione diocesana che l’arcivescovo di Ravenna-Cervia, Lorenzo Ghizzoni ha lanciato nella veglia di Pentecoste, sabato scorso, in cattedrale. «Come diocesi siamo di fronte a una svolta missionaria – ha spiegato l’arcivescovo nel corso della sua omelia -, ci stiamo impegnando a metterci in moto non solo sul nostro territorio, che oggettivamente e storicamente è terra di missione, ma vogliamo iniziare ad aprirci alla missione ad gentes in modo stabile».

La diocesi di Carabayllo è nata solo 18 anni fa, si estende per 1300 chilometri quadrati, in maggioranza occupate dalle baraccopoli che circondano Lima, si divide in 44 parrocchie rette da un centinaio di sacerdoti, 10 diaconi, 200 religiose e può contare su opere sociali e un’Università cattolica attiva.  L’invio dei giovani, che sabato sera hanno ricevuto dall’arcivescovo il mandato missionario, è solo la prima tappa del progetto partito a inizio anno con uno scambio di lettere tra monsignor Ghizzoni e il suo omologo monsignor Panizza. L’obiettivo, con il tempo è quello di creare una piccola «equipe diocesana», «non un individuo isolato – spiega Ghizzoni – con preti, laici, giovani o adulti, consacrati e anche una coppia di sposi, se è possibile, che possano testimoniare il Vangelo in quelle terre facendo prima di tutto comunione tra loro».

La sfida, ora, è coinvolgere l’intera diocesi in questo cammino: «Iniziamo un percorso che vorremmo condiviso non solo dagli organismi diocesi, ma dal clero e dai fedeli delle parrocchie – prosegue l’arcivescovo –. Vogliamo che questa sia percepita come la nostra missione diocesana, senza chiudere le amicizie e le relazioni che tante parrocchie hanno con altre esperienze missionarie, ma dando un’attenzione privilegiata e un po’ più di cuore, preghiera e disponibilità anche personali per questa. È nell’incontro con il dolore e nella sofferenza del prossimo, soprattutto dei poveri, che si impara a conoscere sé stessi e a ridimensionarsi in uno sguardo più ampio, quello di Gesù».

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