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Venerdì, 26 Aprile 2024
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"Nuvoloni sul progettone e su 2.200.000 tonnellate di fanghi da rovesciare sui terreni agricoli tra Ravenna e Porto Fuori"

"Il Progettone, essendo stato classificato come "infrastruttura strategica", gode di procedure di attuazione estremamente semplificate, che tuttavia impongono una Valutazione di Impatto Ambientale"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di RavennaToday

Interrogato da Luca Rosetti, della nostra collegata Lista del Mare, sul mitico Progettone del porto il presidente dell'Autorità Portuale di Ravenna, Di Marco, ha prodotto le seguenti sorprendenti (ma non per me) risposte:

1) sul deposito dei fanghi in siti idonei dell'alto mare: "dalle caratterizzazioni fatte su tutto il canale meno di un terzo del materiale che andremo a scavare con il Progetto Hub portuale Ravenna potrà avere quella destinazione";

2) sul riempimento di cave: "purtroppo non sono utilizzabili senza fare una palese violazione delle leggi vigenti. Salvo qualche caso molto ridotto";

3) sull'"emendamento Pagani" alla legge quadro sulle norme in materia ambientale: "non è risolutivo perché come tutte le norme italiane ognuno lo interpreta a proprio piacimento".

Il Progettone, essendo stato classificato come "infrastruttura strategica", gode di procedure di attuazione estremamente semplificate, che tuttavia impongono una Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) su tutte le aree impegnate, e soprattutto sulle aree destinate al recupero dei rifiuti, come sono per legge i fanghi di dragaggio. Ma sul Progettone esiste un'unica VIA, tramite cui il ministero dell'Ambiente ha decretato la compatibilità ambientale solo delle opere connesse al Piano Regolatore Portuale del 2007, non proprio la stessa cosa del nuovo Progettone. Tale unica (e largamente insufficiente) VIA si basa sullo Studio di Impatto Ambientale (SIA) prodotto dall'Autorità Portuale, secondo cui la maggior parte dei fanghi di dragaggio (5,2 milioni di tonnellate su 11,5) avrebbe dovuto essere smaltita in mare. Le prescrizioni contenute nella VIA insistono molto anche sull'utilizzo di questi materiali per il "ripascimento di spiagge in erosione" (ma dubito che i fanghi inadatti ad essere rovesciati in alto mare siano buoni per le spiagge). Secondo altre prescrizioni, "dovrà essere data priorità", nelle destinazioni a terra, "al tombamento dei siti cava Bosca e cava Stazzona", insufficienti i quali "si potrà procedere all'utilizzo del sito cava Morina". Dalle ultime dichiarazioni di Di Marco pare dunque che i conti del suo Progettone non tornino per niente con la VIA. La resa dei conti non si farà mai perché siamo in Italia? Non ne sarei certo.

Pochi mesi fa, abbiamo letto dichiarazioni entusiastiche e applausi da ogni parte sui benefici dell'"emendamento Pagani", che, dimostrando la capacità del sistema di cambiare a suo uso anche le leggi quadro dello Stato, sarebbe riuscito a stabilire "una regolazione meno vincolante" sullo smaltimento dei fanghi di dragaggio: perifrasi che si traduce nel neutralizzare i tradizionali controlli della Provincia, dell'ARPA e dell'AUSL volti ad impedire che i fanghi non producano danni, anche gravi, alle falde acquifere, cioè alla salubrità dell'acqua. Ma non è stata una mia interpretazione "a piacimento" delle leggi, bensì una constatazione della violazione di due direttive europee, vincolanti in Italia come legge, la denuncia che ho fatto in proposito alla Commissione Europea, notificandola anche ad un ministero dell'Ambiente molto distratto.

Ho poi scoperto, nello Studio di Impatto Ambientale redatto dall'Autorità Portuale, l'impegno vincolante che le aree ove smaltire a terra i fanghi avrebbero dovuto avere, tra le altre, le seguenti caratteristiche: "distanza da centri abitati, per evitare disagi alle popolazioni; assenza di vincoli significativi; caratteristiche tipologiche e pedologiche preferibilmente tali da renderle non adatte all'agricoltura". Esattamente quelle sempre sostenute da Lista per Ravenna. Che c'azzeccano allora i 91 ettari, di cui 58 di proprietà della beneamata CMC, situati tra via Canale Molinetto e Porto Fuori in prossimità degli abitati, terreni agricoli per uso storico e per legge, sottoposti anche a vincoli ambientali significativi? Sono questi i terreni preferiti come discarica dall'Autorità portuale e dal regime politico che, da Ravenna a Bologna e a Roma, la protegge. Sarebbero utilizzati per primi, dopo averci già tentato ed essere stati fermati per iniziativa giudiziaria di Lista per Ravenna e del comitato Vitalaccia Dura. Vorrebbero rovesciare 1.445.000 metri cubi di rifiuti, cioè 2.200.000 tonnellate, su 720.000 metri quadrati di terreni agricoli, sollevandoli di due metri e circondando con dune della stessa mer…ce alte otto metri il nuovo panorama lunare che, alle porte della città, lascerebbero ai nostri figli.

Di Marco non potrà mai negare che io l'abbia incessantemente ammonito: 1) "Cerca le aree da utilizzare tra le molte esistenti che non siano terreni coltivati o prossimi alla case, perché i fanghi sono comunque rifiuti" e 2) "Segui rigorosamente i percorsi e i dettami della legge". Io ho cercato di salvarlo per la mia metà, soprattutto per salvare, insieme, il porto e l'ambiente in cui viviamo. L'altra tocca solo a lui.

Alvaro Ancisi - capogruppo di Lista per Ravenna

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