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Cronaca Faenza

Promettevano fondi inesistenti dall'Unione Europea, truffati in 500. La banda aveva incassato 2 milioni

Avevano promesso 50 milioni di euro, che non sono mai arrivati. In 500 da tutta Italia versano i soldi dell'istruttoria, per 2 milioni di euro. A capo del sodalizio un ravennate, quattro le persone arrestate

Promettevano la possibilità di accedere a finanziamenti erogati da organismi dell’Unione Europea, per fornire liquidità alle imprese o per fabbisogni familiari. Ma dietro a quell’opportunità si nascondeva una vera e propria truffa. A essere finiti nella rete 500 persone residenti in 13 regioni diverse d’Italia (Veneto, Trentino-Alto Adige, Toscana, Sicilia, Sardegna, Piemonte, Marche, Lombardia, Liguria, Lazio, Emilia-Romagna, Campania, Basilicata). A scoprire l’aggiro i finanzieri della Compagnia di Faenza che durante le scorse ore hanno dato esecuzione a 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere, disposte dal Gip del Tribunale di Ravenna, nei confronti di altrettante persone appartenenti a un sodalizio che ha ottenuto indebiti profitti, per circa 2 milioni di euro.

È questo l’esito di una complessa attività d’indagine, che ha permesso di disarticolare un’associazione, promossa da un ravennate, che prospettava falsamente a ignari soggetti la possibilità di accedere a finanziamenti erogati da organismi dell’Unione Europea, anche in parte a fondo perduto, per fornire liquidità alle imprese o per fabbisogni familiari. Complessivamente 50 milioni di euro i finanziamenti promessi, che tuttavia non sono mai arrivati, in quanto i fondi europei erano del tutto inesistenti.

Secondo quanto ricostruito dai militari della Compagnia di Faenza, il meccanismo di frode adottato dal sodalizio, che si avvaleva di società con sede a Roma, Viareggio e Cagliari, prevedeva la richiesta alle vittime di un compenso da versare sui conti bancari delle medesime società a titolo di pagamento per l’istruttoria necessaria ad avviare la pratica di finanziamento. Quindi, tale compenso, decurtato di una quota parte di spettanza dei soggetti riconducibili alle stesse società, veniva sistematicamente messo nella disponibilità del ravennate, mediante l’emissione di fatture false da parte della società di cui quest’ultimo risultava titolare: ciò al solo fine di far perdere traccia dei proventi illecitamente acquisiti dalle vittime delle truffe, approfittando talvolta anche della precaria situazione finanziaria in cui versavano molti di essi.

Svariate le casistiche rilevate: dalla richiesta di finanziamento per compravendite immobiliari, con le vittime che talvolta avevano già stipulato compromessi contando su quelle risorse aggiuntive, a istanze presentate per fronteggiare crisi di liquidità familiare, circostanze in cui per pagare l’istruttoria era stato addirittura aperto un ulteriore prestito a monte.

L’indagine delle Fiamme Gialle ravennati, testimonia la costante attenzione svolta dalla Guardia di finanza a contrasto di ogni forma di illegalità posta in essere non solo in danno dell’integrità e del corretto impiego delle risorse pubbliche, ma anche di imprese che operano lealmente sul mercato e dei cittadini.
 

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